Alessandro Manzoni, il fuoco e i 6 gradi di separazione

24 aprile 1821: inizia la scrittura de «I promessi sposi»; anzi no di «Fermo e Lucia»

di Giorgio Chelidonio

Il 24 aprile 1821 Alessandro Manzoni iniziò a scrivere «Fermo e Lucia» [LINK 1]: come dire che fra soli 3 anni saranno passati 2 secoli. Eppure, complici gli influssi prima scolastici e poi quelli dello sceneggiato televisivo del 1967 [LINK 2] – in 8 puntate, quando la TV era ancora in “bianco e nero” e, ohibò, era entrata da pochi mesi in casa mia -. quel “romanzo storico”, iniziato sull’onda dell’aver letto «Ivanhoe» (l’archetipo del suddetto genere) [LINK 3] in qualche misura è entrato nell’immaginario collettivo italico. Conservo ancora il mio testo scolastico de «I promessi sposi»: anche se il suo ricordo non brilla nella mia memoria studentesca, non me ne sono ancora sbarazzato (quel “peso della cultura”, che emergeva spesso nelle canzoni di Gaber) forse per rispetto di quell’unica luce – il professor Gallas, ohibò: pare che Internet non ne abbia conservato traccia – che mi aveva accompagnato nel buio del mio quinquennio ragionieresco (1960-65). Quando mi è capitato di togliere quel libro dall’eremo dall’angolo in cui l’avevo infilato, mi è parso di risentirne la sua voce scandire il brano dell’incontro di Don Abbondio con i “bravi”.
Affrontando la fatidica data in cui Manzoni si accinse all’opera, mi sono domandato del suo luogo e del suo tempo: il 1820 era passato da pochi mesi, a conclusione del suo secondo soggiorno parigino [LINK 4] al cui rientro cominciò a stendere la tragedia dell’Adelchi [LINK 5]: “
Sparsa le trecce morbide sull’affannoso petto, lenta le palme, e rorida di morte il bianco aspetto, giace la pia, col tremolo …”. Questa però mi era sembrata una stramba tiritera, legnosa da dover imparare a memoria: forse per questo un paio d’anni dopo mi ero preso la rivalsa di sbeffeggiare queste rime associando l’ultima parola al “tremolo” [LINK 6] cioè un effetto “vibrato” che era di gran moda sugli amplificatori per chitarra degli anni ’60. Insomma, cosa avrà fatto “la pia” giacendo col tremolo? Nella mia interpretazione beat-giovanilista cosa poteva produrre quelle vibrazioni? Ogni deduzione non letteraria potrebbe essere offensiva degli “Sposi Promessi”.
Frugando in rete per capire cosa faceva in quei mesi l’Alessandro, scopro che aveva mollato temporaneamente le bozze de «L’Adelchi» per riprendere in mano un altro suo filone: quello della poesia civile, con «Marzo 1821» [LINK 7 ] una riflessione patriottarda rimata e connessa al fallimento dei “moti del 1820-21” [LINK 8] che proprio nel suddetto mese erano scoppiati nel vicino Piemonte.
Dunque il sommo romanziere viveva il suo tempo. A questo punto, un vero e proprio prodigio digitale mi ha restituito addirittura la descrizione di una visita fattagli, diversi anni dopo da tale Vittorio Bersezio: “
La stanza, né molto ampia né molto alta, era oblunga, e in uno dei lati maggiori, verso l’angolo, si trovava l’uscio per cui eravamo entrati; nel lato di fronte si vedeva in mezzo un caminetto, dove era acceso un fuocherello (si era ai primi giorni di marzo), e, precisamente di fronte a quello che ci aveva dato il passo, un altro uscio, che di certo conduceva al resto del quartiere. Dal pavimento al soffitto, le pareti erano tutte coperte di libri […] Nel lato minore, al fondo della stanza, s’apriva una finestra larga e alta […] Presso quella finestra stava una scrivania […] In piedi presso questa scrivania, con dinanzi a sé un libro aperto, stava un uomo di buona statura, un poco curvo di spalle, con in capo un berretto di velluto nero. […] Voltò viso e persona verso di me, si tolse rapidamente il berretto di capo e lo gettò sulla scrivania, lasciando apparir nuda la sua bellissima fronte.” [LINK 9]. Per farla completa, il sito suddetto ha persino messo on-line la foto di quello che deve essere stato il suo studio: ve la ripropongo come un appunto per visitarlo nella casa-museo [LINK 10]. Strano però: vedo il caminetto ma non vedo lampade a petrolio né sulla scrivania né in altro punto della stanza e neppure candelabri: che l’Alessandro scrivesse solo di giorno? Mentre questa domanda mi frulla ancora in testa, applicando la nota teoria dei “sei gradi di separazione” [LINK 11] sorge la successiva: ma candele e lampade come le accendeva?
Qui salta fuori il Manzoni etnografo, probabilmente l’unico ad aver descritto (involontariamente?) come tutti, ricchi e poverelli, accendevano un fuoco fino ai primi decenni del XIX secolo: solo nel 1827 John Walker, un chimico inglese, aveva avviato la produzione dei fiammiferi a sfregamento [LINK 12] e, forse, nel suo recente “periodo parigino”, Manzoni poteva averne avuto notizia o esperienza.
Di sicuro lui e i suoi contemporanei si accendevano il fuoco (in casa o, con maggiori difficoltà metereologiche all’esterno) nel modo descritto da lui stesso nel capitolo VIII dei «I promessi sposi»:
Cava fuori esca, pietra focaia, acciarino e zolfanelli, accende un suo lanternino”.
Da oltre 30 anni (ho organizzato la mia prima mostra sulla storia delle pietre focaie nel 1987) mi chiedo spesso cosa abbia motivato questo suo dettaglio descrittivo: certo non in funzione esplicativa visto che tutti lo facevano quotidianamente da oltre 1000 anni. Solo recentemente sono arrivato a scoprire la totale corrispondenza del gesto e di quella attrezzatura accensiva in un quadro francese del 1496 [LINK 13]: anche se il personaggio rappresentato è un San Giuseppe intento, appunto, ad accendere un lanternino, un altro mio “volo pindarico” [LINK 14] mi ha sbalzato verso un’altra immagine: la sera del 13 ottobre del 1492, come si accese la lanterna Cristoforo Colombo dopo esser sbarcato su un’isola (delle Bahamas) che lui ribattezzò San Salvador? La sera prima, proprio lui aveva avvistato terra registrandone così la visione sul suo diario: como una candelilla que se levava y se adelantaba” [LINK 15]. Di quella ipotetica “candelina” (forse un fuoco distante, acceso dagli indigeni Taino con tutt’altra tecnica) ne avrebbe comunque immaginato l’accensione alla stessa maniera descritta dal Manzoni tre secoli dopo.

LINKS

[1] http://www.artspecialday.com/9art/2017/04/24/manzoni-e-tutto-inizio-dal-fermo-e-lucia/

[2] https://it.wikipedia.org/wiki/I_promessi_sposi_(miniserie_televisiva_1967)

[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_Manzoni#Dal_Fermo_e_Lucia_a_I_Promessi_Sposi_(1822-1827)

[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_Manzoni#Il_secondo_soggiorno_parigino_(1819-1820)

[5] https://it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_Manzoni#Il_biennio_1820-1822:_le_basi_del_Romanzo

[6] https://www.accordo.it/article/viewPub/42143

[7] https://it.wikipedia.org/wiki/Marzo_1821

[8] https://it.wikipedia.org/wiki/Moti_del_1820-1821

[9] http://www.italianways.com/benvenuti-a-casa-manzoni/

[10] http://www.casadelmanzoni.it/content/la-casa

[11] https://it.wikipedia.org/wiki/Sei_gradi_di_separazione

[12] https://it.wikipedia.org/wiki/Fiammifero#_a_sfregamento

[13] https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Fr_Haguenau_Retable_de_l%27Eglise_Saint_Georges_-_d%C3%A9tail_Sainte_Famille.jpg

[14] http://dizionari.repubblica.it/Italiano/P/pindarico.php

[15] https://it.wikipedia.org/wiki/Viaggi_di_Cristoforo_Colombo

LE IMMAGINI

  1. Foto dello studio di casa Manzoni > http://www.italianways.com/benvenuti-a-casa-manzoni/
  2. Il quadro di Haguenau 1492) rappresentante san Giuseppe che accende il fuoco per una lanterna

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

Giorgio Chelidonio

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