Alessandro Taddei: meno 359

“Tu ci credi nel caso? Io per niente”

Fin de la fin du monde

All’inizio fu il Vento.

La Fine del mondo incombe sugli esseri umani!

Da internet alla televisione non si fa altro che parlare di questo, ormai è certo che pochi mesi e via come nati così morti. C’è chi si butta a capofitto nel lavoro per non pensare a niente, c’è chi si appella alle forze dell’universo, c’è chi si affilia alla catena commerciale Fine del Mondo che vende pillole e occhiali tridimensionali per poter vedere lo show finale in multidimensione e soprattutto tante comparse che lavorano per trasformare il mondo in previsione dell’enorme show finale. Si affittano poltrone agli spettatori, grandi luci per il palco mobile e soprattutto grandi spese per far fronte all’evento con misure urgenti eccezionali. Arrivano camion pieni di materiale fantascientifico, alcuni uomini vestiti da soldati passano in rassegna le ballerine che si vedono sempre in tutti i programmi televisivi, alcuni adolescenti parlano tra loro di una nuova droga sintetica esausta ed esaustiva in cui tutti a poco a poco si calano e alla fine ti fa sentire esausto ma soddisfatto.

Ci sono telecamere per filmare ogni piccolo evento quotidiano che porterà all’ultimo Grande evento e camminanti terrestri che fanno la fila davanti alle banche per ritirare i biglietti per la messa in scena ufficiale.

C’è anche chi ce la fa a capire in anticipo il futuro e per non essere sopraffatto dal sovradosaggio di noia e stupidità scappa o si ritira in qualche lontano luogo nascosto dal mare.

E’ quello che succede un giorno al Sig. E. che decide di lasciare tutto e andare alla fine della fine del mondo o almeno del mondo che lui conosceva. Annoiato dalle parole della gente, dal suo lavoro e dalla vita in generale, concentra la sua attenzione da un po’di tempo nei necrologi attaccati per la strada. Conosce i nomi dei morti, delle vedove e dei figli, sa chi nonha voluto fiori ma opere di bene, come conosce i soprannomi che il morto si fa mettere vicino al nome.

Restava inebetito leggendo le frasi di commiato della famiglia del morto, così altisonanti e tutte uguali, si pongono le più sentite condoglianze, la famiglia, i figli, tutti.

Un giorno mentre legge il solito necrologio della mattina il Sig. E. si imbatte in molti manifesti enormi che proclamano la Fine del mondo, o almeno lui li legge così. Si convince così tanto che la fine del mondo è alle porte che la sua testa entra in un vortice di pensieri contorti.

Accendendo la televisione, la radio o guardando su internet e digitando la frase fine del mondo, trova centinaia di articoli che parlano de la Fine del mondo come ad un avvenimento certo. Il “Grande Evento” lo intitolava un importante quotidiano.

Da un lato il suo lato masochistico gli stuzzicava un certo piacere nel sapere che la fine del mondo era vicina. Finalmente non dovrò più sentire e vedere tutta questa gente, pensava camminando per la strada, e passando davanti ad un necrologio si accorse che non aveva più nessuna voglia di leggerlo. La sua mente ormai pensava tutto il giorno a la Fine del mondo ed era felice di farlo.

Ora non avrebbe mai accettato, se qualcuno glielo avesse fatto notare, di sentirsi dire che lui era uno che leggeva i necrologi. A me queste cose non mi interessano proprio, avrebbe detto, io mi interesso di altro nella vita, cose molto più importanti, come per esempio la Fine del mondo.

Era soddisfatto, aveva trovato una buona ragione per continuare a vivere.

Se non resta molto tempo, pensava tra sè, posso sempre decidere di fare qualcosa in questo breve tempo che rimane.

Siccome non aveva viaggiato molto, decise che avrebbe potuto spendere i suoi ultimi giorni viaggiando e dato che alla fine ci credeva così tanto a questa storia della fine del mondo pensò che scherzarci sopra era il modo migliore per contenere questa ossesione.

Andrò a vedere la fine de La fine del mondo! Il sig. E fece solo l’errore di raccontare la sua idea a due suoi colleghi di lavoro che prima lo presero in giro e alla fine per pazzo, screditandolo in tutta la scuola. Gli studenti lo deridevano e gli altri insegnanti non si risparmiavano in battute quando lo incrociavano per le scale. Additato come un pazzo tra la gente che secondo lui nel frattempo affittavano i posti a sedere per la prima e ultima volta del Grande show, decise che era ora di partire davvero verso la fine de La fine del mondo e lasciare questi veri pazzi nella loro follia. Solo i normali oggi possono fare le migliori imprese, pensò, e non ritenendosi per niente pazzo, prese la carta geografica del mondo e l’apri sul tavolo.

Troppo grande e impraticabile questo mondo, ha troppe pagine, disse tra sè.

Sorsero i primi dubbi, si alzò dal tavolo, andò in cucina, accese la luce, aprì il frigorifero e vide che dentro era vuoto, andò in camera da letto, prese un maglione pesante e uscì.

Arrivò in fondo alla strada, un grande teatro era in allestimento e solo il ristorante al piano di sopra era aperto, un uomo al’ingresso lo invita ad entrare.

Prego oggi il menù offre orate al sale grosso, peperoni ripieni di baccalà, patate al forno, pigmento rosso, porco e frittura di pesce, uovo fritto, burro salato, datteri e banane fritte nell’olio e nell’ aglio e per finire un vino rosato che è la fine del mondo. Lo sa che qui vengono a mangiare tutti quelli che stanno preparando la Fine del mondo? Vuole vedere le prove generali?

Alla fine il Sig. E. si fece la fatidica domanda che pose fine ad ogni resistenza.

Qualcuno mi propone qualcosa di meglio?

Tornò a casa, accese il computer e andò su un sito web molto frequentato dai suoi studenti, Bubblemundo, poi prese con il mouse l’icona dell’uomo che cammina e cominciò a muoversi per le strade delle città che gli venivano in mente di volta in volta o che si inventava alla meno peggio.

Il Giappone e la Cina contadina dei piccoli villaggi, il sud degli Stati Uniti e l’Africa nera, digitò il nome di una città che ricordava di aver letto su un giornale di archeologia, Ravenna. Ci cliccò sopra e poi con il camminante virtuale si infilò un po’ per le sue strade, non gli piacque molto sembrava molto noiosa, così digitò il nome di una città del polo nord che aveva sempre sognato di vedere.

No, pensò, non fa veramente per me e comunque se vado avanti così non arriverò mai da nessuna parte, il mondo è troppo grande e pieno di luoghi da vedere, per poterne scegliere uno.

In tutti questi posti c’è davvero un luogo dove andrei davvero per l’ultima volta?

E’ come se ti dicessero che puoi fare l’amore per l’ultima volta, dove lo fai? E se rispondi che lo faresti nel tuo letto, ti uccido!

Perso nei suoi pensieri il sig. E. digitò a caso un nome del tutto privo di senso ma che aveva un bel suono a pronunciarlo. Il bubblemundo girò su se stesso come in equilibrio su un asse magnetico, poi si fermò sul luogo cercato, una linea di confine giallo e pallini rossi, zoom e con un click del mouse precipitò all’interno di un’isola perduta in mezzo al mare chiamata Pasaulio Pabaiga.

La fine del mondo, pensò il sig. E. preso da un grande entusiasmo. Nella sua testa si aprì una porta, azioni in immagini. Lui che fa una piccola valigia e butta dentro la roba a caso, lui che si precipita al banco della stazione ferroviaria per chiedere un biglietto del treno, lui all’aereoporto, in aereo, le nuvole, le orecchie tappate durante l’atterraggio, tutto reale. Nella sua testa sapeva di essere ancora dentro a Bubblemundo ma il suo corpo improvvisamente si era come smaterializzato e catapultato a Pasaulio Pabaiga.

Un poco azzardato può essere stato il Sig. E. ma pur sempre coraggioso!

Se potessimo essere nella sua testa legata al Bubblemundo, il suo viaggio si potrebbe intuire come una cosmica iper-spaziale in orbita satellitare con scissione mente-corpo.

Il sig. E. è dentro un’ incognita di un’equazione, il suo corpo non sa perchè è finito in quel luogo ma la sua mente è felice perchè ha trovato la desiderata fine del mondo, Pasaulio Pabaiga. Il corpo non può fare altro che rassegnarsi accettando la realtà dei fatti. Il prima per il Sig.E non esiste più.

User : Eolo

Password: *******

Dentro l’incognita il sig. Eolo cammina per circa una mezz’ora poi si infila in una stazione petrolifera, ha intenzione di seguire la strada principale ma anche se nell’incognita non si sentono più certi bisogni come la fame o la stanchezza, il suo istinto gli dice di fare una pausa o meglio trovare un mezzo con cui continuare.

Abraxas fa benzina ad un’ auto vecchia con un’autoradio che suona musica indie.

Al Sig. Eolo non piace in un primo momento quest’uomo. Non gli piacciono gli occhi, gli sembrano troppo grandi per una testa così piccola e non crede possibile che le persone possano più sorprenderlo. Non conosce la lingua del luogo e non sa bene come comportarsi ma non ha altra scelta che avvicinarsi alla sola persona che è nella stazione di gas e chiederle un passaggio.

Il sig. Eolo si avvicina ad Abraxas allungando un braccio verso di lui.

Se le lingue fossero porte chiuse non ci si porrebbe neppure il pensiero, eppure sono aperte, quando il pensiero di chi le porta in bocca è aperto.

Così la sorte vuole che entrambi non parlino la stessa lingua ma che ad entrambi gli sia concesso di intendersi e sforzarsi per farsi capire. E’ così che il Sig. Eolo e Abraxas decidono di fare un pezzo di strada insieme, accomunati entrambi da un bisogno reciproco. Il primo di capire dove è finito il suo corpo, il secondo di poter finalmente parlare con qualcuno, dopo anni di eterna solitudine.

A. La terra ferma è aperta, ti puoi muovere all’infinito sapendo che stai girando in tondo ma questo lo sai tu che vivi sulla terraferma, chi vive in un’isola non lo sa.

E. E tu come fai a saperlo?

A. Perchè anch’io ho vissuto sulla terra ferma. Ma qui immagina di trovarti in un posto dove la nave parte solo il giovedì e oggi siamo a venerdì.

Il tempo si allarga, prende forme algebricamente impossibili per te che vivi sulla terra ferma.

Un tempo lento che incanta alla luce delle onde e addormenta con il rumore, le montagne cadono a picco sul mare e sono una bocca sottile con i denti larghi.

Tra gli interstizi passa il vento che rende pazzi. Non sempre. Non tutti i giorni si è pazzi.

E. Quale sarebbe il centro di questa isola?

A. Qui se cerchi il punto geografico ma nella tua testa, il centro è solo dove ti trovi, casa tua.

E. (ironico) Tu sei pazzo!

A. (dolcemente) Sarà il vento che soffia oggi.

Ma immagina ancora di essere in ginocchio sul mare e con le mani giocare con la terra.

Ora sei bambino che sogna castelli di guglie e sabbia, il cane abbaia sull’arena.

Ora sei adulto, cammini con i piedi nell’acqua e le mani sulla terra per costruire strade e autostrade, negozi e ristoranti, usi twitter per legare catene di immagini, passi pagina, vai al supermercato, tutto buttato in lavatrice. Chiudi la finestra e apri una chat, parla ad uno sconosciuto, sei una donna, il suo sesso contrario, fingi e giochi di essere un’altra persona,sei un uomo del tuo tempo e celebri la tua creatività per quello che ti senti di offire.

E. (un po’ spaesato) Mi sento come in un vortice e mi sento di essere trainato al galoppo da un cavallo.

(come in trance) Sotto i piedi mi corre veloce l’asfalto con bocche piene di merda che camminano in quattro, cinque, sei, venti con il cane al guinzaglio, grossi porci da contrabbando turistico con la pelle color del gambero, gusci afflosciati sulla sabbia e carcasse ai bordi della piscina. La polizia invade, occupa e spruzza un nuovo insetticida, il malumore della prigione libera. Il mondo dove vivevo prima, prima di arrivare qui.

A. Ora sei vecchio e hai paura di morire, non della tua vecchiaia ma di solitudine.

La vecchiaia è qualcosa che non appartiene più a nessuno perchè ne abbiamo infinitamente più paura che della morte. La morte ormai non te la ricordi più.

E. (esausto) Ora si che dopo questo vortice non ricordo più niente.

 

A. (deciso) Quanto tempo è passato?

E. Non ricordo più quanto tempo.

Ballai una sola volta nella vita e non mi ricordo più quanto tempo è passato da che l’ho presa per mano e portata a ballare.

Altri intorno ballando poi di nuovo, una macchina fredda, una porta, una cucina, una sedia, un letto, una poltrona, poi di nuovo un letto, una padella, il frullatore, la sedia, la tv, poi di nuovo, la strada, la gente, gli sguardi, le voci, i silenzi, gli imbarazzi, le attitudini, la noia, poi di nuovo, il campo, una pianta, un seme, trasformare, uno diventa tre, i colori, un bambino, la finestra della stanza da cui entra il sole, cucinare insieme, in bagno i fiori, il legno è essere contrari alla plastica, inquinare meno è smalitire i rifiuti, votare è un diritto, no, non lo so, astenersi non è non credere, è pensare che non è data per scontata la fine del mondo!

A. (ironico) Buona questa, la fine del mondo, magari, almeno sarebbe un inizio.

E cosa sarebbe per te la fine del mondo?

Voglio dire per me non esiste la fine di niente, in questa isola niente finisce perchè non c’è nessuno che lo pensa. Pensa ai contadini, ai turisti che arrivano vanno al mare e fanno diventare questo luogo un’esempio di economia domestica applicata, dove si può mangiare pesce a poco prezzo e alla fine chi viene da fuori pensa di aver trovato qui il suo resort per anima e corpo, un luogo dove calmare ogni sua verace passione.

Quindi finire per cosa?!

E. (arrabbiato) Ma quali turisti, in quest’isola non c’è nessuno, solo io e te. Io non parlo di economia, non dico che la fine del mondo arriverà per via dell’economia, anche se è quello che sulla terra ferma cercano di convincerci. Tu mi parli di economia domestica applicata! Io ti sto parlando dei miei ricordi, che ritornano a galla un po’ alla volta.

A. (fintamente tra le nuvole) Lo so anche io che qui non vengono turisti, che quest’isola è un po’ come un pascolo dove brucare l’erba, lo dovresti sapere bene tu che mi hai lasciato qui molto tempo fa, non ricordi? Un bel posto dove pascolare Abraxas, vedrai come starai bene!

E. Io ti ho lasciato qui?!

A. Tanto tempo fa. Anche io non ricordo più l’ultima volta che ti sei fatto portare da me.

Ero felice perchè vedevo mondi che mai avrei pensato di conoscere, mi sentivo legato al mio padrone e non mi sentivo mai solo. Ero il più forte di tutti i tuoi cavalli, il più coraggioso, quello che mai ti avrebbe tradito. Lo so che mi sono azzoppato per amore, ma non potevo proprio farne a meno di girarmi a guardarla negli occhi, Pandora, quella dea meravigliosa apparve in tutto il suo splendore e poi.

E. La fine del mondo?

A. E mi ricordo un’altra volta, in un luogo dove le pecore erano lasciate libere al pascolo.

Venna la notte.

Un grande fuoco bruciava la paglia, il fumo arrivava in cielo, c’erano donne sedute intorno al fuoco. Una vecchia in piedi in mezzo a loro alza un pugno pieno di terra e la getta alle fiamme, le altre donne la imitano.

La vecchia si china e solleva un bambino appena nato.

Il silenzio.

Stira una mano verso il basso, la chiude e la apre tre volte, così le altre donne.

Tira due piccoli calci all’aria e alla terza batte il tacco per terra.

Comincia a cantare una nenia in una lingua sconosciuta, così le altre donne.

Una catasta di ferro viene messa intorno alle fiamme da uomini, rottami, gomme, cariole e catene.

Quattro uomini danzano tra di loro come minotauri fino a mettersi in ginocchio a pregare che il vento porti la pioggia.

Battono la terra con le mani grandi, aperte, la siccità li spaventa, affondano le dita dentro la terra, la sete sta uccidendo i propri figli, scavano una buca più grande dove mettere i corpi dei figli, innalzano un monumento, emettono un urlo alla statua del nuovo padrone.

Le donne lanciano fogli di carta e pezzi di cartone bagnati all’aria, sopra con le unghie hanno inciso i nomi di figli in arrivo, pregano perchè nascano con un sesso di segno opposto al loro perchè la sorte non porti altre di loro a vivere quella vita e perchè non nascano altri uomini da mandare in battaglia. Eolo porta le nuvole a coprire il cielo! Gridavano in coro.

Piove, si spengono i fuochi, cessa il vento.

E. E finisce il mondo.

 

A.Che fai domani prima di prendere la nave?

E. Perchè domani è già giovedì?

 

A. (amichevolmente) Voglio dire, se domani non dovesse iniziare la giornata che fai? Se rimanessi imprigionato in questa prigione libera, dove credi di aver trovato il tuo paradiso e ti accorgessi che non era come te l’aspettavi?

E. (confuso) Io scappo già da una prigione libera, su cui incombe la fine del mondo. La gente cammina e non vede dove mette i piedi ma si arrabbia con il buco per terra. Sono arrivato alla conclusione che proprio per non evitare la fine del mondo si chiudono dentro a quella prigione libera. (più deciso) Certo non immaginavo di sentirmi dire che anche qui c’è la droga della prigione libera. Allora cosa sono venuto a fare, tutto questo viaggio per niente! (arrabbiato) La mia testa ha perso il corpo, io sono perso qui e non conosco niente, mi trovo un pazzo pre la strada reso pazzo dal vento che mi dice che mi trovo in un’altra prigione libera e che una volta lui era un cavallo che io ho abbandonato?! Mi stai manipolando il cervello per caso?

A. Dico quello che penso e tante volte quello che vedo. Ti ho detto prima che anche io vengo dalla terra ferma, capisco quello che dici, le orbite delle persone che vanno letteralmente in orbita le ho viste anche io, poi ho saputo di questo luogo e sono venuto qui. Piuttosto tu come hai fatto a conoscere questo posto?

E. (un po’ offeso) A caso.

A. Il caso non esiste, niente succede a caso.

Comunque ti dicevo, che dopo essere arrivato qui dalla prigione libera della terra ferma, mi sono trovato per qualche tempo come avvolto da una marmellata nera, dolce e sinuosa. Ho sentito il corpo trovare la pace e non ho più avuto nessuna voglia di andare via da qui. Ma il giorno che sono arrivato al mare e ho visto che non c’erano barche per ripartire, ho cominciato a cercare con gli occhi la mia terra ferma per immaginarla com’ era diventata ora che non non ci vivevo più e in sogno ritrovavo i tratti della mia città natale. Quest’isola non mi sembrava più così meravigliosa, ma come per te anche per me era possibile capirlo proprio perchè venivo dalla terra ferma. Chi è nato su quest’isola non ha mai avuto un confronto, semplicemente e non può sapere che gira intorno, non lo può scegliere di fare. Mai è uscita la gente da questo mondo per questo non la vedi ora, c’è ma non si vede, perchè vive nascosta dentro quei palazzi in fondo al cammino.

A me le uniche persone che conoscevo non mi hanno parlato più dal giorno in cui gli ho raccontato del mio desiderio di uscire fuori da qui per tornare a vedere la vita che c’è sulla terra ferma.

E. E loro?

A. Niente mi hanno deriso e preso per pazzo

E. Anche con me i miei colleghi e gli studenti hanno fatto uguale quando gli ho raccontato che desideravo trovare la fine della fine del mondo.

A. Una volta però mi sono addormentato e mi sono ritrovato su una navicella spaziale, senza nessun astronauta al comando. Per il tempo di un sogno su questa navicella ero io l’astronauta e potevo vedere terre che mai avevo visto in vita mia. Poi per amore di una bellissima donna sono sceso a terra e ho nascosto la navicella dentro ad una galleria di una stazione per treni in disuso.

Cercavo quella donna dappertutto.

E. Come si chiamava quella donna?

A. Pandora era la donna più bella che avessi mai visto, mi sono proprio preso una bella azzoppata per lei.

Camminavo per la strada cercandola, aveva appena piovuto e non c’era nessuno. Passai sotto una finestra, una coppia discuteva. Camminai oltre, sotto un’altra finestra si sentivano due vecchie urlare e poi ridere e poi di nuovo urlare e di nuovo ridere, da un portone uscirono due bambini vestiti da marinai, presero il tram, si accese il semaforo rosso, una sigaretta e dopo un attimo quattro parole. Così la conobbi davanti alla fermata del treno metropolitano. Nel sogno era vita libera ed ero libero di amarla, di sognarla, di vederla passare da un lato all’altro della mia testa, liberi entrambi da ogni forma di oppressione. Solo il pensiero di poter stare lì con lei ad ascoltare il rumore delle macchine e di una televisione accesa che dava sfogo alle mie più intime perversioni, mi eccitava.

Poi una casa vuota, l’abbiamo riempita, abbiamo appeso i quadri e i nostri corpi da un momento all’altro sono andati in un altra dimensione, il calore della prima pelle aveva cambiato aria. Guardai Pandora e la vidi come un mostro, artefice della fine del mio mondo. Ho sentito freddo e una rabbia improvvisa mi prese le mani, tirai calci in tutta la stanza, lei piangeva e un vaso si ruppe sotti i colpi delle mie scarpe e più picchiavo forte, più mi sentivo forte di poterlo fare, fino a quando una volta fatto a pezzi alcune schegge del vaso mi si conficcarono nelle mani. Mi sono visto fuori da quella finestra commettere atti osceni e quello che ho visto mi ha fatto orrore. Sono scappato di casa, al galoppo, non avevo niente da mangiare, nè tantomeno da potermi sentire libero.

Andai a cercare la navicella per andarmene via, una coppia isterica l’aveva occupata, mi sono accostato e poi dopo poco mi sono svegliato.

.Allora, potresti cambiare questa luce al neon?

..?

.Non capisci vedi, cambia questa luce al neon punto e basta

..Non mi dare ordini!

.Cambia la luce del neon ti dico! Se non capisci perchè non importa. Cambia la luce del neon!

..Non accetto un atteggiamento così!

.Come sei irruento, stavo scherzando. Non importa, lo dicevo così per dire. E’ solo che stava meglio questa lampadina che la luce al neon…guarda. Non ti sembra?

..

.Mi cambi la luce al neon?

..

. Amore grazie sei proprio la fine del mondo!

 

E. (ironico) Che noia.

Io sono andato via proprio da quella noia, qui tutto quel rumore è risparmiato.

(amulinello) Non ho mai sopportato nessuno di quella gente, spero proprio se ne vadano tutti. Anche i bambini che strillano li ammazzerei e poi i rumori della televisione e queste lingue che si stanno mescolando, non le sopporto proprio, non le capisco proprio. Un tempo forse, ma adesso guarda che gente viene, beato te che vivi qui solo. Che vita sarebbe continuare in mezzo a questa gente da quattro soldi. Ho votato per qualche bandiera che ora è appoggiata al muro, che ci lasciassero in pace e se ne andassero tutti al diavolo! La fine del mondo ci porterà fortuna a noi che stiamo qui.

A. Guarda quei due palazzi laggiù che si guardano uno di fronte l’altro. Sembrano dirsi ti amo. Vogliono abbracciarsi. Poi tra una finestra che guarda l’altra, sembra discutino.

Proprio come due maschere che ridono e parlano, una è triste, l’altra più allegra .

. (stupita) Chi abita qui?!

.. Machi lo vuol sapere?

. Pare stiano facendo un censimento popolare da effettuare su tutte le case di questo cammino!

Si recapita ad ogni palazzo l’annuale bollettino per indicare nello specifico quali mondi vi abitino.

.. (seccata)Qui mi abitano dentro quattro famiglie, due studenti e un vecchio solo,

. (triste) Qui nessuno, mi hanno abbandanato!

mi affitteranno al prossimo supermercato al massimo mi butteranno giù… se mi facessero bordello di puttane, te che sei sempre stata una stupida isterica…

.. Cosa fai?

. Penso. Mi sento tutta scalcinata. Non voglio essere distrutta e scomparire senza lasciare traccia. Dicono che non sia mai stata poprio la fine del mondo ma va bene, ero comunque un bel palazzo prima che mi lascessero abbandanata. Ho muri antichi e angoli di storia anche io, vestiti confezionati ancora negli armadi e scarpe alla moda ripiene di polvere lasciate a fianco al letto. Nelle cucine ci sono ancora le posate d’argento e i cucchiai per lo zucchero.

Ho anche un affresco antico sai?

.. Sapessi che caos nelle mie camere invece, non sai quanto ti invidio, tutto rumore risparmiato, che vita è questa, spero proprio se ne vadano tutti, i bambini che strillano li ammazzerei e e i rumori della televisione e poi tutte queste lingue non le sopporto proprio, non le capisco. Un tempo forse, ma adesso guarda che gente viene, beata te che sei abbandonata, almeno vivi nel ricordo di un tempo glorioso. Io vivo nel presente di questi rozzi da quattro mosche. Ho quattro bandiere appoggiate al muso, che mi lasciassero in pace e se ne andassero al diavolo!

La fine del mondo porterà fortuna ad entrambi.

 

E. Mi stavano risuonavano le nostre parole. Incredibile come le parole possono rimbalzare da un punto all’altro e diventare luoghi comuni. Anche quelle non pensate creano comunque dei seguaci o dei ribelli.

A.Vento e finestra non vanno mai d’accordo, uno chiude l’altra.

E. (ironico) Fine del vento, fine della pazzia, si aprono le finestre. La casa abbondonata muore lentamente, l’altra si popola, la famiglia a tavola, gli studenti fanno palestra per diventare adulti, il vecchio è sul letto che si guarda le punte dei piedi, lo scroscio del water segna la buonanotte di qualche vicino, una porta si apre e si chiude, c’è una coppia che parla e non mangia.

A. Come sei reale, che noia!

 

Eolo e Abraxas si guardano, si capiscono e si mettono a ridere.

 

A. Noi invece mangiamo, che a me è venuta fame a forza di guardare nel microscopio del mondo.

E. A me non viene fame, buonappetito comunque. Cosa c’è di menù?

A.Orate al sale grosso, peperoni ripieni di baccalà, patate al forno, pigmento rosso, porco e frittura di pesce, uovo fritto, burro salato, datteri e banane fritte nell’olio e nell’ aglio e questo vino rosato è la fine del mondo, poi per quanto riguarda quella storia del cavallo…

 

Al sig. Eolo improvvisamente gli si illuminarono gli occhi, si alzò di scatto e si mise a correre fino a farsi scoppiare il cuore, poi come preso da un mulinello il suo corpo svanì in una folata di vento.

Finalmente riprese il suo corso d’aria come sempre aveva fatto anche in passato, si ricordò che suo padre era solito ricordargli che doveva stare attento a non farsi prendere troppo in giro perchè altrimenti diventava un mulinello tonto a forza di girare intorno.

Era anche solito ricordargli di come un mulinello tonto poteva anche diventare un tornado e che per quel che ne sapeva lui del mondo un tornado poteva esserne la causa, della sua fine.

Tormentato per molto tempo con questa storia della fine del mondo, Eolo finì per crederci seriamente a tal punto da ricordarlo anche a noi esseri umani portando ogni tanto le sue tormente.

 

E’ il vento che mi ha reso pazzo, pensò Abraxas, mi era sembrato di parlare con un uomo.

Entrò in macchina, spense l’autoradio e si buttò nuovamente sulla strada al galoppo.

Se fossi un cavallo sicuramente non penserei di essere pazzo perchè ho sognato di diventare un uomo in grado di parlare con il mio padrone. Eppure giurerei di aver sognato di diventare un cavallo che parlava con il suo padrone. O sono pazzo o sono un cavallo.

Abraxas ridiventò un cavallo al galoppo lungo il cammino che portava alla fine della fine del mondo, ogni tanto si ferma ad annusare il vento, buttando il muso di lato alla ricerca di cibo.

 

Fin de la Fin du Monde

dieci minuti dopo…

Gli spettatori parlano tra loro fuori dal teatro.

.Tutti questi soldi spesi per fare questo spettacolo, grandi luci, mille comparse, c’era pure un cavallo vero in scena. Ma che senso ha?! Il direttore avrà preso uno stipendio esagerato, un’altra volta tutti i soldi presi e spesi, e poi tagliano a tutti gli altri.

..Ci mancava una navicella spaziale che usciva dal tetto!

Non male però l’idea di trasformare la vita della gente in un’ultima premièr da fine del mondo.

….Guarda, lì fuori vendono anche le pillole di zucchero e un paio di occhiali da fine del mondo.

Quante telecamere avevano messo in tutta la platea del teatro per filmare il pubblico che viene messo in scena durante la rappresentazione?

…. E quanta pubblicità!

 

Si spengono le luci fuori dal teatro, con loro se ne vanno anche le ultime parole, restano solo gli operai a smontare le scene e un camion acceso nella via laterale.

Poco distante da lì, davanti ad una piccola casa, un ambulanza sta portando via un uomo con gli occhi sbarrati e il sorriso sulle labbra. Il decesso è avvenuto qualche ora prima per arresto cardiaco.

Quando il Sig. E. se ne andò la legna dentro la stufa bruciava ancora.

Sul suo computer era caricata una pagina dove aveva scritto

 

…è stata proprio la fine del mondo, ci vediamo domani mattina.

Eolo

 

UNA BREVE NOTA

Se siete capitate/i qui per la prima volta e volete capire perchè “meno 359” andatevi a leggere “Due o tre che so sulla fine-mondo prossima” e tenete conto che il 2012 è bisestile. Domani si prosegue. (db)

 

 

 

 

 

 

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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