Alieni: con le corna, angelici oppure «niente di meno e niente di peggio»

Uno sguardo sul cinema di animazione nipponico di Fabrizio (astrofilosofo) Melodia

A volte mi viene da pensare: come possono vederci gli “altri”? Con quali occhi raffigurano un occidentale come me? Come potrebbe percepirmi una creatura senziente proveniente da un altro pianeta? E come potrebbe comunicare, quando magari le sue strutture linguistiche e fisiche sono completamente diverse dalle mie?

« – Cossì dunque gli altri mondi sono abitati come questo?

– Se non cossì e se non megliori, niente meno e niente peggio».

Lo scriveva il filosofo Giordano Bruno, con quella sagacia che fu punita dalla Chiesa di Roma con il rogo.

Il razzismo, almeno come lo conosciamo oggi, è certamente figlio del colonialismo del XVII secolo, però non dobbiamo dimenticarci delle sue radici storiche più profonde, come nell’antica Grecia e nell’antica Roma, dove era normale avere un’economia fondata sullo schiavismo.

I princìpi economici basati su produzione e accentramento della ricchezza in poche mani popolano la mente e l’anima della nostra “civiltà”, virulenti come un cancro esteso, dove i pochi sfruttano i molti e dove i popoli confinanti venivano chiamati “barbari”, una parola onomatopeica che indica il blaterare scombinato e insulso degli stranieri. 

Non è un caso se la parola latina “hostis” indica lo “straniero” che in quanto corpo estraneo mi è ostile: ed è bene aiutarlo a casa sua, soprattutto se ne hai conquistato il territorio e ne controlli le ricchezze.

Un pochino più politicamente corretti erano gli antichi greci, che con il termine “xenos” indicavano semplicemente uno straniero, un po’ come il veneziano “foresto” ovvero “xe de fora”, dell’entroterra per intenderci. Sempre detto che se non ci fosse il ponte Venezia sarebbe una bellissima isola. 

Chissà cosa pensarono i giapponesi quando videro arrivare in massa noi occidentali a spadroneggiare nelle loro terre, schiacciandoli con la superiorità tecnologica ed economica?

La fantascienza è cresciuta descrivendo e denunciando la ben poco civile civiltà occidentale. H. G. Wells con il romanzo «La guerra dei mondi» (1897) rappresentò – in modo inconscio? – la ferocia dell’ Inghilterra nei riguardi delle proprie colonie.

Non per caso buona parte del cinema di animazione nipponico ha come uno dei temi centrali la figura metamorfica degli alieni.

Avevo parlato in un precedente post “bottegardo” di Go Nagai, creatore del genere robotico, e dei nemici di Mazinga Z, Grande Mazinga, Goldrake, Getter Robot e Jeeg Robot d’Acciaio: i robot della civiltà micenea, creature provenienti dalle profondità della terra, antiche divinità come gli Haniwa, i dinosauri meccanici.

Quasi a sottolineare, da parte di Nagai, la necessità per le nuove generazioni di assumere sulle loro spalle la difficile, quasi impossibile, responsabilità del mondo e delle nuove tecnologie mosse dall’energia (foto)atomica, emancipando la civiltà dai mostri che prima l’hanno dominata senza remore.

Un bell’esempio di questa animazione è in alcune serie robotiche quali “Combattler V” (1976), “Vultus 5” (1977) e “General Daimos” (1978) create da Saburo Yatsude per la sapiente regia di Tadao Nagahama.

In “Combattler V” assistiamo all’invasione della Terra da parte del combattivo e spietato popolo alieno proveniente dal pianeta Campebell. Per contrastarli, lo scienziato buono Stevens crea il robot Combattler, composto da cinque veicoli che si uniscono a formare il gigante di ferro. Tali veicoli sono pilotati da cinque ragazzi, scelti ognuno per caratteristiche peculiari. Gli alieni provenienti da Campbell sono guidati dallo spietato Malik, coadiuvato dall’assistente androide Marzia e dal vice comandante Lucifer. Da notare come Marzia sia innamorata di Malik ma da lui rifiutata in quanto androide: questa vicenda andrà a incastrarsi nella truce vicenda composta da battaglie epocali e sanguinose, dirette senza alcun piglio epico e con regia molto attenta a cogliere la tragedia della guerra anche attraverso gli occhi delle persone comuni, oltre che dei cinque piloti del Combattler. Durante lo scontro finale tra Malik e il Combattler, il generale alieno – nel tentativo di soccorrere Marzia ormai morente – scopre di essere egli stesso un androide e si ribella contro la mente che guida i Campebell, la “Madre”, la cui mente è rinchiusa in un gigantesco computer.

In “Vultus 5”, assistiamo alle gesta di un altro robot componibile, Vultus 5 per l’appunto, uno dei robot più amati qui in Italia anche per la sigla molto coinvolgente: «vortice di luce, tra le stelle, con il suo spirito ribelle sta arrivando Vultus 5». Un anime molto ben girato e con una tematica di scottante attualità. La Terra infatti viene invasa dai bellicosi Boazani, guidati dall’astuto principe Sirius, un nobile boazano che sfoggia bellissime corna. Infatti la casata nobiliare boazana è caratterizzata proprio da questa peculiarità, con la società strutturata secondo una monarchia assoluta e divisa in caste, dove i nobili “cornuti” spadroneggiano su coloro che sono privi di tali attributi. Sirius è in realtà figlio del creatore di Vultus 5 e di una nobildama boazana, nato senza corna e nascosto ai nobili con uno stratagemma. I cinque piloti del Vultus 5 annoverano fra di loro i tre figli terrestri del creatore del Vultus 5, i quali senza saperlo portano avanti una vera guerra fratricida con il loro fratello alieno. Alla fine l’assurdità della guerra sarà ben compresa proprio da Sirius, che arriverà a sacrificare se stesso per salvare la vita al fratello umano conosciuto solo sui campi di battaglia e che guiderà la rivolta degli schiavi boazani contro l’iniquo re di quel pianeta.

General Daimos” conclude degnamente la parabola: il pianeta Baam è prossimo alla distruzione e 200 milioni dei suoi abitanti sono trasferiti in un asteroide artificiale per essere portati in salvo. Tali alieni sono umanoidi e dotati di ali angeliche, in tutti i sensi. Durante il viaggio, questi angeli alieni incontrano la Terra, che viene stimata essere un ottimo luogo per ritrovare finalmente una casa. Viene combinato un incontro pacifico in cui valutare la possibilità per i Baamesi di essere ospitati dai terrestri ma il re baamese viene ucciso, con il veleno, apparentemente dai terrestri. Comincia così una guerra fra le due opposte popolazioni senza esclusione di colpi. Il giovane Kazuya viene messo a forza a bordo del robot Daimos per contrastare il mostro combattente lanciato dai Baamesi. Dopo questo primo scontro, il pilota Kazuya troverà Erika, una baamese che ha perso la memoria e l’uso delle ali, e altri non è che la sorella del primo ministro baamese, reo di aver ferito mortalmente proprio il padre di Kazuya. Fra i due scocca il classico colpo di fulmine e il loro amore contrastato sarà il fulcro di una narrazione sempre più concitata: per scoprire che in realtà il re baamese è stato ucciso da un suo ministro contrario alla pacifica convivenza fra i due popoli.

Questo trittico è emblematico di un certo tipo di fantascienza giapponese che si schiera apertamente contro la guerra e il razzismo. Non è un caso che assistiamo a discriminazioni tra umano e androide oppure fra coloro che sono caratterizzati da corna e chi invece non le possiede. La base di tutto sta nella volontà di sopraffazione sul proprio simile, per interesse, denaro, potere.

La metafora dell’alieno non smette di essere un potente significato dell’inconscio collettivo dell’intera umanità, uno specchio che guida di nascosto ogni nostra azione quotidiana mirando a far presa sulle nostre paure più profonde e sull’istinto egoistico che spesso determina negativamente ogni scelta umana.

Le cosiddette diversità sono alla fine solo comodi alibi per giustificare il predominio e il mantenimento di una divisione che torna utile solo a chi la usa per il proprio tornaconto: che sia la classe nobiliare del pianeta Boazan o il ministro baamese contrario a una pacifica convivenza.

Lo spauracchio dell’altro che per me è «un inferno» (per parafrasare una nota frase del filosofo francese Jean Paul Sartre) diventa un potente motore che conduce verso il baratro dell’odio, della paranoia, del sospetto e della divisione.

I baamesi credono che i terrestri siano colpevoli di tutto e i terrestri credono che i baamesi siano il ricettacolo di ogni nefandezza, lasciando completamente da parte l’obiettività e la ragione.

L’atto sincero d’amore tra Kazuya ed Erika riesce a scardinare le logiche della paura e a portare luce nonostante i massacri di gente innocente.

C’è da ricordare come il capostipite dei robot componibili, Getter Robot, combatta duramente contro il popolo dei mechadinosauri, come a rammentarci che se mossi dagli istinti primordiali noi umani possiamo solo cadere nel baratro della violenza. E solo la collaborazione democratica e stretta fra i 3 piloti – ognuno chiamato a formare una configurazione del gigante d’acciaio adatta alla situazione (per combattere in cielo, in terra e in mare) – porta a sconfiggere quelle creature orribili sempre pronte a risorgere.

Nell’immagine Vultus 5, Combattler 5 e General Daimos, alle loro spalle il meraviglioso robot Daltanius, di cui parlerò successivamente in “bottega”.

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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