Amare e basta?

Fabrizio Melodia – noto Astrofilosofo – nella puntata 178 di «Ci manca(va) un Venerdì» naviga tra Victor Hugo, Martin Brest, Theodor Adorno e Antoine de Saint Exupèry


«La suprema felicità della vita è la convinzione di essere amati per quello che si è o, meglio, di essere amati a dispetto di quello che si è» scrisse con acume Victor Hugo, noto per l’epopea de «I miserabili» (e non solo). In effetti credo che sia il desiderio di tutti noi.
Invece l’amore “
a condizione di…” sembra essere la norma. Negli ultimi anni quanti sono amati solo se vanno ai reality? Quanti fanno la fila per impadronirsi dell’ultimo I-Phone, per sentire le attenzioni verso di loro? Quanti cercano di darsi importanza, magari con piccole e innocenti bugie che poi sfuggono di mano, solo per ricevere una briciola di quell’amore che troppo spesso viene negata per futili motivi? Quanti subiscono bullismo o si uccidono per esso, magari a causa di un amore cercato e alla fine negato nella sua semplice e infinita brutalità?
Quanti ancora sono amati solo a condizione che si conformino ai voleri della folla e quanti sono amati solamente se rispondono positivamente alla riprova sociale? Quanti dicono “Faccio cosi perchè ormai lo fanno tutti”? Quanti si conformano per amore?
Nel film «Vi presento Joe Black» (1998) di Martin Brest
la Morte, interrogata riguardo all’amore di una fanciulla nei suoi confronti, risponde con un sibillino ma chiarissimo «Perché conosce la cosa peggiore di me e le sta bene».
E’ forse questa la chiave dell’amore? Accettare l’ombra come la luce della persona amata, sapendo che in quella zona oscura avviene il punto d’incontro più forte che si possa immaginare? E’ forse nell’andare fuori di sè e non nel conformarsi che l’amore trova la sua vera natura? E’ forse amare senza condizioni luce e ombra ad essere l’unico modo di definire l’amore vero?
«L’amore è la capacità di avvertire il simile nel dissimile» scrive il filosofo Theodor Adorno: e chissà quanto il dissimile possa esserci in qualcosa di simile, come le gocce d’acqua, figlie di un solo fiume.
L’essere amati nonostante quello che si è, con i propri pregi e difetti, dovrebbe essere qualcosa di normale, l’ABC dell’Amore.
Ma si può entrare in alcune strane catene dove l’amore diventa malato. Anche qui potremmo trovare i maniglioni antipanico: l’amore non è mai egoistico, non è l’amare dell’uno con l’annullamento dell’altro, ma è danzare insieme sopra l’abisso. O forse no? Altrimenti che spiegazione si potrebbe dare alle tante, troppe donne che non denunciano i mariti violenti, giustificandosi con le proprie colpe? Sono loro a considerare amore l’autolesionismo?

In una società dove il massimo dell’amore è per molte persone una frase sui Baci della Perugina una conclusione potrebbe essere proprio sospendere il giudizio oppure … amare quella persona per ciò che è. E’ l’amore la forza primigenia che porta al cambiamento? D’altronde solo gli stupidi o gli egoisti non cambiano idea suggeriva Antoine de Saint Exupèry: «Non confondere l’amore col delirio del possesso, che causa le sofferenze più atroci. Perché contrariamente a quanto comunemente si pensa, l’amore non fa soffrire. Quello che fa soffrire è l’istinto della proprietà, che è il contrario dell’amore».

Nell’immagine «La primavera» (1873) del pittore francese Pierre Auguste Cot

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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