Due sentenze importanti: male Amazon e bene Cobas
di Lorenza Pleuteri (*) e di Grazia Crisetti. A seguire i link della “bottega” su Amazon fra mito e realtà.
Una sentenza del tribunale di Bergamo fa chiarezza sui diritti di chi lavora nelle feste comandate e sul calcolo delle retribuzioni: Amazon Italia Transport, ramo del colosso statunitense che si occupa di trasporto e logistica nel nostro Paese, è stata condannata a pagare gli arretrati ai lavoratori
Il lavoro prestato nelle festività nazionali – da Pasqua al Primo maggio, da Ferragosto a Natale – va retribuito per intero. Non basta corrispondere a chi è di turno la maggiorazione festiva. Va erogata anche la quota prevista per le ore di servizio prestato in una giornata del calendario consacrata per quasi tutti al riposo.
Amazon Italia Transport, i lavoratori vincono la causa
Amazon Italia Transport, ramo del colosso statunitense che si occupa di trasporto e logistica nel nostro Paese, non versava tutto quello che era dovuto ai dipendenti al lavoro nelle festività nazionali.
Per questo motivo, la società è stata ripetutamente condannata dal tribunale di Bergamo. E dovrà adeguarsi, sborsando gli arretrati.
Per il sindacato Fit-Cisl si tratta di una vittoria storica
Il giudice del lavoro Raffaele Lapenta ha dato ragione a un dipendente sindacalista della Fit-Cisl cittadina, Fabrizio Zanchi, promotore delle cause pilota da cui l’azienda è uscita sconfitta nel primo round, una delle quattro azioni legali avviate dalla sigla.
La portata della decisione va oltre i casi singoli, riaffermando principi generali. «Una vittoria storica», chiosa Pasquale Salvatore, segretario generale della categoria a Bergamo.
Lavoratori Amazon, la sentenza potrebbe aprire una nuova strada
«La mia causa pilota e le tre cause gemelle – rimarca Zanchi – si sono concluse allo stesso modo, a favore del personale. Cambiano gli importi via via riconosciuti, legati alle ore di servizio prestate dai singoli dipendenti. La sostanza è la stessa. La retribuzione piena per le giornate di festività nazionali deve essere un diritto, non una regalia».
E dovrà valere, è l’auspicio, anche per il futuro. «Da qui in avanti l’azienda è tenuta ad adeguarsi alle indicazioni dei giudici del lavoro: pagare tutto quanto è previsto da norme e contratto, non di meno».
Ricadute per gli altri lavoratori Amazon
«Le sentenze – sostiene sempre Zanchi – avranno ricadute positive per una vasta platea di persone. Interessano i 400 lavoratori di Amazon Italia Transport di Casirate d’Adda (Bergamo) e a cascata coinvolgeranno anche gli altri 4.000 dipendenti della società, così come i 1.600 colleghi di Amazon Italia Logistica della sede di Cividate al Piano (Bergamo) e i 9.400 del territorio nazionale.
Sulla nostra scia – tiene a dire il sindacalista apripista – finalmente adesso si sta muovendo un’altra sigla del comparto».
Amazon non esclude un ricorso in appello
Potrebbe però esserci un “secondo tempo”, con un ribaltamento del risultato finale. Amazon fa sapere, con un comunicato: «Prendiamo atto della decisione del giudice. Stiamo analizzando le motivazioni alla base di questa decisione e tutte le opzioni legali a nostra disposizione, ovviamente a partire dalla possibilità di presentare appello».
La società, come è emerso durante la causa pilota, ritiene di aver correttamente interpretato e applicato la disciplina collettiva sul punto. E precisa: la sentenza pilota del giudice bergamasco «riguarda i soli lavoratori Amazon e non i driver, che sono assunti dai fornitori di servizi di consegna che lavorano con l’azienda».
I soldi e gli interessi da versare
Cisl Bergamo ha imbastito questa e le altre cause in collaborazione con l’ufficio vertenze interno e con gli avvocati Davide e Valentina Ponte.
«Ci siamo mossi in prima battuta, ad agosto 2024, in completa solitudine rispetto ad altre sigle – riprendono il filo dal sindacato – e le sentenze ci hanno dato ragione. Adesso si dovranno ricalcolare tutte le festività lavorate e pagare le ore lavorate».
Per Fabrizio Zanchi si tratta di 815,45 euro, con l’aggiunta di interessi legali e rivalutazione monetaria, a saldo.
Che cosa prevedono legge e contratto
La materia delle festività – ricorda il giudice del lavoro Lapenta – è regolata dalla legge 260 del 1949 e dalle successive modifiche ed integrazioni, da ultima l’introduzione della festività del 4 ottobre, San Francesco d’Assisi.
Ai salariati retribuiti in misura fissa, quelli di turno nelle festività nazionali, oltre alla normale paga giornaliera è dovuta la retribuzione per le ore di lavoro effettivamente prestate, con in più la maggiorazione per il lavoro festivo.
Se la festività cade di domenica, ad esempio a Pasqua, ai dipendenti spetta anche un ulteriore extra, pari all’aliquota giornaliera, cioè a un ventiseiesimo dello stipendio mensile di base.
Il contratto nazionale di lavoro di categoria fa proprie queste direttive, almeno sulla carta.
I paradossi del sistema Amazon secondo il giudice del lavoro
Il metodo Amazon creava invece un paradosso, secondo il giudice del lavoro «un’assurda conseguenza».
Il dipendente che nella festività andava a lavorare percepiva lo stesso compenso dei colleghi che restavano a casa a riposo nella giornata segnata in rosso sul calendario, con un piccolo extra in più.
Amazon e la giustizia: i precedenti
Non è la prima volta che Amazon Italia Transport finisce nelle cronache giudiziarie. L’anno scorso la procura di Milano e la guardia di finanza hanno sequestrato preventivamente 121 milioni alla società, accusata di aver creato una rete di cooperative con lo scopo di abbattere i costi fiscali e previdenziali, a spese dei lavoratori e dello Stato.
Nel 2018 si era attivata l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Amazon svolgeva anche attività postali – logistica, consegna di pacchi e gestione dei centri di recapito – senza autorizzazioni e titoli abilitativi. Così ad Amazon Italia Transport e ad altre due società del gruppo erano state fatte multe per 300 mila euro complessivi.
Gli interessi economici in gioco
Ma quanto pesa una giornata festiva sull’economia italiana? Il Centro studi di Confindustria ha abbozzato una stima relativa alla giornata in più di stop e di stipendi maggiorati, San Francesco. Costerà complessivamente circa 3,6 miliardi di euro all’anno, tra mancata produttività e paghe erogate.
La maggior parte dell’onere (circa l’80,5%, pari a 2,98 miliardi di euro) ricadrà sulle spalle delle imprese private, la differenza (il restante 19,5%, circa 720 milioni) graverà sul settore pubblico.
Per mitigare l’impatto sulle casse statali, in modo parziale, è stato previsto un fondo ad hoc da 10,68 milioni di euro destinati alle retribuzioni maggiorate dei dipendenti di turno.
(*) ripreso da: Osservatorio diritti
In “bottega” abbiamo spesso raccontato di Amazon, esemplare per il suo mix di tecnologfie moderne e di feudalesimo (o peggio) nei rapporti di lavoro e per il rispetto del mondo in cui viviamo. Ecco alcuni dei nostri articoli: Amazon chiude i negozi senza cassa…, L’impatto culturale di Amazon, Amazon: anche nel Black Friday si sciopera ,Clima: le balle di Amazon, Morire sul lavoro per Amazon, Contro il Black Friday: Amazon e noi , Amazon: il sindacalismo alza la testa nel mondo, Amazon: i sindacati entrano in azienda , Un venerdì nero per Amazon ,Amazon è il simbolo dello spreco capitalista, Amazon paghi subito lavoratrici e lavoratori… e più indietro nel tempo Amazon addio , Amazon. Lo sciopero di Piacenza contagia altre sedi in Europa e Amazon e dintorni: sciopero a Varese
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RSA: la Consulta apre anche ai sindacati comparativamente più rappresentativi
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 156 del 30 ottobre 2025 (clicca qui per scaricare il PDF integrale della decisione), interviene nuovamente sull’art. 19 dello Statuto dei lavoratori, ridefinendo i confini del diritto di costituire rappresentanze sindacali aziendali (RSA). A dodici anni dalla storica pronuncia n. 231/2013, la Corte amplia ulteriormente l’accesso alla tutela sindacale privilegiata, includendo tra i soggetti legittimati alla costituzione delle RSA anche le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.La questione di legittimità costituzionale
La questione di legittimità costituzionale
La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale di Modena, chiamato a decidere sul ricorso promosso dall’organizzazione sindacale ORSA – Trasporti Autoferro TPL contro la società SETA S.p.A., gestore del trasporto pubblico locale emiliano.
Il sindacato lamentava di essere stato escluso dalla possibilità di costituire una RSA presso l’unità produttiva di Modena, nonostante rappresentasse una quota significativa di lavoratori iscritti (circa il 10% della forza lavoro e oltre il 20% dei sindacalizzati).
La società datrice, richiamandosi all’art. 19, primo comma, dello Statuto dei lavoratori e alla sentenza n. 231/2013 della Corte Costituzionale, aveva opposto che tale diritto spetta soltanto ai sindacati firmatari o partecipanti alla negoziazione del contratto collettivo applicato in azienda. ORSA, non avendo preso parte a tali trattative, ne risultava esclusa.
Il giudice rimettente ha ritenuto che tale disciplina generasse un’irragionevole disparità di trattamento, consentendo di fatto al datore di lavoro di scegliere i propri interlocutori sindacali, escludendo quelli “scomodi” ma rappresentativi.
Da qui la questione di costituzionalità per contrasto con gli artt. 3 e 39 Cost., nella parte in cui la norma non consente alle organizzazioni maggiormente o significativamente rappresentative di costituire una RSA anche in assenza di attività negoziale.
La decisione della Consulta
La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, primo comma, della legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), nella parte in cui non prevede che le RSA possano essere costituite anche nell’ambito delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Il Giudice relatore ha ricostruito l’evoluzione normativa e giurisprudenziale dell’art. 19, evidenziando come, dopo il referendum del 1995 e la sentenza n. 231/2013, il sistema di selezione dei sindacati ammessi alla tutela rafforzata si fondasse su criteri meramente negoziali (firma o partecipazione alla trattativa).
Tali criteri, tuttavia, rischiano di trasformarsi da strumenti di selezione in meccanismi di esclusione, poiché consentono al datore di lavoro di condizionare la rappresentanza scegliendo con chi negoziare.
La Consulta ha richiamato il principio già espresso nella sentenza n. 231/2013, secondo cui l’art. 19 deve selezionare i sindacati in base all’effettiva rappresentatività, non alla loro disponibilità a firmare o trattare.
Poiché nel settore privato manca un sistema oggettivo di certificazione della rappresentatività (a differenza del pubblico impiego, dove il D.Lgs. 165/2001 fissa soglie e criteri), la Corte ha ritenuto necessario introdurre un parametro idoneo e verificabile.
Ha quindi individuato nella rappresentatività comparativa su base nazionale il criterio transitorio più coerente con l’ordinamento vigente, invitando il legislatore a una riforma organica dell’art. 19.
Conclusioni
La sentenza n. 156/2025 rappresenta un nuovo punto di equilibrio tra libertà sindacale e selettività della tutela privilegiata. Per la Consulta, quindi, anche i sindacati comparativamente più rappresentativi a livello nazionale devono poter costituire RSA nelle aziende private, anche se non firmatari o partecipanti alla contrattazione collettiva applicata.
