America latina oggi: canzoni e dipinti di donne

di Maria Teresa Messidoro (*)

Groviglio di fili, si intrecciano storie: donne in ogni dove, dove il pensiero corre con la fantasia nelle parole di una canzone e nei colori di un dipinto.

“Manos” di Marta Gómez

Marta Gomez è nata l’11 settembre del 1978, in Colombia. Data importante in America Latina, per il golpe di stato in Cile, nel 1973.

Di lei dice Nicolás Buenaventura Vidal: “Marta è nata cantando. Nella sua culla componeva e cantava i rumori che la circondavano, per chiamare il sonno.

Marta compone per scongiurare la nostalgia e spaventare le tristezze, le proprie e quelle degli altri.

Ha imparato a cantare all’anima e l’anima imparò ad ascoltarla.

Nella sua voce canta il vento, a volte si sente ridere un fiume, perfino si ascoltano i mormorii della terra.

Con la sua chitarra, la sua voce e con tanta voglia, continua a comporre i canti che la circondano e le voci che le dettano le assenze, per sconfiggere il silenzio”.

Ecco il testo di una delle sue canzoni, Manos:

“Mano forte va a spazzare, pone della legna nel focolare

Mano ferma quando scrive una lettera d’amore

Mani che tessono componendo nodi

Mani che pregano mani che danno

Mani che chiedono un futuro per non morire di solitudine

Mano vecchia che lavora costruendo un telaio

Mano schiava sta imparando a ballare la propria libertà

Mani che impastano conciando per le feste la fame con ciò che la terra dà

Mani che abbracciano la speranza di qualche figlio che se ne va

Mani di donne che hanno partorito la verità

Mani colorate che applaudono il cantare

Mano forte va a spazzare, pone della legna nel focolare

Mano ferma quando scrive una lettera d’amore

Mani che tremano mani che sudano

Mani di terra mais e sale

Mani che suonano rilasciando l’anima

Mani di sangue di vento e di mare …..”

 

Quadro di Ilka Oliva Corrado: una poesia nel colore

Scrive Ilka, come commento a questo suo quadro:

Le ho cercate molto, le ho immaginate in ciascun cammino, in ciascuna strada, nelle quattro stagioni, da lontano, tra i grattacieli, le immaginavo con la loro profondità verde bottiglia, con la nidiata di pappagalli, quando passeggiavo al mattino e nei pomeriggi nei terreni di Maria del campo di pomodori, lasciando un solco verde tra le nubi che accarezzavano i vulcani.

Piansi per loro, le ho chiamate, le ho cercate immensamente e mai ho potuto incontrarle, per tanto che le cercassi.

Mi hanno dimenticato, mi dissi, mi dimenticarono. Io no, io le ricordo sempre, le loro vene, i loro ruscelli e i loro pini frondosi, incappucciati da un muschio bianco. Questa agonia di non poterle vedere di nuovo, maestose nel loro verde bottiglia.

Però ieri, dipinta questa tela, ecco apparire imponenti, con l’eco dei loro uccelli, del vento tra le fronde degli alberi, alberi di aguacate e liane.

Erano lì, ritornavano da me dopo decenni in cui cercavo di sopravvivere nonostante la loro assenza. Il mio cuore vibrò incoraggiato, una felicità silenziosa e calma ha inondato i miei occhi di acqua salata.

Le montagne verde bottiglia che avevano avvolto la mia infanzia arrivavano da Cochabamba, in Bolivia, per riempire di felicità questa anima che le ha cercato tanto nei propri ricordi.

Questo quadro significa rincontrarsi, sono tornate e ora sono qui nella mia stanza, più maestose che mai, insieme a me, scalpitante anche se non più tanto una puledra, finalmente insieme.

Me le ha portate lei, la contadina quechua  che coltiva la terra, come nel villaggio con i solchi che ho percorso da piccola. Sarà forse una carezza dei miei antenati, appartenenti alla mia etnia Xinca, una etnia non maya, proveniente forse da radici andine, da popoli indigeni del Perù e della Bolivia.

Del mio sud, il mio amato sud“.

A mo’ di osservazione finale.

Nella nostra cultura classica, le arti sono protette fin dall’antichità dalle muse. Essendo una curiosa per natura, mi sono domandata se in alcune cosmogonie indigene latinoamericane esista qualcosa di analogo; ho chiesto consigli alle mie sorelle sparse nel mondo, ed ancora una volta ho capito che, nonostante tutto, siamo ancora troppo condizionati dal nostro punto di vista occidentale.

La saggia Tanya, che si autodefinisce con orgoglio afrodiscendente messicana, mi ha risposto infatti che il concetto di poesia o della letteratura, così come quelli della pittura e della scrittura, ha una connotazione totalmente eurocentrica; l’universo indigeno ha dunque una caratterizzazione differente, partendo da una relazione più profonda con ciò che è la natura ed i suoi elementi, siano essi terrestri o celesti; l’uomo e le sue attività, anche le cosiddette arti, rivestono un ruolo più marginale e meno centrale.

Potete ascoltare la canzone Manos di Marta Gómez qui https://youtu.be/84N-OS0PFGs

Qui il sito della cantante, davvero prezioso e originale http://www.martagomez.com/

Il quadro ed il commento di Ilka Oliva Corrado sono qui https://cronicasdeunainquilina.com/2020/03/31/arte-7/

Grazie Tanya, tornerò a parlare di te e con te, perché ne vale la pena.

Grazie a Tiziana, che mi ha fatto scoprire Marta, e grazie a Nicoletta, che mi ha fatto scoprire Tanya.

Groviglio di fili, fili che si intrecciano, si intrecciano storie, storie di donne, donne in ogni dove, ….

continuerà

(*) Vicepresidente Associazione Lisangà culture in movimento:  ww.lisanga.org

 

Teresa Messidoro

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