Ammalarsi di cibo, anche a scuola

di Daniela Pia   

Sara oggi è arrivata con 15 minuti di ritardo a scuola. La sua giustificazione: ritardo del pullman.

Intanto però, come ha aperto lo zaino è emerso il sacchetto del bar di fronte, una pasta e un cioccolato. Li ha appoggiati sotto. Ho fatto finta di non vedere ma

ho osservato – e osservo – con crescente preoccupazione questa sorta di bulimia alimentare che sta colpendo studenti e studentesse, così come ho notato con quanta leggerezza sono disponibili gli alimenti dei distributori automatici di cui si servono.

Eppure l’educazione alimentare dovrebbe – in alcune scuole è anche una delle discipline – essere in grado di raccontare quanto questo modo di rapportarsi con il cibo sia poco sano.

Ciononostante questo pantagruelico nutrirsi, che inizia in modo più o meno celato già alla fine della prima delle sei ore, è difficile da arginare. Si sbocconcellano silenti pastine e rumorosi cracker, si danno voraci morsi ai panini fingendo di cercare qualcosa nello zaino, ricerca dalla quale esploratori-esploratrici emergono con una sorta di paralisi che ne blocca la masticazione, rendendola sincopata: li osservi e smettono, volgi lo sguardo e riprendono. Non si fanno mancare le bevande zuccherate, cioccolata d’ogni specie, caffè e the. Fra un alimento e l’altro scartocciano caramelle per ingannare i morsi della “fame”. Verrebbe da chiedersi come sia consentito tutto ciò, infatti NON viene consentito, ed è una continua reprimenda: metti via, riponi, porta alla cattedra. Sfiancante. Di questi tempi provvedimenti disciplinari per siffatti comportamenti sono impensabili e i genitori, convocati ad hoc, giustificano questo “bisogno”. Le sanzioni ormai si fatica ad adottarle anche per questioni ben più gravi, figuriamoci per un morso non autorizzato. Ciò detto penso che questi comportamenti siano gravi, non tanto perché contravvengono il regolamento, ma soprattutto perché violano quei princìpi elementari che dovrebbero tutelare la salute di studenti e studentesse. È infatti in aumento il numero dei sovrappeso e di coloro che presentano disturbi alimentari; ed è difficile intervenire per far acquistare consapevolezza del pericolo latente. Un’abitudine questa che sa di compulsione, una sorta di ciuccio cui ricorrere in maniera istintiva, automatica e ripetitiva, nel tentativo di placare l’ansia che lo sottende.

La scuola, cui vengono demandati compiti fra i più ardui e disparati, si scontra spesso anche contro la presenza dei “malefici” distributori automatici che rendono ragazzi/e vittime inconsapevoli di una fame insaziabile, indotta con un calcolo che è funzionale al soddisfacimento del profitto: servono soldi per il normale funzionamento delle scuole e ne giungono anche dalle concessioni date per l’installazione di questi aggeggi. Così se da una parte, come educatori, sappiamo elargire tanta teoria sulle corrette prassi alimentari, dall’altra soccombiamo alla pratica, autorizzata, del cibo spazzatura cui diamo facile accesso alimentando una incontrollabile gara alimentare che rischia seriamente di farsi malattia.

È in questo modo che fanciulle come Sara, a sedici/diciotto anni hanno già iniziato il combattimento con un cibo fattosi padrone o avvertito come “nemico”. Inconsapevoli come molti di noi adulti di quanto già nel 1800 diceva Arnold Ehret: «L’uomo è l’animale più ammalato sulla terra; nessun altro ha violato così tanto le leggi dell’alimentazione quanto l’uomo; nessun altro animale mangia scorrettamente quanto l’uomo». Il tempo sembra essersi fermato ad allora mentre la scuola sembra aver appena iniziato la sua battaglia.

(*) Il discorso si riallaccia a Alimentarsi correttamente, un post di ieri. (db)


Daniela Pia
Sarda sono, fatta di pagine e di penna. Insegno e imparo. Cammino all' alba, in campagna, in compagnia di cani randagi. Ho superato le cinquanta primavere. Veglio e ora, come diceva Pavese :"In sostanza chiedo un letargo, un anestetico, la certezza di essere ben nascosto. Non chiedo la pace nel mondo, chiedo la mia".

3 commenti

  • Francesco Masala

    come col telefonino, uno non ha niente da fare, si ingozza lentamente, magari manovrando il telefonlno in maniera compulsiva.
    bisogna:
    1) far sparire tutti i distributori automatici e mettere solo quelli che fanno spremute o danno frutta (esistono!) o bottigliette d’acqua, e basta.
    2) fuori di ogni aula mettere un mobiletto dove tutti depositano i telefoni cellulari all’entrata, e li riprendono all’uscita.
    3) annoiarsi in classe scrivendo poesie, disegnando, pensando, leggendo romanzi, se no uno può pensare, dico pensare…

  • L’ha ribloggato su Il Blog di Gaia Clappise ha commentato:
    Questo è pensare!

  • Daniela, insegnare è un dono. Da come scrivi sembri una donna così intellettuale… sappi che hai tutta la mia stima. Anche io sono docente e capisco perfettamente quanto dici.
    Francesco, quoto al cento per cento il tuo commento.

    GC

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