I Patriotic Millionaires vogliono pagare più tasse

di Gianluca Cicinelli

Ha fatto scalpore l’appello dei 102 milionari/miliardari che chiedono di pagare più tasse.  Comunque in ogni caso restate tranquilli: nessun italiana/o figura tra i firmatari dell’appello.

Certo, che nelle firme si legga il nome della pronipote di Walt Disney, Abigail Disney, non contribuisce a rendere meno surreale la proposta. Se in italia qualcuno affermasse, come fanno i promotori, In tax we Trust, lo porterebbero dritto dritto in manicomio. Adesso però parliamone seriamente.

Intanto capiamo chi sono i milionari patriottici, Patriotic Millionaires, la sigla che raccoglie gli autori dell’appello.  Nascono nel 2010, sono attualmente in 250, per entrare a farne parte devi possedere almeno 5 milioni in proprietà o una rendita di 1 milione di dollari l’anno. Il gruppo è liberale, molti di loro sono “grandi donatori” del Partito Democratico, ma annovera anche conservatori, repubblicani, molti sono cristiani e alcuni quaccheri. Non è la prima volta che stupiscono, dato il soggetto sociale che rappresentano, per le loro posizioni. Sostengono infatti da tempo la richiesta dei lavoratori di un salario minimo più alto e la riforma del finanziamento elettorale e quindi la fine dell’influenza del denaro sulla politica. Sembrerebbero una sorta di aristo-comunisti in un Paese dove può accadere che un miliardario come Warren Buffett (non fa parte dei Patriotic Millionaires) inventi la Buffet Rule, tanto cara a Obama ma mai attuata, chiedendo un’aliquota fiscale minima del 30% per chi guadagna più di 1 milione l’anno e poi appena arriva Donald Trump elogi i tagli alle tasse del ciuffettone definendoli un “grande vento in poppa” per le aziende americane. Attenzione quindi a giudizi frettolosi sulla bontà dei Patriotic Millionaires.

Eric Schoenberg, che fa parte del gruppo, ha spiegato bene che, ad esempio, con i tagli del fisco adottati da Trump avrebbe risparmiato 50 mila dollari l’anno, una cifra con la quale, più o meno, paga i suoi dog sitter, quasi irrisoria. Quindi, ha tratto come conclusione, alla fine questo risparmio per i ricchi sarebbe addirittura superfluo. Ecco così che la questione torna a essere filosofica, nemmeno politica, perchè, spiega Stephen Prince, anche lui milionario patriottico, “anche la stragrande maggioranza dei miei amici è ricca e pensano che io sia un idiota”. In sostanza, pur essendo da soli detentori di una quota importante del patrimonio nazionale statunitense, i milionari patriottici si sono ben guardati dall’appoggiare le proposte di riforma fiscale proposte dai Democratici, sia della deputata Ocasio-Cortez (aliquota fiscale del 70 percento sul reddito guadagnato oltre i 10 milioni) sia della senatrice Elizabeth Warren (tassa annuale del 2% sui beni superiori a 50 milioni e un’ulteriore “addizionale miliardaria” dell’1%).

I Patriotic Millionaires sono un gruppo di pressione – registratosi dal 2016 come organizzazione ufficiale di lobbyng – che si batte per “l’equità fiscale” e per ridurre le disparità attraverso misure come il salario minimo più elevato, ma che non prende mai posizione sulla spesa pubblica. Per alcuni di loro “la creazione di ricchezza può essere un dono spirituale. non facciamo abbastanza per celebrare i creatori di ricchezza del mondo”, come scrive Bob Lupton. Dei riccastri pittoreschi insomma, incapaci di trasformare in pressione politica reale l’enorme influenza economica che hanno, soprattutto sul Partito Democratico: producono chiacchiere a costo zero nella stessa misura che rimproverano ai leader politici del mondo riuniti a Davos a cui hanno rivolto l’appello per la tassazione dei più ricchi. E qui finisce la surrealtà umoristica della proposta e comincia l’amara realtà di sempre per i più poveri.

ciuoti

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