Ancora su Crew Dragon e rotte marziane

di Fabrizio Melodia

A inizio giugno, il modulo Crew Dragon si è agganciato alla Stazione Spaziale Internazionale, iniziando di fatto il progetto Space X e la nuova era della conquista dello spazio capitanata da Elon Musk: per conto suo o degli Usa si vedrà.
Ammantata di eroismo, la missione della Crew Dragon il naturale epilogo di una campagna marketing assai bene orchestrata ma nemmeno ai più ingenui sembra sfuggire che “la nuova era” si è aperta con i soldi di un privato non dei governi.
In bottega si è parlato (*) del saggio «
Marte oltre Marte: l’era del capitalismo multiplanetario» – cfr Crew Dragon, Marte e noi – di Cobol Pongide. 

Avevo azzardato una guida turistica (www.labottegadelbarbieri.org/tutti-i-marte-che-volete) in un vecchio post, mentre oggi scruterò se si intravede la mano predatoria del nuovo colonialismo, affamato di materie prime, in alcuni film recenti.
Prendiamo a esempio «
Mission to Mars» (del 2000) per la regia di Brian De Palma: gli esploratori arrivano nella regione di Cydonia, dove a suo tempo la sonda Viking 1 scattò la celebre foto che sembrava raffigurare un volto (in realtà una comune conformazione rocciosa): troveranno la verità sulla reale origine dell’umanità e getteranno le basi per una nuova era di esplorazioni.
Di altra pasta è l’inquietante «
Fantasmi da Marte» (del 2001) del sempre gagliardo John Carpenter. Durante una missione di scorta di un detenuto in un carcere marziano, pianeta ormai terraformato e abitato, l’antica razza autoctona del pianeta rosso viene risvegliata da uno scavo minerario. Se posso sppoilerare…. arrivano i fantasmi che prenderanno possesso degli umani seminando morte e terrore.
«
Pianeta rosso» (del 2000) con la regia di Antony Hoffman e un buon cast: Val Kilmer, Carrie Ann Moss, Tom Sizemore e Simon Baker. La vicenda prende le mosse nel 2057 quando la Terra, a causa di inquinamento e sfruttamento intensivo, è diventata totalmente inabitabile. Viene avviato un programma di terraformazione di Marte, con l’introduzione controllata di una tipologia di alghe, per ossigenare l’atmosfera. Qualcosa va storto e viene inviata una spedizione per risolvere il problema.
Cosa hanno in comune questi film, oltre all’insuccesso? Rappresentano in maniera lampante una contraddizione di fondo riguardo alla colonizzazione di Marte: come se il viaggio verso l’ignoto rappresenti in realtà un viaggio nell’anima nera dell’umanità, da qui fantasmi nel sottosuolo, segrete origini che si celano nel luogo oggetto di sfruttamento, lo scontro fra un ecosistema che vuole imporsi sull’altro. Qui non ci troviamo in presenza di un’astronave alla Enterprise lanciata ad esplorare nuovi mondi, con la precisa direttiva di non interferire con le entità che si incontreranno, ma al vero bivio: da una parte la conquista e l’esportazione di un sistema capitalistico suicida, dall’altro la necessità di salvarsi e la voglia di conoscere, accettando il confronto con l’Ignoto e forse con altre forme di vita.

Tornando a Crew Dragon e alla Stazione Spaziale vale ricordare un albo speciale della Sergio Bonelli Editore: «Nathan Never – Stazione Spaziale Internazionale» di Bepi Vigna (testi) e Sergio Giardo (disegni). Durante un esperimento di propulsione a curvatura, Never finisce nel XXI secolo, proprio sulla ISS, incontrando l’astronauta Luca Parmitano. Un albo prodotto in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana e l’European Space Agency.

Redazione
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2 commenti

  • L’uomo porterà le sue contraddizioni nella prossima affascinante avventura dello spazio: cinismo, coraggio, superficialità, ironia, fottuto affarismo e… Poesia? Ho letto anche un altro romanzo di un italiano, “Real Mars” di Alessandro Vietti, sfrutta l’idea del Reality che finanzia la missione. Recentemente sono stati acquistati i diritti per realizzarne un film. Un razzo di privati parte pieno di pubblicità sulla fusoliera e si apre una frattura accattivante, questa umanità dei protagonisti è gettata come sabbia negli occhi, con ogni sua sfumatura, in una prosa che oscilla tra l’impianto caricaturale e artistico. Ho trovato cinismo, ironia, ma brani di assoluta poesia, come è la vita, sulla Terra e fra le stelle, ecco alcuni passaggi:

    “La mente non è abituata alle stranezze dell’assenza di gravità. Ma la mente è ancor meno abituata a quello che si vede oltre: la Terra, la Luna e il Sole, insieme, dentro quella pazzesca inquadratura[…] tre palle inconcepibili e maestose. Tre palle uscite da uno stravagante negozio di giocattoli senza uno straccio di istruzioni per l’uso. – Gesù, quant’è bella… – osserva Lombardi. Inspirazione, espirazione. Clic. – Sembra così vulnerabile, e magnifica e… insensata. Forse è per questo che noi esistiamo. Solo per poter dire che non ha alcun senso e dargliene così uno.[…]
    È bello restare in piedi fino a tardi anche solo per guardarli dormire, mentre non si rendono conto di essere osservati, in silenzio. Ci si sente un po’ spie e un po’ angeli custodi. Si ha quasi l’impressione che, non perdendoli di vista, non possa succedere loro nulla di male. Perché c’è qualcosa che appartiene a tutti, lassù, insieme con quei quattro cuori che battono soli a quasi mezzo milione di chilometri dalla Terra, le persone più lontane da qualunque altro essere umano nell’Universo. Chiunque darebbe qualsiasi cosa per essere lassù con loro, eppure nel contempo tutti sanno che è molto meglio restarsene qui, sulla calda, ossigenata, inquinata, sovrappopolata Terra. A guardarli. E a emozionarsi per procura in tutta sicurezza.”

    • Fabrizio Melodia

      Grazie, Diego, per questo commento, che sottolinea a maggior ragione uno dei temi fondamentali della fantascienza. In sostanza, gli alieni, che siano Marziani o da altre galassie alla conquista della Terra, oppure Alien che escono da dentro di noi (terribile ma sincera metafora dell’inconscio e della bestia che dorme dentro di noi), oppure cose dall’altro mondo mutaformi, oppure gli uomini che vanno alla conquista di altri mondi, è sempre all’insegna dello sfruttamento e della conquista che si muovono. Solo poche le eccezioni, anche se buone. Star Trek, per dirla tutta.
      Mi scuso in questa sede se non ho citato il film “Avatar” (2009) del visionario James Cameron, un tripudio di effetti speciale e un mondo interamente creato con il computer. Anche in questo caso, gli umani sono impegnati in attività di estrazione di un minerale preziosissimo ai danni della popolazione locale dei Na’vi. Molti lo hanno considerato una costosissima rielaborazione in chiave fantascientifica e fantasy del celebre “Balla coi lupi” di Kevin Kostner, altri ancora ne hanno rilevato la pesantezza e l’eccessivo uso della grafica, che anima i personaggi dei nativi e rende corporeo un mondo totalmente costruito con i bit.
      Come si può vedere, Cameron non le manda di certo a dire, siamo ben lontani da un mondo dove la consapevolezza di non essere soli nell’universo ha permesso ai popoli sopravvissuti alla guerra e alle malattie di unirsi in un corpo unico, di usare la tecnologia per sconfiggere la fame e la povertà, di creare motori iperspaziali e di stabilire contatti con le nuove forme di vita e civiltà (notiamo per bene il linguaggio diverso, nuove civiltà e forme di vita, non alieni).
      Siamo una civiltà capitalista che, per rigenerarsi, esporta a forza il proprio modello economico/produttivo?
      Esistono davvero troppo indizi per pensare in modo ottimistico, forse sarebbe il caso di cambiare prima dentro noi stessi, rimettendo in discussione l’assetto stesso della nostra intera società?
      A ribadire una risposta affermativa a tale quesito, vorrei qui citare la Trilogia del Mondi Lontani di Mike Resnick, divisa, non a casa, nei romanzi “Inferno”, “Purgatorio”, “Paradiso”, usciti tra il 1989 e il 1993, ristampati di recente nel 2018 per i Capolavori Urania.
      In questa trilogia, Reznick descrive, in modo assai realistico, l’incontro di una avanzata civiltà umana indicata come la Repubblica, con altrettanti pianeti abitati da popolazioni simili ai rettili organizzate ancora in modi tribali. Reznick, in questa trilogia, pare ripercorrere le conseguenze del colonialismo britannico in in Kenya, Zimbabwe e Uganda.

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