Ancora sulla Turchia del fascista Erdogan, sulla…

… sulla “Convenzione di Istanbul” e sui popoli del Kurdistan in lotta.

Testi di Nicoletta Pirotta e Gianluigi Deiana, il progetto per un ospedale a Shengal e altri materiali per chi vuole sapere… quello che i “grandi” media italiani tacciono o travisano.

Riflessioni sulla Convenzione di Istanbul… senza Istanbul

di Nicoletta Pirotta (*)

Il governo della Turchia ha deciso di ritirare la propria firma dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne.

Una Convenzione, ironia della sorte, che ha preso il nome proprio da Istanbul, città nella quale, il 7 aprile 2011, è stata adottata in occasione della 121ª Sessione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Il primo Stato a firmarla fu proprio la Turchia, l’11 maggio 2011 mentre, per inciso, la Gran Bretagna ancora non l’ha fatto e così pure la Russia, benché siano anch’essi membri del Consiglio d’Europa.

Ricordo che, come ha scritto il Consiglio d’Europa, la Convenzione di Istanbul è “il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza ed è incentrata sulla prevenzione della violenza domestica al fine di proteggere le vittime e perseguire i trasgressori”. Nella Convenzione all’articolo 3, la violenza contro le donne è considerata come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione e pertanto ogni Stato è invitato a “prevenire la violenza, proteggere le vittime e perseguire i colpevoli” (art.5). Inoltre la Convenzione considera come reati una serie di violenze contro le donne ed invita gli Stati ad includerli nei propri codici penali e ordinamenti giuridici, se non già inclusi. I reati previsti dalla Convenzione sono: la violenza psicologica, lo stalking, la violenza fisica e/o la violenza sessuale compreso lo stupro, il matrimonio forzato, le mutilazioni genitali femminili, l’aborto forzato e la sterilizzazione forzata, le molestie sessuali.

Numeri drammatici

Una decisione, quella del governo turco, che stride con la realtà dei fatti visto che durante la pandemia, a causa del confinamento dentro le mura domestica, le violenze contro le donne ad opera di maschi familiari sono aumentate, in ogni parte del mondo, in modo esponenziale e così pure i femminicidi.

Una situazione tanto drammatica che il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres,  ha chiesto a tutti i Paesi di adottare misure contro lo “scioccante aumento” di violenza maschile contro le donne. Guterres ha invitato ad aumentare le risorse per implementare servizi on-line, a fare in modo che i sistemi giudiziari continuino a perseguire gli autori degli abusi, a creare sistemi di allarme nelle farmacie e nei supermercati e ad aumentare le risorse destinate ai centri anti-violenza o di accoglienza, che dovrebbero essere considerati servizi essenziali.

Dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, dal Belgio all’Australia, dall’Argentina al Libano, alla Cina alla Malaysia, come le statistiche confermano, le richieste di aiuto sono raddoppiate così come le violenze e i femminicidi. Nel nostro Paese le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza della rete Di.Re sono state il 74,5% in più rispetto alla media mensile registrata due anni fa. Mentre i femminicidi sono stati 73 nel 2020 e ben 14 dall’inizio del 2021.

Qualche inquietante perché

Ebbene nonostante questo allarmante situazione, la Turchia – un Paese in cui, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, almeno il 40% delle donne è vittima di violenza, rispetto a una media europea del 25% e dove ogni giorno avviene almeno un femminicidio – decide di uscire dalla Convenzione.

Perché il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha deciso di ritirare la Turchia dalla Convenzione quando, oltretutto, fu il primo a firmarla?

Nel 2011 il governo turco aveva bisogno di accreditarsi agli occhi dell’Europa come alleato affidabile, moderno e progressista. Sottoscrivere la Convenzione calzava a pennello!

Oggi la Turchia, getta la maschera e si schiera con quei governi ultra-conservatori (ricordo fra questi la Polonia e l’Ungheria che la scorsa estate non hanno ratificato la Convenzione benché l’avessero firmata) che, a partire dalla profonda misoginia di cui sono portatori e dalla funesta cultura patriarcale di cui sono espressione, vedono come fumo negli occhi la libertà delle donne di decidere sul proprio corpo e non sono affatto disponibili a colpevolizzare o “addirittura” a condannare i maschi che usano violenza contro le “loro” donne.

Una funesta cultura patriarcale che è viva e vegeta e cerca spazi per espandersi ovunque possibile. Anche nel nostro Paese.

Il Congresso Mondiale delle famiglie (WCF) – cioè il forte movimento globale antiabortista, antifemminista e anti-LGBTQI che, su questi orientamenti di fondo, ha saputo unire le destre europee fornendo “tematiche, linguaggi e iconografie ideali” ( si veda Il Congresso Mondiale delle Famiglie, spiegato bene – Il Post) – due anni fa tenne il XIII Congresso proprio a Verona. Ed è di questi giorni la notizia che in alcune realtà locali, fra cui la Regione Piemonte, verrà consentito ai Movimenti pro-life di attivare sportelli presso consultori ed ospedali.

E’ bene tenere conto di tutto ciò per comprendere meglio il livello e la dimensione dell’attacco contro il diritto delle donne all’autodeterminazione e alla loro libertà di scelta sul proprio corpo. Un attacco dentro al quale si situa anche la scelta del presidente turco di uscire dalla Convenzione di Istanbul.

Gli anticorpi, per fortuna, ci sono

Le reazioni internazionali alla scelta di Erdogan di uscire dalla Convenzione sono state numerose, sia sul piano istituzionale che di movimento.

In particolare ad Istanbul ed ad Ankara migliaia di donne hanno riempito strade e piazze per contestare la scelta del governo turco. Così pure in Italia dove, in solidarietà con la lotta delle donne turche, il movimento femminista ha dato vita a partecipati presidi e flash-mob al grido di “Tayyp scappa scappa scappa, arrivano le donne!

Una risposta forte e puntuale che rivela l’esistenza di positivi anticorpi di fronte alla protervia patriarcale e che dimostra quanto le donne, in ogni parte del mondo siano decise a lottare per i loro diritti e per la loro vita.

Una risposta altresì utile a contrastare una pericolosa abitudine, come spiega Arwa Mahdawi (Il caso di Sarah Everard e il controllo del corpo delle donne – Arwa Mahdawi – Internazionale) quella cioè di sentirsi dire che il comportamento delle donne “dovrebbe essere modificato in reazione alla violenza maschile o che sia conveniente limitare la propria libertà di movimento, stando sempre all’erta quando si torna a casa tardi la sera, liquidando come sciocchezze le molestie per strada o accettando il fatto che le libertà e i corpi delle donne siano oggetti di dibattito”. Va detto forte e chiaro: non è colpa di una donna tutto ciò che fa un uomo!

(*) Nicoletta Pirotta è di IFE Italia. Riprendiamo il suo testo da transform-italia.it

TUTTE LE STRADE PORTANO A LOSA

di Gianluigi Deiana (**)

Quarantena sarda sul quarantesimo parallelo

In realtà non stiamo vivendo una quarantena, ma qualcosa di meglio, poichè non siamo ingabbiati, e qualcosa di peggio, perchè la pena dura ben più di quaranta giorni; andare da soli in giro è dunque un ragionevole compromesso con la situazione.

Purtroppo però chi di noi può farlo deve attenersi a un limite di trenta chilometri dal proprio luogo di residenza, e dunque trenta ad est e trenta ad ovest impongono comunque un limite definito, come in una colonia penale.

Tuttavia a me è capitato di iniziare nell’ultimo giorno di zona bianca, che corrispondeva al primo giorno di primavera; nutrivo un forte proposito e avevo anche una bandiera con me: attraversare la Sardegna sul quarantesimo parallelo, da ovest ad est, onorando il newroz del popolo kurdo oggi di nuovo sotto attacco nella Siria del nord, e trovare il modo di parlarne; each small candle.

Così in quel primo giorno ho marciato di fretta, poco meno di quaranta chilometri, dalla riva del mare a S’archittu fino alla cima della montagna, punteggiata di antenne, fino al crocevia nuragico di Losa, tra Paulilatino e Abbasanta; è stata davvero una bella giornata, ma nel primo pomeriggio su al monte ho schivato di fortuna una breve ma bruttina bufera di neve. 

In sardo Losa è due cose: in minuscolo è la tomba, mentre in maiuscolo è da sempre il luogo di crocevia più importante di tutta l’isola, oggi segnato dallo snodo delle superstrade, dalle stazioni di servizio e dal nuraghe imponente e taciturno da tremila anni: in ambedue i significati, che tutte le strade portino a Losa è una specie di verità, sia geografica che esistenziale.

E poi inizia il tempo della riserva, col vincolo chilometrico sul terreno; quasi altri trenta chilometri per turrana, sulla gola tra ardauli e sorradile e un magnifico piccolo santuario, e altri trenta ancora fino a teti, con il gennargentu ormai proprio davanti.

Di qui poi aspettiamo, aspettiamo che la quarantena velata e interminabile alla fine passi, perchè si deve continuare.

Tra Santa Vittoria e Teti si erge il punto mediano del quarantesimo parallelo in Sardegna: si chiama Sa Crabarissa e si tratta di una formazione rocciosa in cui la morfologia del granito ha trovato la sua forma espressiva nella morfologia della fiaba; la pietrificazione della figura femminile è un luogo ricorrente nelle saghe dei popoli: la punizione della moglie di Lot, solo per essersi voltata indietro nella fuga da Sodoma, ne è una specie di archetipo; si tratta di un retaggio psichico brutale e stupido: le donne hanno un’anima e nessuna anima sottostà ad alcuna pietrificazione; e le rocce, a loro volta, assumono forme anche bizzarre e inquietanti ma assolutamente inerti e disanimate: è semplice.

E’ curiosa la traiettoria del quarantesimo parallelo; in Sardegna di là da Sa Crabarissa la sua linea lambisce Monte Novo, che è la grande torre calcarea del Supramonte, e poi le tombe dei giganti sul Flumineddu a Fennau e la voragine del Golgo più in là, di nuovo sul mare.

Ma se per via immaginaria potessimo continuare oltre il Tirreno troveremmo Elea, sulla costa lucana vicino a Capo Palinuro; Elea fu l’acropoli di Parmenide e il tempio della grande metafisica greca; e lì il timoniere Palinuro morì per incanto d’amore; ma se poi voli ancora più a est saluti Santa Maria di Leuca e oltre lo Jonio trovi l’Olimpo, il monte di tutti gli dei; e poi Ankara, e poi tutto il Kurdistan adagiato sui monti dell’Alta Mesopotamia; e poi Ararat, il monte alle cui falde approdò Noè dopo la furia del diluvio; e poi Bukkara, Samarcanda e Pechino, e perfino Pyong Yang prima dell’oceano; e di là ancora Sacramento, e i deserti dello Utah, del Nevada e del Colorado, Denver, Springfield e Filadelfia; e poi le Azzorre e Coimbra e Madrid; e infine, infine, Losa di nuovo, dove torna ogni strada: e tutto senza confine; tutto senza confine.

devo aggiungere qui un piccolo ringraziamento ad una classe di liceo di ghilarza, che mi ha invitato in questa occasione per parlare della situazione kurda oggi; e quindi della repressione in Turchia, della guerra ai confini, del coinvolgimento italiano nella fornitura di armamenti per una guerra contro i civili, dell’uso degli sfollati di guerra come ostaggi di massa nei confronti dell’Unione Europea, della prigionia di Ocalan e di migliaia di perseguitati politici, dello sciopero della fame come forma estrema di resistenza, e infine di Helin Bolek, voce della Band Grup Yorum, morta proprio un anno fa, il tre aprile, all’epilogo di uno sciopero della fame di 288 giorni: venerdi santo, Helin.

(**) ripreso dalla sua pagina Facebook

AIUTIAMO IL PROGETTO PER UN OSPEDALE ATTREZZATO A SHENGAL 

AIUTIAMO LE DONNE E I BAMBINI YAZIDI!

SOTTOSCRIVETE PER ASSOCIAZIONE “VERSO IL KURDISTAN” ODV

Sono passati pochi giorni dalla visita di pace di Papa Francesco in Iraq e già riprendono, con più vigore,  le tensioni e le minacce contro la popolazione del Shengal (in arabo: Sinjar) da parte di Turchia, governo regionale del Kurdistan e governo iracheno. Ancora una volta, come già in Rojava, sotto attacco è il sistema di autogoverno che la comunità kurda yazida si è data dopo il tentativo di genocidio da parte di Daesh.

Allora migliaia di donne e ragazze yazide sono state rapite come “prede” e  vendute sul mercato degli schiavi, molti uomini sono stati uccisi e nascosti in fosse comuni. Sono 74 i massacri (ferman) subiti dagli yazidi nel corso della storia, una vergogna per l’umanità del 21° secolo.

Quest’anno, come Associazione Verso il Kurdistan Odv, aderendo alla richiesta della municipalità di Shengal, di un gruppo di medici e paramedici, insieme ad altre associazioni, abbiamo iniziato a raccogliere fondi per il progetto “Un ospedale attrezzato a Shengal”, governatorato di Ninewa, Iraq nord occidentale, al confine con la Siria (la Campagna delle uova pasquali ci ha permesso di consegnare 745 uova in tutt’Italia). 

Insieme al Campo profughi di Makhmour e agli altri progetti che sosteniamo in Turchia a favore dei detenuti politici e delle vittime della repressione, vogliamo portare un aiuto a tutte quelle popolazioni del Medio Oriente che da tempo difendono la loro identità culturale, religiosa, la loro lingua, il loro diritto ad una vita dignitosa.

A seguire il Progetto completo per “Un ospedale attrezzato a Shengal”.

AIUTIAMO IL PROGETTO DI UN OSPEDALE A SHENGAL!

AIUTIAMO LE DONNE E I BAMBINI YAZIDI!

 

FAI UNA DONAZIONE E PARTECIPA AL PROGETTO:

ASSOCIAZIONE VERSO IL KURDISTAN ODV

IBAN: IT17 Q030 6909 6061 0000 0111 185

Causale: Un ospedale a Shengal

 

RICORDA: il tuo 5 per mille all’Associazione Verso il Kurdistan servirà a sostenere le famiglie di CIZRE, nel Kurdistan turco, vittime del massacro del 2016 dei miliziani turchi durante l’assedio della città. In occasione della prossima Dichiarazione dei Redditi, nell’apposita casella indica il nostro Codice Fiscale: 96036900064

Associazione Verso il Kurdistan Odv – Seguici su Facebook

Sito: www.versoilkurdistan.blogspot.com

Rete Kurdistan Italia

PROGETTO PER UN’OSPEDALE A SINJAR

OBIETTIVI

L’obiettivo specifico del presente progetto è quello di contribuire all’incremento delle garanzie di accesso ai servizi sanitari di base e al miglioramento delll’assistenza socio-sanitaria per le popolazioni del distretto del Sinjar. L’obiettivo generale è quello di contribuire al miglioramento delle condizioni socio-sanitarie dell’Iraq del nord.

IL CONTESTO

La regione di Sinjar si trova nell’Iraq nord occidentale, al confine con la Siria. Si tratta di una zona caratterizzata da un clima arido, con scarse precipitazioni e un paesaggio sterile, color ocra, stepposo.

Situata nel governatorato di Ninawa, è attraversata dalla catena montuosa del Gebel Sinjar, che si eleva al di sopra della vasta pianura della Jazira, tra i fiumi Tigri ed Eufrate, il cui punto più alto supera i 1.400 metri.

Fino a pochi anni fa, vi abitavano circa 420 mila persone di diverse etnie e credi religiosi, oggi, su queste montagne, vi hanno fatto ritorno solo un terzo circa degli sfollati dall’occupazione dell’ISIS.

La popolazione appartiene in maggioranza all’etnia kurda e pratica lo yadizismo, una religione monoteista molto antica, che si richiama ai ritmi della natura, al rispetto delle piante e degli animali ed è considerata “eretica” dagli islamisti.

Essi sono stati perseguitati per millenni, la loro cultura e i fondamenti del loro credo sono stati tramandati quasi del tutto oralmente: sono 74 i massacri subiti dagli yezidi nel corso della loro storia!

L’economia locale si basa principalmente sull’agricoltura: orzo, fichi, grano, tabacco.

Til Ezer, in arabo Al-Qahtaniyya, dove vogliamo realizzare il progetto del centro ospedaliero, è un villaggio che si trova a 26 chilometri da Sinjar City.

L’area è strutturalmente carente di strutture per l’assistenza medica: esistono solo altre due ospedali nel distretto, uno a Sinjar City e un’altro a Snuny, a 70 chilometri di distanza.

Sinjar è stata teatro di scontri violentissimi tra Daesh e le minoranze etniche presenti nell’area, in particolare quella dei kurdi yazidi. Gli uomini e gli anziani sono stati trucidati in massa, mentre donne e bambine sono state ridotte a schiave del sesso e vendute sui mercati di Mosul e Raqqa per cifre tra i 5 e i 20 dollari, mentre i ragazzini sono stati arruolati e indottrinati dai miliziani islamisti come bambini

soldato. L’ONU e la UE hanno ufficialmente riconosciuto che ISIS ha commesso un genocidio contro gli yazidi, oltre a crimini di guerra e contro l’umanità.

Oltre alla catastrofe umanitaria, l’ISIS, durante la sua occupazione della zona, ha distrutto l’80% delle infrastrutture pubbliche e il 70% delle case civili nella città di Sinjar e zone limitrofe.

La città, dopo diversi tentativi, fu riconquistata dai peshmerga e dal Pkk il 13 novembre 2015 e, in seguito a ciò, furono istituite le Unità di resistenza del Sinjar (Ybs e Yis femminili).

In Sinjar, sono state rinvenute numerose fosse comuni con le teste forate dai proiettili sparati alla nuca delle vittime che sono lì a dimostrare la furia genocida dello Stato islamico.

Nel 2018, un’attivista yazida, Nadia Murad, fu insignita del Premio Nobel per la pace, dopo essere stata rapita e resa schiava sessuale dei miliziani dell’ISIS.

Ma il mondo sembra essersi scodato velocemente dei massacri e delle sofferenze di Sinjar.

Oggi, nel silenzio dei media, si teme una nuova guerra, questa volta ad opera dell’esercito turco, in funzione antikurda: non a caso sono ricorrenti i bombardamenti con droni a Sinjar, come nel vicino campo di Makhmur e sui monti Qandil.

DESCRIZIONE DEL PROGETTO CON INDICAZIONE DELLE ATTIVITA’ PRINCIPALI

  1. Pianificazione dei lavori di ristrutturazione: la struttura che ospiterà l’ospedale è già costruita nelle sue parti essenziali, ma mancano alcuni lavori di adeguamento dei locali. Le principali azioni da apportare alla struttura sono: intonacatura di 400 m2 afferenti a 10 stanze, piastrellamento di 4 locali per un totale di 120 m2, posa di cavi elettrici e relativa messa in funzione, installazione di 10 porte con telaio, installazione di 23 finestre con telaio e installazione di 10 macchine per il condizionamento degli impianti. I materiali per la ristrutturazione sono di facile reperimento in loco e verrà elaborato un piano dei lavori e relativo programma dal Comitato esecutivo di questa parte del progetto, composto da Arci Firenze, da UIKI Onlus e da Sinjar Humanity Citizens NGO.
  1. Esecuzione dei lavori di ristrutturazione: una volta elaborato il Piano dei lavori, si darà avvio all’esecuzione delle opere di cantiere. La maggior parte dei lavori verrà fatta con il contributo volontario di forza lavoro da parte della comunità yazida. Sarà di fondamentale importanza il contributo volontario e comunitario al progetto, sia dal punto di vista di sostenibilità progettuale sia da quello dell’appropriazione locale del progetto e del risultato finale. Si stima che la presente attività durerà circa quattro mesi.
  1. Reperimento e pianificazione dell’acquisto dell’equipaggiamento medico per l’ospedale: il Comitato esecutivo dedicherà particolare attenzione alla fase di ricerca e definizione della strumentazione ed equipaggiamento medico del nuovo ospedale. Il reperimento della strumentazione richiederà un tempo di almeno quattro mesi perché si dovrà cercare del materiale con un costo adeguato ai limiti di spesa e con possibilità di essere riparato in loco in caso di danneggiamento. In particolare, prevediamo che la strumentazione necessaria includerà almeno: serbatoi d’acqua (4), depuratori idrici (3) computer (2), stampanti (1), frigorifero (1) freezer (1), generatore elettrico (1) e riparo per il generatore (1), sedie a rotelle (2), lettini mobili (2), letti di degenza (35), termometri medici (4), concentratori d’ossigeno (2), maschere per l’ossigeno (70), ossimetri (5), sfigmomanometro (10), monitor multiparametrici ospedalieri (3), ecografo (1).
  1. Acquisto e messa in opera dell’equipaggiamento medico: con tutte le aziende fornitrici dei materiali, firmeremo degli accordi che ci garantiranno la riparazione o la sostituzione delle apparecchiature danneggiate, per almeno tre anni. Terminata questa attività e con i macchinari e le strumentazioni in funzione, avremo la piena operatività della nuova struttura ospedaliera a Til Ezer. I patner locali hanno la disponibilità di due medici di medicina generale, un chirurgo e cinque infermieri per formare lo staff medico dell’ospedale.

Sintesi del badget per quanto riguarda la struttura, per un totale di euro 44.996, così suddivisi:

a) Personale locale: euro 600;

b) Ristrutturazione: euro 18.830;

c) Attrezzature: euro 25.566STRUMENTAZIONI E FARMACI PER SINJAR

Il progetto per “Un’ospedale attrezzato a Sinjar” ha un costo complessivo di euro 95.996, di cui euro 44.996 (struttura ospedaliera e attrezzature base) ed euro 51.000 (strumentazione e farmaci).

Per quanto riguarda quest’ultima parte del progetto, se ne fanno carico: Associazione Verso il Kurdistan Odv e Associazione Fonti di Pace. Ovviamente, il progetto è aperto ad altre associazioni o enti o municipalità che volessero partecipare.

A) STRUMENTAZIONI

Generatore elettrico 1 6000

Purificatori di H2O 2 560

Termometri per Covid 4 560

Manometri per O2 20 1500

Maschere per O2 100 500

Ossimetri 5 250

Concentratori di O2 4 3800

Monitor 3 3300

Letti 25 7500

Sfigmomanometri 10 250

Contaglobuli 1 6000

Centrifuga 1 700

Microscopio 1 700

Dispositivo ad ultrasuoni 1 6000

Aspiratori 2 400

Laringoscopi 10 800

Tubi per O2 10 800

Defibrillatore 1 800

B) FARMACI

Sol. Fisiologica 100 100

Sol. Glucosata 100 100

Ringer acetato 100 100

Paracetamolo 100 fl. 100 200

Flagyl 500 fl. 100 200

Siringhe 5ml scatole 10 50

Siringhe 3ml scatole 10 50

Siringhe 10ml scatole 2 10

Paracetamiolo 375 fl. 100 200

Voltaren 75 fl. 200 400

Tramadolo fl. 300 1200

Adrenalina fl. 150 450

Salbutamolo spray 100 200

Acido tranexamico fl. 100 150

Desametasone fl. 500 250

Azitromicina fl. 300 1800

Alcool bottiglie 200 200

Soluzione iodata bottiglie 50 50

Cotone cartoni 10 100

Garze cartoni 30 45

Cannule 20 500

Diazepam fl. 300 300

Lidocaina 2,5 fl. 50 100

Azitromicina 500 cpr. 200 600

Ranitidina 250 fl. 200 600

Idrocortisone fl. 400 400

Ampicillina fl. 300 300

Metoclopramide fl. 300 300

Ondasetron 80 fl. 500 500

Dettol bottiglie 50 50

Il 6 aprile Von der Leyen da Erdogan per nuovi accordi

di Marco Palombo (***)

Ansa: “La prossima settimana, martedì 6 aprile il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si recheranno in Turchia per un incontro con il presidente Erdogan”. Lo annuncia su Twitter il portavoce di Michel.”

La delegazione va da Erdogan per definire nuovi accordi, il governo turco ha espresso soddisfazione per la posizione del Consiglio UE del 25 marzo scorso.

I tre paragrafi che seguono indicano quali saranno i temi in discussione, di seguito poi ho incollato tutti i punti relativi alla Turchia del comunicato finale del Consiglio Europeo del 25 marzo. – Marco

a) per quanto riguarda la cooperazione economica, invitiamo la Commissione a intensificare i colloqui con la Turchia per affrontare le difficoltà attualmente incontrate nell’attuazione dell’unione doganale, garantendone l’effettiva applicazione a tutti gli Stati membri, e invitiamo parallelamente il Consiglio a lavorare su un mandato per la modernizzazione dell’unione doganale. Tale mandato può essere adottato dal Consiglio, fatti salvi ulteriori orientamenti del Consiglio europeo;

b) siamo pronti ad avviare dialoghi ad alto livello con la Turchia su questioni di interesse reciproco, quali la salute pubblica, il clima e la lotta al terrorismo, nonché su questioni regionali;

c) invitiamo la Commissione a esaminare modi per rafforzare la cooperazione con la Turchia in materia di contatti interpersonali e mobilità.

Di seguito il testo integrale degli 11 punti del comunicato del Consiglio Europeo del 25 marzo 2021 relativi ai rapporti con la Turchia

MEDITERRANEO ORIENTALE

9. Abbiamo tenuto una discussione sulla situazione nel Mediterraneo orientale e sulle relazioni dell’Unione europea con la Turchia e accogliamo con favore la comunicazione congiunta “Stato delle relazioni politiche, economiche e commerciali tra l’UE e la Turchia”, elaborata dall’alto rappresentante e dalla Commissione su richiesta del Consiglio europeo del dicembre 2020.

10. Ricordiamo l’interesse strategico dell’Unione europea ad avere un contesto stabile e sicuro nel Mediterraneo orientale e sviluppare relazioni di cooperazione reciprocamente vantaggiose con la Turchia. Accogliamo con favore il recente allentamento delle tensioni nel Mediterraneo orientale grazie all’interruzione delle attività illegali di trivellazione, alla ripresa dei colloqui bilaterali tra Grecia e Turchia e ai prossimi colloqui sulla questione cipriota sotto l’egida delle Nazioni Unite.

11. A condizione che prosegua l’attuale allentamento delle tensioni e che la Turchia dialoghi in modo costruttivo, e ferme restando le condizionalità stabilite in precedenti conclusioni del Consiglio europeo, al fine di rafforzare ulteriormente la dinamica più positiva registrata di recente l’Unione europea è pronta a dialogare con la Turchia in modo graduale, proporzionato e reversibile per intensificare la cooperazione in una serie di settori di interesse comune e adottare ulteriori decisioni nella riunione del Consiglio europeo di giugno:

a) per quanto riguarda la cooperazione economica, invitiamo la Commissione a intensificare i colloqui con la Turchia per affrontare le difficoltà attualmente incontrate nell’attuazione dell’unione doganale, garantendone l’effettiva applicazione a tutti gli Stati membri, e invitiamo parallelamente il Consiglio a lavorare su un mandato per la modernizzazione dell’unione doganale. Tale mandato può essere adottato dal Consiglio, fatti salvi ulteriori orientamenti del Consiglio europeo;

b) siamo pronti ad avviare dialoghi ad alto livello con la Turchia su questioni di interesse reciproco, quali la salute pubblica, il clima e la lotta al terrorismo, nonché su questioni regionali;

c) invitiamo la Commissione a esaminare modi per rafforzare la cooperazione con la Turchia in materia di contatti interpersonali e mobilità.

12. Invitiamo la Turchia ad astenersi da nuove provocazioni o azioni unilaterali in violazione del diritto internazionale. Tenendo conto della comunicazione congiunta, ribadiamo la determinazione dell’Unione europea, in caso ciò avvenga, a utilizzare gli strumenti e le opzioni a sua disposizione per difendere gli interessi suoi e dei suoi Stati membri e sostenere la stabilità regionale.

13. Apprezziamo il fatto che la Turchia accolga circa quattro milioni di rifugiati siriani e concordiamo di portare avanti l’assistenza dell’Unione europea ai rifugiati e alle comunità di accoglienza. Invitiamo la Commissione a presentare al Consiglio una proposta per il proseguimento dei finanziamenti a favore dei rifugiati siriani in Turchia, Giordania, Libano e in altre parti della regione.

14. Per quanto riguarda la gestione della migrazione, nel quadro della più ampia strategia dell’UE che comprende tutte le rotte migratorie, dovrebbe essere rafforzata la cooperazione con la Turchia in particolare in settori quali la protezione delle frontiere, la lotta contro la migrazione illegale e il ritorno in Turchia dei migranti irregolari e dei richiedenti asilo respinti, conformemente alla dichiarazione UE-Turchia, applicata in modo non discriminatorio.

15. Ricordiamo le precedenti conclusioni del Consiglio europeo e manteniamo il nostro pieno impegno a favore di una soluzione globale della questione cipriota, conformemente alle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in particolare le risoluzioni 550, 789 e 1251). Attendiamo con interesse la ripresa dei negoziati sotto l’egida delle Nazioni Unite, ai quali l’Unione europea parteciperà in qualità di osservatore e nei quali svolgerà un ruolo attivo di sostegno ai negoziati, anche nominando un rappresentante presso la missione di buoni uffici delle Nazioni Unite.

16. Lo Stato di diritto e i diritti fondamentali rimangono una preoccupazione fondamentale. Gli attacchi ai partiti politici e ai media e altre recenti decisioni rappresentano significative battute d’arresto per i diritti umani e sono in contrasto con gli obblighi della Turchia di rispettare la democrazia, lo Stato di diritto e i diritti delle donne. Il dialogo su tali questioni rimane parte integrante della relazione tra l’UE e la Turchia.

  1. In linea con l’interesse comune dell’UE e della Turchia alla pace e alla stabilità nel loro contesto, ci attendiamo che la Turchia e tutti gli attori diano un contributo positivo alla soluzione di crisi regionali come quelle in Libia, Siria e nel Caucaso meridionale, e continueremo a vigilare.

(***) messaggio nella lista nowaroma@googlegroups.com

ALTRI MATERIALI

su «Osservatorio diritti» vedi «Turchia: Erdogan imprigiona avvocati e giudici» di Laura Fazzini

su «Pressenza» vedi «Turchia, assalto finale al partito curdo.Ma ora Erdoğan rischia il boomerang» di Mariano Giustino

Da «Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo» segnalo queste notizie (del 27, 28 e 29 marzo) 

Solidarietà dalla Corsica per Nudem Durak 

L’8 marzo in Corsica si è svolta una manifestazione per la liberazione della musicista curda Nudem Durak condannata in Turchia a 19 anni per aver cantato e insegnato canzoni in curdo, sua madre lingua

Turchia

L’Unione Europea fa il Ponzio Pilato, infatti non affronta il neo Sultano e al posto della resa dei conti si sono visti tanti salamelecchi. Malgrado la procedura per la messa fuorilegge del Partito Democratico dei Popoli (HDP) ed il ritiro di Ankara dalla Convenzione di Istanbul, contro le violenze sulle donne, è stata raggiunta un’intesa. Il motivo del cedimento europeo è nel timore del ricatto di Erdogan sui flussi migratori di milioni di profughi siriani. Nessun braccio di ferro, perché l’UE è divisa. Erdogan è stato capace con una politica aggressiva di tenere testa alle vacue dichiarazioni dei rappresentanti europei, andando avanti nella repressione del dissenso e cancellando i diritti. Oltre ai finanziamenti per bloccare i flussi, Ankara è riuscita ad ottenere il blocco delle annunciate sanzioni per le trivellazioni petrolifere nell’Est del Mediterraneo e, dulcis in fundo, la promessa di una visita collegiale della Commissione in Turchia.

Turchia

Decine di migliaia di donne hanno manifestato a Istanbul per condannare il ritiro del governo dalla Convenzione contro la violenza sulle donne. È la seconda settimana che si tiene una manifestazione del genere e le donne turche sono determinate a continuare le proteste tutti i sabati. Le parole d’ordine: “Le uccisioni delle donne sono crimini politici”; “Difendete le vittime, non proteggete gli aggressori!”. Il ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul, che peraltro era stata firmata nel 2011 dallo stesso Erdogan quando era primo ministro, è stato compiuto per rafforzare la coalizione di governo tra islamisti e destra nazionalista. Il 38% delle donne turche ha subito violenza in famiglia e nel 2021 sono state già uccise 78 donne da un parente, quindi una al giorno.

LE VIGNETTE – scelte dalla “bottega” –  sono di Benigno Moi (le due in mezzo ai testi) e di Gianluca Costatini (l’ultima) mentre quella in evidenza è ripresa dalla rete.

Redazione
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3 commenti

  • Solidarietà al popolo curdo che si oppone all’ISIS e alla deriva fascista di Erdogan . I rappresentanti di questo popolo hanno mai ammesso i crimini perpretati dai curdi al soldo dei turchi nei confronti del popolo armeno?

  • Se oggi parlare di rispetto dei normali diritti costituzionali in Paesi cosiddetti “civili e democratici” del Mondo Occidentale è già difficile ,,visto anche la considerazione in cui la stessa Carta Costituzionale naz.le è tenuta in conto da parte di Governi anche di Stati importante, non si può ignorare la crescita delle difficoltà nel quale vivono ed operano tanti movimenti per il rispetto dei diritti umani e in particolare donne delle minoranze etniche
    ….. soprattutto in Stati come la Turchia , da un decennio tiranneggiato da un Governo teocratico e dittatoriale come quello di Erdogan.
    Ma davvero questa nostra Comunità europea spera che l’attuale Governo Turco rispetta questa Convenzione, se Essa mantiene gli stessi rapporti internazionali basati sui mantenimento e sviluppo dei rapporti commerciali e sull’affare del commercio delle armi, e si preoccupa solo di non inimicarsi i Governi macellai di tanti poveri migranti che scappano dal Continente nero a causa di guerra e fame ?

    Cara Redazione della Bottega del Barbieri,

    per me questa nostra Comunità Europea ormai è troppo marcia e corrotta perchè possiamo ancora poter sperare in una sua ripresa di efficace ruolo di solidarietà internazionale verso i popoli oppressi serio, che oggi Essa tira fuori quando glielo chiede il Governo USA come capo della Nato quando sceglie di volta in volta i Governi dei cosiddetti “Paesi canaglia” da spodestare!

    Questa tendenza sta colpendo la stessa magistratura italiana e non sono casuali le condanne emesse dalla Procura di Torino di giovani che hanno combattuto a fianco dei Kurdi siriani che lottano per il rispetto dei loro diritti e della loro sopravvivenza e la benevolenza (o tolleranza!) nei coinfronti di quanti hanno combattuto e continuano a combattere a fianco dell’ISIS :

    E, tutto questo a quanti di Noi si battono per la tuteli dei diritti umani non può non preoccupare fortemente!

    Cordiali saluti, Onofrio Infantile di Salerno Lun. 5 aprile 2021

  • Ha ragione Maurizio Acerbo
    NESSUNA SOLIDARIETA’ A CHI VA DA ERDOGAN A TRATTARE POLITICHE DISUMANE
    La cosa più agghiacciante non è che il fascista Erdogan faccia accomodare Ursula von der Leyen sul divano ma che l’Unione Europea intenda ancora rifinanziare il regime turco per tenere i profughi lontani dalle proprie frontiere. La Fortezza Europa – con l’esternalizzazione della repressione dei flussi migratori – è una creazione della grande coalizione dei “responsabili” e dei “moderati” che pianificano politiche disumane.
    Le galere della Turchia sono piene di prigionieri politici, i territori curdi sono stati devastati dal terrorismo di stato, la Turchia ha persino invaso il territorio siriano e Ursula von der Leyen va a far visita al satrapo turco?
    Proprio Erdogan che fa caricare e arrestare le femministe l’8 marzo e si ritira dalla Convenzione di Istanbul?
    Proprio Erdogan che sta per mettere fuorilegge il partito di opposizione HDP?
    Decisamente nessuna solidarietà a Ursula von der Leyen. Il 26 aprile andrò in Turchia a esprimere la mia solidarietà alle donne e agli uomini dell’HDP che combattono ogni giorno per la democrazia.
    Trovo francamente fuori luogo anche l’indignazione di Laura Boldrini che più che per il divano dovrebbe prendere le distanze dagli accordi con Libia e Turchia dei governi che sostiene con il suo partito.
    Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

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