Argentina: i desaparecidos del Paraná

di David Lifodi

Definita la Chicago argentina, la città di Rosario è una delle più violente del paese latinoamericano, ma soprattutto, come in tutto il resto dello stato, gli ultimi anni sono stati caratterizzati dallo sterminio di giovani tra i 19 e i 28 anni, provenienti dalle sterminate periferie urbane dove regnano povertà, emarginazione, e degrado.

La polizia di Rosario è conosciuta per le sue efferate violenze che hanno come scenario il fiume Paraná, dove vengono gettati gran parte dei giovani assassinati dagli agenti, coinvolti in episodi di vera e propria pulizia sociale. La polizia ha le spalle coperte e sa di poter contare su un’impunità pressoché certa, altrimenti non si spiegherebbero frasi come queste: “Sarai il prossimo Franco Casco”, “Se sporgi denuncia farai la fine di Franco Casco”. Il giovane, torturato fino alla morte, è stato trovato nel Paraná ed è da questo caso che il giornalista Sebastián Ortega ha iniziato ad indagare sull’inquietante fenomeno di pulizia sociale che da anni, al pari del femminicidio, caratterizza in negativo la storia dell’Argentina, a partire dalla sparizione di Luciano Arruga. Negli archivi della polizia di Rosario, la scheda su Franco Casco curata dal medico legale riporta la seguente annotazione: “Causa di morte indeterminata”. L’ultima volta che i genitori di Franco Casco videro il figlio ancora in vita fu un giorno di fine settembre 2014, quando il ragazzo prese un treno da Buenos Aires a Rosario per andare a far visita ad una zia che vive a Empalme Graneros, un quartiere della periferia rosarina. Fu la stessa zia, il 5 ottobre 2014, ad accompagnare Franco alla stazione di Rosario Norte per controllare l’orario dei treni che facevano ritorno a Buenos Aires, ma quando il ragazzo decise di ripartire per la capitale, il 6 ottobre, si recò da solo a prendere il convoglio sul quale, in realtà, non salì mai. Il suo corpo, ritrovato nel Paraná, si aggiunge a quello di molti altri giovani passati attraverso il commissariato numero 7 del quartiere rosarino di Luis Agote, noto per detenzioni illegali, casi di estorsione e torture soprattutto durante le ore notturne.

Le violenze della polizia, unite alle sparizioni e al ritrovamento dei corpi dei giovani del Paraná, oltre che alle mancanze di una giustizia che quasi mai indaga su episodi di questo tipo, si sono ripetute nel tempo. Il 21 agosto 2015 fu la volta di Gerardo Escobar, giovane di 23 anni che pochi giorni prima si era recato a ballare a La Tienda, un locale frequentato abitualmente dai vertici dei Los Monos, una delle bande di narcotrafficanti più violente dell’Argentina. Luciana Escobar, sorella del ragazzo, è convinta che dietro all’omicidio del fratello c’è la polizia rosarina, i cui legami con il personale che gestisce la sicurezza privata del locale è molto forte: sarebbero stati quest’ultimi a consegnare il giovane alla polizia che poi lo avrebbe torturato fino alla morte. “L’acqua del fiume cancella tutto”, è scritto nel rapporto “Hostigados. Violencia y arbitrariedad policial en los barrios policiales”, stilato dal Centro de Estudios Legales y Sociales, in cui vengono elencati i molteplici casi di morte violenta di giovani provenienti soprattutto dalle sconfinate periferie urbane di Rosario e Buenos Aires ad opera della polizia. Specialista in medicina legale, Virginia Creimer ha analizzato gran parte dei corpi torturati dalla polizia, giungendo alla conclusione che la bonaerense, al pari delle forze dell’ordine rosarine, tortura e uccide e del resto gran parte dei suoi membri è rimasta fortemente legata al regime militare. Ogni polizia ha un suo modus operandi. A Rosario la polizia getta i corpi nel Paraná poiché sa che la permanenza dei cadaveri nel fiume in stato di decomposizione serve a nascondere le torture in quanto accelera la decomposizione delle vittime, quella di Neuquén fa sparire i cadaveri per farli riapparire molto tempo dato in un’altra zona della città e lo stesso sistema è seguito dalla bonaerense, la polizia della capitale Buenos Aires.

Purtroppo, i corpi ritrovati nel fiume Paraná rappresentano un nuovo caso di desapariciones in Argentina. In questo caso non si tratta di desaparecidos per motivi politici, ma di giovani provenienti da quelle periferie che il capitalismo vorrebbe cancellare. Operazioni di pulizia sociale di questo tipo caratterizzano gran parte dei paesi del continente latinoamericano, dal Brasile al Guatemala, e sono dirette sempre verso le fasce sociali più deboli che un sistema escludente mira a far sparire per costruirsi un mondo su misura.

NOTA: il titolo I desaparecidos del Paraná (originale Los desaparecidos del Paraná) e la foto sono ripresi dal prezioso lavoro di controinformazione di Revista Anfibia, da cui ho tratto gran parte delle informazioni contenute nel mio articolo.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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