Argentina: la sentenza del 2×1 avalla l’impunità per i torturatori
Sono 278 i repressori che potrebbero godere del verdetto per uscire dal carcere. La Corte suprema ha equiparato i delitti di lesa umanità ai crimini comuni
di David Lifodi (*)
Pochi giorni fa l’Argentina ha compiuto un pericoloso passo indietro. Il verdetto 2×1, tramite il quale la Corte suprema del paese latinoamericano ha messo sullo stesso piano delitti di lesa umanità e crimini comuni, permetterà di ridurre la pena considerando doppi gli anni trascorsi in prigione in attesa della sentenza definitiva. Così ha scritto Claudio Tognonato il 5 maggio scorso sul quotidiano il manifesto.
Militari, civili e tutti coloro che hanno fatto parte di quella zona grigia responsabile di aver fatto sparire un’intera generazione sono riusciti ad ottenere ciò che volevano dal presidente Mauricio Macri: la legittimazione per affermare che loro hanno salvato il paese dall’avvento del comunismo. Del resto, è per questo che la destra ha cercato di far eleggere in ogni modo questo capo di stato di origine italiana, di cui la nostra stampa, in gran parte, si vanta in maniera sciagurata. Disarticolare i movimenti sociali e l’opposizione era l’obiettivo di Videla, Massera e Agosti all’epoca del regime militare ed è lo stesso fine che oggi muove il presidente Macri: farla finita con le proteste di studenti, docenti e organizzazioni popolari. Avallare la sentenza del 2×1 significa ridare potere ai peggiori repressori del paese e consegnare loro le chiavi di comando. Un altro segnale decisamente sconfortante proviene, in questo senso, dal ruolo svolto dalla Conferenza episcopale argentina, che da tempo chiedeva un “percorso di riflessione sugli anni della dittatura militare” e non ha perso tempo, tramite monsignor José María Arancedo, principale rappresentante dell’istituzione religiosa, nel sollecitare un’impossibile riconciliazione tra vittime e carnefici. L’intenzione della Conferenza episcopale argentina, che sembra decisa a percorrere la strada di un improbabile accoglienza sia di familiari dei desaparecidos sia dei repressori, come se fosse possibile equiparare gli uni e gli altri, lascia quantomeno perplessi. A questo proposito, le Madres, le Abuelas e gli Hijos hanno sottolineato le responsabilità del Movimiento Familiar Cristiano, colpevole di aver fatto passare come adozioni le appropriazioni dei neonati strappati ai genitori prigionieri nei campi di detenzione clandestini sparsi in tutta l’Argentina. A seguito della visita di Estela Carlotto in Vaticano, avvenuta nel 2015, Papa Francesco aveva ordinato l’apertura degli archivi segreti della chiesa cattolica, da cui sono emerse circa 3.000 lettere e documenti, conservati presso la Nunziatura apostolica e la Santa Sede, in cui i familiari richiedevano notizie sui familiari arrestati o i desaparecidos.
Tra i primi a voler approfittare del verdetto 2x1Emilio Guillermo Nani, all’epoca del regime tenente colonnello, che ha addirittura chiesto asilo politico al Vaticano, lamentando, con una buona dose di faccia tosta, l’assenza quasi assoluta di garanzie costituzionali e processuali in Argentina. La sentenza che apre la porta dell’impunità ai genocidi è stata votata dai giudici Horacio Rosatti, Carlos Rosenkrantz ed Elena Highton de Nolasco, che hanno ritenuto applicabile il verdetto del 2×1 a Luis Muiña, colpevole di torture di ogni tipo presso il centro di detenzione clandestino all’interno dell’Hospital Posadas. “La riduzione della pena non è applicabile ai crimini della dittatura”, hanno sottolineato il presidente della Corte suprema Ricardo Lorenzetti e il giudice Carlos Maqueda, che però si sono trovati in minoranza, al momento del voto, all’interno del massimo organo giudiziario. Carlos Pisoni, rappresentante di Hijos, i figli dei desaparecidos, ha evidenziato come i giudici Rosatti e Rosenkrantz siano stati nominati per decreto dall’esecutivo nonostante le organizzazioni per i diritti umani avessero sottolineato da tempo che non avevano alcuna idoneità morale per ricoprire un incarico del genere. Definita come una “provocazione nei confronti dei familiari dei desaparecidos”, questa sentenza della Corte suprema rischia di far incontrare di nuovo torturatori e torturati, con i primi che avranno di nuovo il coltello dalla parte del manico. Attualmente ci sono ben 278 repressori condannati (tra cui uomini di primo piano come Alfredo Astiz, Jorge “Tigre” Acosta, Ricardo Cavallo, Luciano Benjamin Menéndez e Reynaldo Benito Bignone) che potrebbero godere dei benefici concessi dal 2×1 ed uscire di prigione. Madres e Abuelas de la Plaza de Mayo, il Centro de Estudios Legales y Sociales di Horacio Verbitsky, la Liga Argentina por los Derechos Humanos, i Familiares de Desaparecidos y Detenidos por Razones Políticas e molte altre associazioni impegnate sul tema dei diritti umani non escludono nemmeno la possibilità di rivolgersi a Papa Francesco affinché intervenga.
In meno di 24 ore dall’applicazione del 2×1 sono giunte ben quattro richieste di repressori di poter beneficiare del verdetto della Corte suprema, ma per fortuna dai Tribunali orali federali è arrivato un secco rifiuto espresso nei confronti di Héctor Girbone, condannato per l’appropriazione di un minore di dieci anni, Jorge Magnacco, uomo che si occupava di far partorire le prigioniere politiche che lui stesso aveva torturato, e Norberto Mercado Laconi, ex poliziotto che lavorava in alcuni centri di detenzione clandestina. Tuttavia, il caso più inquietante riguarda quello di Luis Muiña, vero e proprio padrone del centro di detenzione clandestino presso l’Hospital Posadas ed uomo di primo piano all’interno del grupo de tarea Swat, come denuncia l’ex infermiera Gladys Cuervo, torturata dallo stesso Muiña. A 77 anni, la donna ricorda bene quel 28 marzo 1976, quattro giorni dopo il colpo di stato, quando l’Hospital Posadas fu occupato dai militari guidati da Reynaldo Bignone. Gladys ha raccontato che fu arrestata per la sua militanza sindacale e che il regime mise alla guida dell’ospedale il colonnello Julio Esteves. Da allora nell’ospedale entrò in funzione un sistema di vigilanza paramilitare che torturò non solo Gladys Cuervo, ma anche molte altre persone
Gladys Cuervo venne liberata il 22 gennaio 1977. Le dissero: “In guerra cadono sempre gli innocenti”. Nell’Argentina di oggi tutto ciò potrebbe accadere di nuovo.
(*) articolo tratto da Peacelink – 16 maggio 2017