Argentina: le fumigazioni della vergogna

di David Lifodi

Viviana Peralta è una casalinga che abita nella provincia di Santa Fe (Argentina nord-orientale) ed è madre di una bambina piccola. Insieme ad altre mamme è stata insultata: per tutte l’appellativo è las locas, le pazze. Non siamo nell’Argentina delle Madres de la Plaza de Mayo in cerca dei loro figli nei commissariati di polizia, ma in quella odierna. Il problema non sono le desapariciones, ma le fumigazioni.

Pochi giorni dopo la nascita di sua figlia, la signora Peralta, come altre neo-mamme, si è accorta che la piccola non stava bene e respirava con estrema difficoltà. Il responso del medico è stato chiaro: si trattava delle fumigazioni effettuate su un campo di soia vicino alla sua abitazione. In Argentina oltre dodici milioni di persone vivono in aree dove le fumigazioni con i prodotti agrochimici rappresentano la norma. Médicos de Pueblos Fumigados, una equipe sanitaria composta da docenti specializzati in medicina, antropologia e scienze sociali, sottolinea che la situazione è preoccupante in tutto il paese: l’utilizzo sproporzionato di pesticidi e prodotti chimici altamente tossici nella produzione agricola ha effetti pesantissimi sull’ambiente e sulla salute delle persone. Nel paese non esiste una legge che regoli espressamente l’utilizzo dei prodotti agrochimici, ma sono presenti alcune normative a livello provinciale, tuttavia spesso non risultano di chiara interpretazione e sono comunque facilmente aggirabili dalle potenti lobbies della soia e dell’agrobusiness: male che vada, se colti in flagranza di reato mentre effettuano fumigazioni in zone vietate o in quantità maggiori del consentito, i responsabili se la cavano con sanzioni pecuniarie irrisorie. Viviana Peralta ha la sfortuna di abitare nel barrio Urquiza, non lontano dalla cittadina di San Jorge, distante circa 150 km dalla capitale provinciale e soprattutto zona sojera per eccellenza. Il caso di San Jorge è salito agli onori della cronaca quando la signora Peralta, insieme a molti altri abitanti di Urquiza, ha deciso di presentarsi in Tribunale per denunciare i responsabili delle fumigazioni. I produttori della soia e le stesse istituzioni della provincia di Santa Fe (il cui governatore è il socialista Hermes Binner, candidato alla Casa Rosada alle presidenziali di domenica scorsa e arrivato secondo con ampio distacco rispetto a Cristina Kirchner) fecero ricorso, convinte che sarebbe bastata qualche chiacchiera per farla franca e continuare con le irrorazioni. Fortunatamente ebbero torto: la Cámara de Apelaciones non solo proibì le fumigazioni, ma si spinse oltre, ordinando al governo santafesino e all’Universidad Nacional del Litoral di fornire le prove che gli agrochimici non fossero nocivi per la salute. Si è trattato, a suo modo, di una sentenza storica, poiché i campesinos e gli abitanti del barrio Urquiza dimostrarono i loro problemi di salute smentendo le falsità dei sojeros. Nonostante questa vicenda abbia avuto un epilogo a lieto fine, resta ancora molto da fare affinché le fumigazioni siano considerate illegali su tutto il territorio nazionale, a partire da quelle aeree. E’ per questo che, sempre nella provincia di Santa Fe, è stata lanciata la campagna “Paren de fumigarnos”, a cui ha aderito un fronte assai ampio composto dalle organizzazioni sociali della zona. Sconfitto da una sorta di class-action da parte dei cittadini di Urquiza, il governo provinciale di Santa Fe ci ha riprovato, appoggiato dalle corporations agrarie: “Gli agrotossici favoriscono l’apprendimento nei bambini”, hanno detto. Si tratta di un’affermazione palesemente ridicola, se non fosse che i sostenitori di questa idea non l’hanno esplicitata casualmente. Quelli del coordinamento “Paren de fumigarnos” denunciano da tempo le fumigazioni aeree nei pressi delle scuole rurali, situate nelle campagne della provincia di Santa Fe. Il Centro de Protección a la Naturaleza (Cepronat) ha più volte testimoniato che le fumigazioni sono avvenute a pochissima distanza dagli oltre ottocento complessi scolastici provinciali, sembra  a non più di quindici metri, tutto questo durante le ore di lezione, con il risultato di sottoporre ad una intossicazione quotidiana studenti e professori. Malattie respiratorie, malformazioni alla nascita, aumento vertiginoso dei casi di cancro e di aborto, oltre alla contaminazione della flora e della fauna circostante, avevano spinto il governo provinciale a redigere una legge che proibiva le fumigazioni aeree di glifosato entro la pianta urbana delle città, nei dintorni delle scuole rurali, degli impianti sportivi, delle aree naturali protette e dei parchi. Questa stessa legge, però, giace sepolta nei cassetti  del Senato provinciale, nonostante il precedente di Urquiza e le firme di ventimila abitanti della provincia favorevoli all’interruzione delle fumigazioni. L’agronegozio, che avanza in tutto il paese, è pericoloso per almeno due motivi. In primo luogo, l’agricoltura industriale e intensiva, basata sull’utilizzo di prodotti chimici e pesticidi, favorisce la concentrazione dei capitali e delle proprietà nelle mani di poche persone, a danno dell’agricoltura familiare. Una seconda considerazione, strettamente conseguente alla prima, riguarda l’aumento dei rifugiati ambientali, che vanno ad ingrossare le villas miserias urbane delle metropoli, in quanto i piccoli agricoltori sono costretti ad abbandonare le campagne a causa della progressiva distruzione dell’ecosistema. Il coordinamento “Paren de fumigarnos” critica inoltre il Plan Estratégico Agroalimentario nazionale, recentemente approvato, poiché ha aumentato del 20% la superficie di raccolto quando la maggior parte delle province è già al limite dell’utilizzo delle terre produttive. La stessa Santa Fe, dove viene prodotto l’80% del biodiesel dell’intera Argentina, si è trasformata nella patria degli agrocombustibili, per la gioia degli affaristi del Fondo Sojero, strettamente legati alle istituzioni santafesine. Per questi motivi, la “Declaración de Los Pueblos Fumigados” chiede almeno800 metri di distanza tra le fumigazioni terrestri e i centri abitati e la proibizione totale di quelle aeree, il rifornimento, lo stoccaggio e lo smistamento degli agrotossici in aree isolate, lo sviluppo di programmi alternativi di agroecologia, infine la pubblicità degli esami effettuati sulle sostanze agrochimiche, finora tenuti segreti dalla Senasa, il Servicio Nacional de Seguridad Agroalimentaria.

Le lobbies dell’agroindustria e le multinazionali della soia per ora fanno orecchie da mercante, forti anche della capacità di aver circoscritto il problema alla sola provincia di Santa Fe. Buenos Aires e la Casa Rosada distano alcune centinaia di km, ma la presidenta neo-rieletta Cristina Kirchner avrà o meno la volontà di risolvere un problema che, di fatto, riguarda un intero paese?

Redazione
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4 commenti

  • ginodicostanzo

    tenchiù…

  • veramente bello l’articolo e veramente assurda la storia…se non ci fossimo abituati ormai all’assurdità dell’agricoltura industriale

    un altro motivo per cambiare rotta radicalmente!

  • Grazie per quest’articolo: non conoscevo questa situazione in Argentina.
    E’ sempre la stessa storia: progetti delle multinazionali e giro di soldi in barba alla salute delle persone e all’ecologia. Un po’ come il progetto della costruzione di dighe in Patagonia, finanziato anche dall’Eni: una storia diversa ma a crearla è sempre il capitalismo barbaro che se infischia del diritto alla salute.

  • Mi sono imbattuto in questa storia leggendo articoli e notizie sul dramma delle fumigazioni in Colombia e Nicaragua, paesi dove questa pratica è assai diffusa. Poi ho letto alcune testimonianze su quanto sta accadendo in Argentina che, tra le dighe in Patagonia e la legge sulla tutela dei ghiacciai approvata dal Parlamento (ma molto osteggiata dalla presidenta Cristina Kirchner), ultimamente sta prendendo dei grandi abbagli in fatto di politiche ambientali sostenibili, e così ho scritto questo articolo.

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