Argentina: l’omicidio del giudice Nisman irrompe sulle presidenziali di ottobre

di David Lifodi (*)

La verdad, a quién le importa?, ha scritto di recente Horacio Verbitsky sul quotidiano argentino Página/12 a proposito dell’omicidio del giudice Alberto Nisman, trovato morto lo scorso 18 gennaio alla vigilia della sua deposizione al Congresso che avrebbe dovuto incriminare la presidenta Cristina Fernández de Kirchner, accusata di aver coperto, insieme al ministro degli Esteri Héctor Timerman, cinque iraniani ritenuti colpevoli dell’attentato contro l’Asociación Mutual Israelita Argentina (Amia) del 18 luglio 1994 che causò la morte di 85 persone e il ferimento di oltre 300.

In Argentina, ma anche a livello internazionale, la stampa mainstream ha avuto gioco facile nell’indicare come principale indiziata dell’omicidio la stessa Cristina Fernández de Kirchner: è lei la mandante morale, hanno strillato i giornali di opposizione, a cui si sono ben presto allineati quelli di mezzo mondo. In realtà, quella che è stata definita una muerte dudosa para la democracia argentina, presenta molti lati oscuri e ancora da scoprire, ma è certo che la morte del giudice è da imputare al clima torbido nell’intelligence e nei servizi segreti, a cui la presidenta ha già annunciato di voler dare una radicale ripulitura. Nelle piazze argentine dove si è manifestato per chiedere verità e giustizia per Alberto Nisman, le poche centinaia di presenti hanno issato cartelli “Yo soy Nisman”, parafrasando lo slogan seguito ai tragici fatti di Parigi che hanno decimato la redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, ma soprattutto ne hanno approfittato per chiedere la testa, non solo in senso metaforico, di Cristina Fernández de Kirchner, in un chiaro tentativo di compiere un’operazione di mera speculazione politica. Nisman aveva accusato la presidenta pochi giorni prima della sua morte, il 14 gennaio: secondo il giudice la difesa di Cristina dei cinque iraniani si sarebbe inserita nel quadro dell’avvicinamento diplomatico tra Iran e Argentina, dovuto alla crisi energetica del paese sudamericano che si sarebbe potuta risolvere attraverso lo scambio del petrolio per il grano. Questo esempio di cooperazione sud-sud, che giornalacci come il Clarín (che però dispone di un vero e proprio impero mediatico, oltre ad essere stato il principale sponsor della dittatura militare) hanno utilizzato per dare la notizia di presunte pressioni compiute dalla presidenta e da Timerman affinché non si indagasse sugli iraniani colpevoli dell’attentato, è stato trasformato nella prova evidente di colpevolezza di Cristina Fernández de Kirchner, ma nessuno ha sottolineato come il primo a lavarsi le mani del caso fosse stato Carlos Menem, presidente del paese dal 1989 al 1999 e uno tra i principali responsabili del default economico argentino avvenuto alla fine del Duemila. Inoltre, pare che dietro la posizione assunta da Nisman ci sia stata l’influenza dei servizi segreti, in particolare del direttore della Secretaría de Inteligencia Antonio Stiuso, peraltro rimosso dall’incarico lo scorso dicembre. I legami tra Nisman e Stiuso erano noti e pare che sia stato proprio quest’ultimo a sollecitare il giudice affinché tornasse anticipatamente dalle sue vacanze in Europa per accusare Cristina Fernández de Kirchner. Atilio Borón, ex segretario del Consejo Latinoamericano de Ciencias Sociales (Clacso) e analista politico su molti organi di controinformazione del continente sudamericano, evidenzia come l’omicidio del giudice Nisman nuocerà soprattutto al governo e alla presidenta ad un anno dalle elezioni presidenziali e legislative. Mentre l’Argentina si chiede a chi giova l’assassinio di Nisman, la presidenta non è rimasta con le mani in mano, si è difesa e, per prima cosa, ha dato vita alla nuova Agencia Federal de Inteligencia, che in primo luogo dovrebbe ripulire l’intero corpo da persone legate ai servizi segreti deviati. Sul caso Amia ci sono anche dei cablogrammi di Wikileaks che evidenziano la collaborazione di Nisman con gli Stati Uniti affinché l’Iran sia indicato come il principale responsabile dell’attentato, scartando altre piste altrettanto plausibili come ad esempio quella iraniana, ma nessuno si è mai occupato di prendere in considerazione la richiesta dei familiari delle vittime dell’Amia, che più volte hanno sollecitato la nascita di un’agenzia indipendente. A difesa della presidenta è intervenuta anche la Red de Intelectuales, Artistas y Movimientos Socialed en defensa de la Humanidad, che ha denunciato l’attacco a Cristina Fernández de Kirchner come l’ennesima prova della persecuzione contro l’Argentina e la sua sovranità territoriale, iniziata con il caso dei fondi-avvoltoio nel segno dell’offensiva di Washington contro i governi progressisti latinoamericani. Non solo: la Red si spinge oltre, ed evidenzia anche i legami di Nisman con la Cia e il Mossad non certo per giustificare l’omicidio del giudice, ma per far capire quanto complessa sia la questione e troppo facili (e generiche) le accuse alla presidenta da parte di un’opinione pubblica manipolata. A questo proposito, Página/12 segnala che l’ex direttore dell’intelligence Stiuso aveva un agente che lavorava in Iran sotto copertura mai menzionato né dallo stesso capo dei servizi segreti né da Nisman. Assai significativa e condivisibile anche l’analisi di Gennaro Carotenuto, che oltre a definire Nisman come “un cadavere eccellente per le presidenziali in Argentina”, fa notare che Héctor Timerman è membro della comunità ebraica e figlio di Jacobo, giornalista di rilievo torturato dalla dittatura militare proprio in quanto di origine ebraica.

Anche questo dovrebbe rappresentare un indizio sufficiente per scagionare la presidenta e il ministro degli Esteri, ma ormai il meccanismo per gettare fango su entrambi è stato messo in moto e non sarà facile fermarlo.

(*) tratto da www.peacelink.it del 2 febbraio

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

3 commenti

  • Ecco un altro articolo che ho scritto per Peacelink sul caso Nisman:
    http://www.peacelink.it/latina/a/41325.html

    • Francesco Masala

      leggendo abbastanza libri gialli mi sembra banale che seguendo la pista terra terra del ‘cui prodest’ allora è stata la presidenta Cristina.
      al posto della presidenta Cristina avrei puntato su altre storie che delegittimassero Nisran, tipo Levinski, ma farlo uccidere e poi alzarsi la canea sarebbe stato stupido.
      e quella donna tutto mi sembra meno che stupida.
      quella gentaglia ha ‘sacrificato’ Nisram, in un gioco pericoloso, era una pedina utile per puntare alla Regina.

  • Riceviamo dal nostro amico Sabatino Annecchiarico, e pubblichiamo, il comunicato del Grupo de argentinos en Italia por la memoria, verdad y justicia in merito al caso Nisman e al tentativo di delegittimare la presidenta Cristina Kirchner.

    Appello alla stampa italiana
    Il Grupo de argentinos en Italia por la memoria, verdad y justicia vuole esprimere la propria
    preoccupazione per i tentativi di destabilizzazione che si ripetono in Argentina. Da quando alcuni
    gruppi di potere hanno capito che attraverso le urne sarebbero stati nuovamente sconfitti, si
    sono dedicati a creare instabilità economica, caos nelle istituzioni e frammentazione sociale.
    Chiediamo ai giornalisti e ai media italiani di non fomentare questo clima di delegittimazione.
    Ricalcare e fare l’eco ai grandi gruppi monopolistici che controllano l’informazione in Argentina
    significa anche ostacolare i processi in atto in America Latina e mettere a rischio la democrazia.
    Le vicende intorno al presunto suicidio del procuratore Alberto Nisman non dovrebbero
    trasformarsi in un’altra occasione per indebolire le istituzioni democratiche. La superficialità e l’
    inconsistenza degli argomenti con cui i media riferiscono i fatti non sono solo parole, possono
    recare un reale danno all’insieme della società argentina. Siamo consapevoli che molti paesi
    dell’America Latina sono bersagliati perché non seguono i dettami del razionalismo economico
    neoliberista. Ma siamo anche convinti che il processo di globalizzazione deve contribuire
    all’accettazione della diversità, più che all’imposizione di un modello unico. Invece questo
    “laboratorio latinoamericano”, che rifiuta le imposizioni dei mercati e della finanza internazionale,
    non è promosso come una nuova prospettiva per la costruzione di una società con più spazio per i
    diritti umani e sociali.
    Di recente il cadavere del procuratore generale Alberto Nisman è stato utilizzato come un arma
    politica. Da quando domenica 18 gennaio fu ritrovato nella sua abitazione con un colpo alla tempia
    i più potenti media argentini hanno seminato ombra su ombra per screditare la presidente Cristina
    Kirchner. Il procuratore, che accusava la presidente di voler insabbiare il processo per la bomba
    alla mutua israelitica AMIA, avvenuto a Buenos Aires nel lontano 1994, morì un giorno prima della
    presentazione della denuncia. La discussione sui fatti, cioè sulle accuse e le prove del procuratore
    sono passate a secondo piano, anzi non se ne parla proprio, anche perché si sono dimostrate
    confuse e prive di fondamenti.
    Destabilizzare
    Chi tenta in questo modo di rovesciare il corso della politica argentina non ha il consenso
    popolare. Tutti i sondaggi indicano che per i comizi nazionali che si terranno ad ottobre
    l’opposizione sarà nuovamente sconfitta. La Kirchner sarebbe stata riconfermata, ma dopo due
    mandati non si può presentare. Questi gruppi di potere non hanno il consenso ma dispongono di
    molti mezzi, la parola d’ordine è allora destabilizzare, seminare il caos per evitare l’inevitabile.
    Perfino una comitiva di procuratori ha indetto una manifestazione per il 18 febbraio per ricordare
    Nisman. Anche se la magistratura e tutte le prove della scientifica continuano a confermare che si
    sarebbe trattato di un suicidio, i procuratori manifestano contro “l’uccisione” di un loro collega.
    Purtroppo i tentativi di destabilizzazione non sono una novità per l’America Latina, tanto per fare
    un esempio, quando nel 1973 Salvador Allende è stato deposto dal generale Augusto Pinochet
    mancavano pochi mesi alle nuove elezioni e tutte le previsione assegnavano una contundente
    vittoria al presidente socialista.
    In ogni modo e al di là dell’accavallarsi delle versioni, in quest’ultima vicenda risulta chiara
    l’ingerenza di un intreccio tra servizi segreti argentini, israeliani e nordamericani. Da dietro le quinte l’intelligence ha manovrato alcuni soggetti, forse anche lo stesso procuratore Nisman,
    usandoli come pedine della geopolitica globale. La magistratura argentina è tradizionalmente
    molto legata ai servizi segreti locali. Su questo legame si cerca di fare luce in questi giorni. Il
    conflitto sociale non era mai arrivato in questi ultimi anni a disaggregare così tanto la società. È
    vero che il governo Kirchner è stato colpito da questa vicenda, ma superato il primo impatto la
    risposta è stata decisa: il giorno dopo la morte di Nisman ha reso pubblica la denuncia che
    avrebbe presentato, poi ha sciolto i servizi di sicurezza e proposto una loro radicale riforma, che è
    già in discussione in parlamento.
    Golpe
    Un duro golpe economico era stato inflitto all’Argentina quando una sentenza della magistratura
    degli Stati Uniti ha deciso che la rinegoziazione del debito, dopo il default del 2001, non era valida.
    Questo accordo sovrano era privo di valore perché il parere del giudice Thomas Griesa, secondo le
    norme finanziarie che guidano la globalizzazione, è più legittimo che la volontà di una nazione. Il
    golpe economico non è stato ancora risolto, ma l’onda mediatica che cavalcò gli interessi della
    lobby finanziaria generò panico nella società e sfiducia nei partner dell’Argentina.
    A gennaio del 2014 l’Argentina ha subito un altro golpe economico, un attacco speculativo sulla
    propria moneta. L’operazione voleva provocare la svalutazione del peso incoraggiando l’inflazione.
    Questa manovra si è aggiunta al boicottaggio dei produttori di cereali che hanno immagazzinato la
    produzione in attesa di un cambio col dollaro più favorevole.
    Nell’epoca della realtà virtuale forse non sono più necessari i carri armati per fare un colpo di
    Stato. Quando alla concentrazione economica si aggiunge quella mediatica l’assedio finisce per
    avere ragione. Oggi l’America Latina che non è allineata nel neoliberismo subisce questi attacchi.
    Non è facile frazionare i monopoli dei media, la scorsa settimana il gruppo Clarin, il più grande di
    America Latina, è stato beneficiato da nuove misure cautelari che rimandano l’applicazione della
    Ley de medios. La norma, approvata a larga maggioranza da entrambe le camere nel 2010,
    vorrebbe democratizzare l’informazione ma è ostacolata da un susseguirsi di sentenze.
    La morte di Nisman approfondisce una frattura sociale sempre più radicalizzata. O si sta a favore o
    contro il governo di Cristina Kirchner, come un tempo tra peronisti e antiperonisti, o pro o anti
    militari. In queste circostanze il ragionamento, quando c’è, è mosso dalla logica di appartenenza.
    Una logica ottusa che nella storia argentina ha lasciato migliaia di morti ed esuli, quei 30.000
    desaparecidos sono il risultato di questa cecità.
    Noi del Grupo de argentinos por la memoria, verdad y justicia, in quanto testimoni di questo
    processo, osserviamo che i media internazionali ed in particolare quelli italiani, scelgono di
    soffermarsi su aspetti collaterali senza rendere la realtà dei fatti. Questo atteggiamento può
    recare gravi danni all’Argentina, vogliamo perciò rivolgere un appello alla stampa italiana a
    lavorare insieme seriamente in difesa della democrazia e delle politiche di allargamento dei diritti
    umani e sociali che da anni porta avanti l’Argentina.
    Grupo de argentinos por la memoria, verdad y justicia
    Roma, 12/12/2015

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