Argentina: premiata la resistenza dell’hotel autogestito Bauen

di David Lifodi

L’esproprio dell’hotel Bauen di Buenos Aires è stato approvato dalla Camera dei deputati proprio all’ultimo tuffo: sarebbe bastato un ritardo, anche lieve, e il nuovo Parlamento a maggioranza macrista, da pochi mesi insediatosi alla guida del paese, probabilmente avrebbe mandato tutto a rotoli. Il presidente Mauricio Macri, in qualità di sindaco della capitale, era noto per le sue operazioni di pulizia sociale e il maquillage da conservatore rispettabile che gli ha permesso di conquistare la Casa Rosada non cancella il suo passato e la sua ossessione securitaria.

E invece i 130 soci della cooperativa hotelera ce l’hanno fatta, grazie anche al progetto di legge presentato dal deputato kirchnerista Carlos Hellere, del Frente para la Victoria, che ha potuto contare sull’appoggio del Frente de Izquierda de los Trabajadores (entrato per la prima volta in Parlamento) e di altri piccoli partiti di sinistra. La storia del Bauen, il cui acronimo sta per Buenos Aires Una Empresa Nacional, è stata costellata da numerose difficoltà nel corso dei dodici anni in cui i lavoratori si sono costituiti in una cooperativa sin patrones. Costruito nel 1978, in piena dittatura militare e pochi mesi prima di una delle edizioni più vergognose dei Mondiali di calcio, l’hotel Bauen era di proprietà dell’imprenditore Marcelo Iurcovich, molto vicino al regime. La sua costruzione fu finanziata grazie al prestito, mai restituito, del Banco Nacional de Desarrollo (Banade). Nel 2001 l’hotel passò nelle mani del gruppo economico Solari fino al default economico che, nel dicembre dello stesso anno, mise in crisi l’Argentina. Fu allora che il Bauen rappresentò uno dei più conosciuti esempi di autogestione dei lavoratori a seguito del corralito che gettò in ginocchio un intero paese. Era il 21 marzo 2003 quando alcune decine di lavoratori decisero di riaprire l’hotel e gestirlo autonomamente con l’appoggio del Movimiento Nacional de Empresas Recuperadas: mancavano gas, acqua luce e tutte le infrastrutture che ne permettessero la riapertura al pubblico, avvenuta soltanto a metà del 2004. Le minacce di sgombero, provenienti dai giudici (in particolare da Paula Hualde, intenzionata a trasferire l’edificio alla Mercoteles S. A.) su pressioni della famiglia Iurcovich, sono state costanti, ma, a 14 anni dal crack economico argentino, il Bauen fa parte, con orgoglio, di una delle duecento imprese recuperate del paese. Per quanto possa sembrare paradossale, la famiglia Iurcovich ha contestato il progetto di legge, definito come un tentativo di appropriazione indebita anche su alcuni giornalacci che hanno concesso un’inserzione a pagamento, ma in realtà era stata proprio la famiglia Iurcovich ad impossessarsene indebitamente quando aveva sfruttato il prestito mai restituito del Banade per costruire l’edificio. I 14 anni di autogestione del Bauen sono stati all’insegna dello slogan lucha, trabajo, cultura. Divenuto uno dei simboli del movimento delle imprese recuperate, il Bauen ha attraversato indenne numerose tempeste. La prima fu quando i lavoratori scoprirono che la proprietà non aveva mai versato loro i contributi. Furono anni durissimi, anche perché, rispetto ad altre imprese recuperate come la Zanon di Neuquén, dove lavorano circa tremila persone, il Bauen inizialmente non aveva più di 60 lavoratori, ma la consacrazione definitiva arrivò quando Hugo Chávez, nel 2005, decise di alloggiare nell’hotel insieme a sessanta bambini della filarmonica Simón Bolivar. Grazie al pagamento anticipato dell’alloggio i lavoratori riuscirono ad effettuare miglioramenti ai tre piani dell’hotel, ad installare internet e le linee telefoniche. Tuttavia le difficoltà non erano terminate. Durante le presidenze di Néstor Kirchner e Cristina Fernández, nonostante siano state approvate leggi favorevoli ai lavoratori delle imprese recuperate, tra cui la Ley de Quiebras, che permetteva ai lavoratori di acquistare i macchinari necessari per rimettere in moto le imprese grazie ai crediti derivanti dai debiti contratti dai padroni per salari e indennizzi non pagati, sono sorti molti ostacoli di carattere burocratico. Ad esempio, i lavoratori occupati nelle imprese recuperate non erano riconosciuti in alcuna categoria e questo ha causato grosse difficoltà al momento in cui hanno cercato di accedere ai crediti ad interessi ragionevoli. Nel corso degli anni il Bauen, inizialmente lontano dal concetto di lotta classe fin dall’inizio rivendicato da molte imprese recuperate, è divenuto un luogo dedicato non soltanto all’accoglienza dei turisti, ma anche uno spazio aperto ad iniziative di solidarietà. Il motto del Movimiento Nacional de Empresas Recuperadas, ocupar, resistir y producir, mutuato dai brasiliani del Movimento Sem Terra, è arrivato anche all’hotel Bauen.

Di certo la famiglia Iurcovich, nel frattempo divenuta proprietaria della società Mercoteles, non si arrenderà facilmente e proseguirà la sua lotta contro i lavoratori del Bauen, i quali possono però contare sull’insolvenza dei padroni dell’hotel verso lo stato. A meno che il solito Macri, già desideroso di mandare a monte tutte le conquiste sociali dell’era kirchnerista, non ci metta lo zampino.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *