Argentina: Santiago Maldonado è il secondo desaparecido dal ritorno in democrazia

Il giovane è stato visto per l’ultima volta il 1 agosto, durante una manifestazione dei mapuche attaccata con violenza dalla polizia. Dopo la scomparsa di Julio López un nuovo caso scuote il paese

di David Lifodi

Dal 1 agosto Santiago Maldonado è desaparecido. Il ragazzo argentino, di 28 anni, è stato avvistato, per l’ultima volta, durante una manifestazione della comunità mapuche Pu Lof nella provincia di Chubut (dipartimento di Cushamen), repressa con violenza dalla polizia. Da allora, come ha evidenziato il Comitato contro le sparizioni forzate dell’Onu, il giovane è desaparecido. Per la scomparsa di Maldonado, attivista impegnato a sostenere la causa mapuche, il fratello Germán ha accusato lo Stato argentino: “Cercano di lavarsene le mani”, riporta il quotidiano Página12, chiedendo le dimissioni di Patricia Bullrich, la ministra della Sicurezza del presidente Mauricio Macri.

Dopo il caso di Julio López, Santiago Maldonado rischia di essere il secondo desaparecido dal ritorno dell’Argentina alla democrazia.  A percepire subito la gravità di quanto accaduto le Madres de la Plaza de Mayo. Nora Cortiñas, delle Madres – Linea Fundadora, ha invitato la ministra Patricia Bullrich a comunicare dov’è detenuto Santiago Maldonado e poi a dimettersi. La scomparsa di Maldonado si inserisce nella politica di repressione condotta da Macri e dal suo governo fin dal giorno del suo insediamento alla Casa Rosada e, come ha sottolineato Myriam Bregman, avvocata proprio di López nella causa contro il repressore Miguel Etchecolatz, nel paese rischia di diffondersi di nuovo l’idea, come negli anni della dittatura, che se qualcuno sparisce, o viene arrestato dalla polizia, evidentemente un ragione ci sarà. Molto scossa anche un’altra storica leader delle Madres de la Plaza de Mayo, Hebe de Bonafini, la quale come le altre madri e nonne sa bene cosa si prova nel veder sparire un familiare.

L’opposizione ha già chiesto che la ministra Bullrich risponda al più presto  di fronte al paese sia per quanto riguarda lo sgombero violento operato dalla polizia contro la comunità mapuche sia per la scomparsa di Santiago Maldonado. Una risposta urgente da parte dello Stato argentino è stata sollecitata anche dall’Onu, che ha chiesto al Centro de Estudios Legales y Sociales di verificare se la Casa Rosada abbia violato la Convenzione internazionale per la protezione delle persone contro la sparizione forzata. Di fronte al Congresso, nel frattempo, si è tenuta  una partecipata manifestazione in cui la ministra Bullrich è stata definita come “bugiarda”. Impossibile, in effetti, che non ne sappia niente, come ha dichiarato a proposito del caso Maldonado. Tra l’altro, un’affermazione del genere fa venire i brividi perché è la stessa che fornivano i militari ai familiari dei desaparecidos costretti a recarsi nelle caserme per chiedere notizie dei loro parenti dopo il colpo di stato del 24 marzo 1976, quando la Casa Rosada fu occupata dal triumvirato Videla-Massera-Agosti. Eppure, dal ministero, Patricia Bullrich insiste non solo nel dire che non c’è alcun documento che testimonia l’eventuale detenzione del ragazzo, ma addirittura si spinge oltre, accusando i mapuche per la loro mancanza di collaborazione. “I dreadlocks non sono un’arma, una barba non rappresenta una munizione e mio fratello non è un terrorista”, ha ribadito Germán Maldonado parlando di Santiago, che sosteneva la causa delle comunità mapuche e le loro battaglie per la terra.

L’Argentina sta attraversando uno dei momenti più bui della sua storia sotto la presidenza Macri. Dopo Milagro Sala, la prima prigioniera politica del suo mandato, adesso è la volta del primo desaparecido, frutto anche dello sfacciato negazionismo del presidente e degli uomini del suo governo, che hanno sempre minimizzato, senza alcuna vergogna, il dramma dei 30mila scomparsi all’epoca del regime militare. Non solo Macri vuol cancellare la memoria dei desaparecidos, ma lo scopo del suo governo è quello di far capire agli argentini che tutto ciò potrebbe ripetersi di nuovo.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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