Astralgia, palazzi di cristallo, papa «marziano» e altro

SOMMARIO: 1) «I pianeti impossibili» di Riccardo Dal Ferro; 2) Amate scacchi e fumetti? Correte in edicola; 3) In arrivo; 4) gli alieni battezzabili.

1.

Sul blog ieri mattina titolavo «E se Merate fosse il centro del mondo?». Forse questa pre-recensione si potrebbe intitolare «E se Schio fosse il centro della galassia?». Ma intanto: cos’è una pre-recensione? Sono chiacchiere su un libro che non è ancora pubblicato. Passando a Schio ho incontrato – per la prima volta in vita mia – Riccardo Dal Ferro. Mi ha allungato una copia del suo «I pianeti impossibili» (bel titolo) con un meno, mi pare, convincente sottotitolo «ovvero un improbabile viaggio verso i confini della mente, e ritorno». Nulla sapevo di Dal Ferro (beh, ha l’aria giovane ma potrebbe anche essere un amico di Dorian Gray) e del romanzo (credo partecipi a un concorso per inediti, poi si vedrà). Fra un treno e l’altro ho letto il libro. Al primo vagone fu interesse, a metà strada era già amore, all’ultima fermata (e a libro finito) ululavo «ancora, ne voglio altre 130 pagine».

Ha senso recensire un inedito? Beh, io lo faccio con l’augurio che presto sia pubblicato, se lo merita.

Il romanzo – o insieme di storie, se preferite – subito dichiara con onestà i suoi debiti e/o il suo albero genealogico: Borges e Lem ma soprattutto «Le città invisibili» di Italo Calvino. Niente scopiazzature però e “oserei” dire che Dal Ferro non sfigura … di fronte a tal trio. Tutti i pianeti che questo libro ha visitato erano invisibili, inesplorati, inimmaginabili o sinora mal raccontati, capiti a rovescio.

Le parole chiave del libro sono 8: desiderio, forze, luce, memoria, processi, sensi, supplizio, trapasso. La cornice è un «diario di bordo» ma anche qui ci sarà da sorprendersi spesso e da chiedersi se pittore e corniciaio siano figure distinte.

Molti pianeti dunque (37 a essere precisi). Esagera il titolo chiamandoli «impossibili?».

Vediamo.

Il pianeta Tamben «è l’unica cosa, in tutto l’universo che io abbia potuto chiamare amore». Su Redhia la genesi è eterna. Io non avrei mai immaginato guerre perenni come su Rakma né un (felice) pianeta dell’assoluta diversità come Qatre. Ho anche scoperto che a Subernia il succo dei limoni ha, fra le altre virtù, quella di consentire a certuni di «rivivere i momenti del passato» e se mi capita un “last minute” ci farò un salto volentieri. I pianeti gemelli (e opposti) Etis e Tan sono finalmente diventati visibili, sia pure per un solo attimo, ai miei occhi.

Invece nel visitare Ostecya che «conserva memoria dell’avvenire» (un po’ come certa fantascienza) ho avuto la quasi certezza di aver già vissuto in luoghi dove «ricordarci del futuro è un compito arduo per tutti e il passato è comunque una delle cose più imprevedibili che possiamo incontrare».

Naturalmente ho sospettato che fra i pianeti impossibili di Dal Ferro almeno uno fosse la Terra, mascherata o metaforizzata: il mio candidato numero uno resta Miranda ma anche Ataras e Gaudya mi suonano loffi, probabilmente sto andando fuori strada e si sa… ognuno ha la sua Terra. Del resto: «ciò che viene immaginato è più reale di ciò che appare in verità».

Vagabondando fra le pagine di Dal Ferro ho intravisto «un cucciolo di trapezio», una mela addormentata colpita da Newton sottosopra, il tempo «raffermo», una «eclissi di buio».

Ho persino preso un po’ di appunti per litigare con me stesso.

«Quale sia la sofferenza più grande, se conservare il ricordo potendo immaginare un futuro o se dimenticare ogni cosa perdendo di volta in volta l’avvenire del costruire insieme, solo gli dèi lo sanno. O forse no…». Le civiltà dei «ricordanti» esistono già (come a Pormide) o dobbiamo crearle noi? Altra questione squassante: «che in tutto l’universo non sia possibile trovare una giusta via di mezzo fra la passione distruttiva e l’infelicità dell’atarassia?». Almeno la poesia-emblema del pianeta Hertel va citata: «Di ogni libertà fare prigione. Di ogni prigione fare evasione. Di ogni evasione fare libertà. Poi ricominciare daccapo».

Nel diario di bordo ho incontrato nuove forme di «tirannia degli oggetti». Ma soprattutto ho ri-conosciuto l’«astralgia» ovvero «la nostalgia dei luoghi mai vissuti»: deve essere infettiva e progressiva, ne soffro sempre più.

2.

In questa parte dell’universo è martedì 12 maggio. Se anche da voi è così avete ancora due giorni per recuperare in edicola «Scacco alla regina». E’ un fumetto della Sergio Bonelli, serie «Storie»: 114 pagine per 3,50 euri. Soggetto e sceneggiatura di Giovanni Di Gregorio, disegni di Alessia Fattore e Mauro Di Vincenzo. Non proprio fantascienza ma diciamo che a usare l’etichetta Steampunk non si sbaglierebbe granché. Le prime parole e il disegno d’apertura ci portano a Londra, il 1 maggio 1851, alla «Great Exposition» che «ospita più di 100 mila opere dell’ingegno umano». Della trama nulla dirò salvo che è un meccanismo perfetto. Al centro una sanguinosa partita a scacchi, all’interno della Grande Esposizione, che potrebbe decidere il futuro della Gran Bretagna. La nota iniziale rimanda al romanzo «La scacchiera» di John Brunner (molto bello ma in Italia non viene ristampato da 45 anni: un crimine) che era basato, mossa su mossa, su una celebre partita del 1892. In questo caso Di Gregorio si ispira al leggendario incontro – proprio a Londra, il 21 giugno 1851 – fra Adolf Anderssen e Lionel Kieseritzky.

Se vi assale qualche dubbio sulla veridicità della «Grande Esposizione» confermo che l’evento è reale. Segnò un passaggio decisivo dalle contraddizioni del mondo dove solo Vittoria regna (frase che potete leggere anche senza maiuscola) ai “prodigi” della scienza moderna: come raccontava Carlo Pagetti introducendo «Il palazzo di cristallo» (sottotitolo: «l’immaginario scientifico nell’epoca vittoriana») ovvero un’antologia del 1991 – 416 pagine, pubblicata negli Oscar – con testi di Mary Shelley, H. G. Wells, Conan Doyle, Charles Hinton fra gli altri ma anche di Rudyard Kipling e Jerome K. Jerome che di primo acchitto penseremmo lontani dal “romanzo scientifico”.

Perché vi avviso solo due giorni prima che il fumetto sparisca dalle edicole? Ho 3 risposte. A) Io pure l’ho visto tardi; B) Non mi confondete con il mio omonimo, il “fumettaro” è lui; C) Ma che devo fare tutto io?

3.

La bella scoperta di «I pianeti impossibili» e altre corse (ehi Bolt, prima o poi ti acchiappo) mi hanno un po’ distratto dalle letture martediane/marziane. A esempio l’ultimo Urania, ovvero «Un mondo per gli artefici» di Charles Sheffield: ve ne dò conto fra 7 giorni, per ora (un terzo circa) mi piace senza entusiasmarmi. Poi mi è giunto «Terra promessa» ovvero «10 racconti di fanta-decrescita»: sembra ghiotto, appena posso mi ci butto. E ancora – tenetevi forte – è uscito un saggio sulla fantascienza araba. Infine mi hanno consigliato di leggere una “vecchia” distopia: «Kallocaina» di Karin Boye; mi suonava bene così son corso in biblioteca e l’ho pure trovato per poi scoprire che nella mia libreria (settore fantascienza europea) c’era, ben nascosto. Pant-pant, lo riporto in biblioteca. Poi torno a correre: ormai sono a pochi chilometri da Bolt.

4.

Vedo che oggi il signor Bergoglio (papa Francesco per chi ci crede) ha fatto un discorsetto interessante per il martedì del blog: «Se domani venisse una spedizione di marziani e alcuni di loro venissero da noi, verdi, con quel naso lungo e le orecchie grandi come vengono dipinti dai bambini, e uno di loro dicesse “voglio il battesimo”, cosa accadrebbe?». Poi – da bravo comunicatore qual è – ha aggiunto: «Chi siamo noi per chiudere le porte? Lo Spirito Santo è quello che fa andare la Chiesa, sempre più, oltre i limiti, più avanti». Anche su Marte dunque, porte aperte. In effetti di fantascienza “teologica” ce n’è assai; e io ne ho ragionato più volte (di recente in «Quando c’era il futuro», se consentite anche a me di fare il bravo imbonitore). Se dalle parti del Vaticano vogliono un riassunto… sono disponibile. Non però parlando dal “balcone”, che mi fa un certo non so che.

Redazione
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5 commenti

  • Mamma mia, Daniele, grazie. Non saprei da dove partire per imbarazzarmi di questa pre-recensione. Incrociamo le dita per i pianeti e attendiamo speranzosi una pubblicazione! 🙂
    Ti abbraccio!

    • Db ha imbarazzato anche me, che pure non ho nulla a che vedere con l’autore. Dopo un pre-recensone simile non rimane che il suicidio, per poter produrre fuochi d’artificio di maggiore interesse. DOPO o si sale all’altezza di Van Vogt o Dante, o non si può che restare diminuiti.
      Se l’autore ha una copia elettronica da inviarmi prometto che comprerò il libro, non appena sarà pubblicato.

      • caro Miglieruolo, sarei molto felice di mandarti una copia de “i pianeti impossibili”, ma mi serve un recapito mail!

        • Carissimo rickdufer, meglio conosciuto come Riccardo Dal Ferro, non so che dirti. Evidentemente, a mia insaputa, mi reputavo abbastanza famoso da non avere bisogno di fornire indirizzi; che cioè bastasse scrivere da qualche parte “a Miglieruolo” e immancabilmente la posta sarebbe arrivava. Ora che la mia vanità ha ricevuto il giusto colpo mortale, passo a fornirti l’indirizzo email:
          milland@libero.it
          E grazie.

  • L’ha ribloggato su Fucina Creativae ha commentato:
    La pre-recensione di Daniele Barbieri al romanzo ancora inedito “I pianeti impossibili”!

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