Aumenta la povertà nel Meridione e tra i minori

di Gianluca Cicinelli.

A seguire “Dove si va in vacanza quest’estate?” di Marco Arturi

Aggiorniamo grazie all’Istat i dati sulla povertà in Italia. Nel 2021 in povertà assoluta troviamo 5,6 milioni di persone e 1,9 milioni di famiglie. Il 9,4% degli italiani vive in povertà assoluta, una conferma del “record” toccato nel 2020, l’anno di maggior impatto della pandemia da covid. 1,4 milioni tra le persone in queste condizioni sono minori, il 14,2% del totale. Il dato di stabilità non deve però ingannare: l’incremento dell’1,7% nella spesa per consumi delle famiglie povere si scontra con un’inflazione arrivata all’1,9% nel 2021 (un dato che sappiamo già destinato ad aumentare di grandezza nel 2022, avendo i dati sull’inflazione di quest’anno sotto gli occhi). Se la compensazione dell’inflazione fosse stata in assoluta parità la cifra di persone e famiglia povere sarebbe scesa al 7% contro il 7,7 % attuale e quella degli individui all’8,8% contro il 9,4%.

La povertà assoluta resta più alta nel Sud d’Italia, con il 10% delle famiglie colpite contro la media nazionale del 7,7% e con un aumento dello 0,6% rispetto al 2020, mentre è leggermento sceso al Nord, dal 7,6 al 6,7%. Il 42,2% delle famiglie povere risiede nel Mezzogiorno, +3,6% rispetto al 2020, mentre nel settentrione la media si è abbassata dal 47% al 42,6%. Per quanto riguarda le singole persone il Nord registra una riduzione dal 9,3% all’8,2% mentre cresce al Sud dall’11,1% del 2020 al 12,1% del 2021 (13,2% al Sud). A determinare la ripresa del Nord sono in particolare le regioni del Nord Ovest dove l’economia sembra riprendere quota. La ripresa del Nord Ovest ha fatto sì che il numero di poveri sia ridiventato sostanzialmente simile tra nord e meridione, tornando ai livelli del 2019.

Lo studio dell’Istat ci racconta anche che a essere colpite più duramente sono le famiglie più numerose. La loro condizione ha subito un netto peggioramento tra il 2020 e il 2021. La povertà assoluta tocca, tra i circa due milioni di nuclei colpiti in totale, il 22,6 delle famiglie con cinque e più componenti, l’11,6% di quelle con quattro componenti, mentre quelle con tre componenti diminuiscono dall’8,5 al 7,1% e diminuiscono anche quelle con due componenti dal 5,7 al 5,0%). Questa rilevazione ci porta al problema forse più grave tra gli altri dovuti alla povertà, quella dei minori. I nuclei familiari in povertà con tre o più minori sono il 22,8% contro l’8,1% dei nuclei con un minore. Dai minori all’infanzia il passo è breve, con il 12,1% di famiglie in povertà assoluta dove sono presenti bambini. In totale troviamo 1 milione e 382 mila tra bambine e bambini in povertà assoluta, il 14,2% come media nazionale che raggiunge il 16,1% al Sud.

Due dati per concludere la sintesi del rapporto Istat. Per quanto riguarda gli anziani, la povertà è minore nelle famiglie in cui è presente almeno un anziano, il 5,5%, e del 3,6% per le coppie in cui almeno uno dei due sia in età da pensione. Infine gli stranieri, che passano dal 29,3% in povertà assoluta del 2020 al 32,4% del 2021, per un totale di un milione e seicentomila persone.

Una breve considerazione finale. Pochi giorni fa, mentre questi dati venivano resi pubblici, si è svolto un dibattito nel corso del Festival Internazionale dell’Economia di Torino tra Muhammad Yunus, bengalese, uno dei padri del microcredito, e il direttore di Repubblica Maurizio Molinari. Yunus, partendo dalla sua esperienza nell’est del mondo, tentava di spiegare che la povertà si poteva sconfiggere utilizzando tre binari: il denaro, tramite il microcredito, per poter avviare un’attività economica in proprio; la libertà di scegliere e quindi di poter inventarsi e condurre un’impresa; l’emancipazione delle donne come fattore di sviluppo sociale ed economico. Una ricetta assolutamente compatibile con un modello economico capitalista. Le obiezioni dell’esponente del gruppo Gedi riguardavano sostanzialmente l’inapplicabilità del microcredito in contesti occidentali, perchè da noi non sarebbe possibile un controllo sociale così forte come nelle aree geografiche da cui proviene Yunus, così forte per cui la mancata restituzione del credito venga considerata una minaccia verso l’intera società e come tale trattata anche giuridicamente. I più poveri, concludeva Molinari, comunque, anche se supportati dal microcredito, non potranno mai uscire tutti dalla trappola della povertà, intendendo come povertà la sussistenza. Libero di pensarla come vuole naturalmente, sta di fatto che identificare la povertà con la sussistenza è esattamente ciò che impedisce in un Paese come il nostro al 9,4% dei cittadini di avere un futuro.

Dove si va in vacanza quest’estate?

di Marco Arturi (ripreso da comune-info)

Tra pochi giorni arriveranno i dati ufficiali dell’Istat sulla povertà assoluta in Italia. Vi anticipo le stime preliminari in due cifre: si parla del 7,5 per cento delle famiglie, per cinque milioni seicentomila persone in totale. Che tradotto nella lingua degli ignoranti come me significa una persona su dieci. Ma questi sono solo numeri, non ci dicono cosa significhi davvero vivere sotto la soglia di povertà assoluta; cosa che forse molti di noi avrebbero bisogno di capire, sempre se avanza il tempo tra una prenotazione aerea e una cena al ristorante.

La povertà assoluta è una buca delle lettere piena da scoppiare perché chi ha più il fegato per guardarla, è uno che sta in casa ma non risponde al citofono, è un calendario appeso al muro scrostato intasato di appunti indecifrabili che guardi in continuazione sperando che i giorni della tua vita passino in fretta. È una nottata insonne seguita da un risveglio da incubo; è una domenica torrida e noiosa passata in un posto dove non c’è un cane per strada, è un gelato non comprato perché fa male alla pancia, è una macchina con la targa che comincia per DD che non può circolare nei giorni dei blocchi ecologici. È una multa raddoppiata  perché chi cazzo aveva i soldi per pagarla e poi pensavo sarebbe andata meglio e invece, è i libri di tuo figlio tutti strappati e sottolineati perché li hai presi al Libraccio che chi aveva 400 euro da spenderci. È quando a scuola chiamano tuo figlio per dirgli che tu non sei in ordine coi pagamenti, è quando compri merda sapendo di comprare merda all’hard discount poi vai sul social e leggi le reprimende di quelli con la pancia piena che dicono che le cose costano troppo poco e che bisognerebbe comprare a chilometro zero. È uno sguardo basso di fronte a un capo che ti rimprovera di fronte ai passanti. È una camicia col collo liso, è una scarpa con la suola consumata, è i denti che mancano in bocca.

È molte altre cose ancora, come la solitudine e l’isolamento: perché in questo paese, anzi nella testa della gente di questo paese, la povertà è una colpa, un peccato da espiare, un’onta da risciacquare, un reato. Chi è povero in qualche modo – pigrizia, incapacità, ignoranza – se l’è meritata, quindi non rompesse troppo: non pretendesse aiuti da noi che lavoriamo duro e paghiamo le tasse, non si aspettasse nessun bonus che quelli servono a chi i soldi li ha già. Il cash chiama il cash e hai poco da citare i Clash, che qui siamo nella vita reale e se non ce l’hai fatta è un problema tuo.

Ecco perché nessuna prima pagina, vi anticipo anche questo, per il 9,4% di persone che in questo paese stanno sotto la soglia della disperazione: perché non ce ne frega niente. Abbiamo cose più importanti a cui badare, dalla guerra (che a qualcuno torna molto utile) a Dybala all’Inter passando per i prezzi degli ombrelloni. E a cinque referendum sulla giustizia (che nessuno andrà a votare) che non hanno niente a che vedere con la giustizia vera, che sarebbe anzitutto non lasciare solo chi è rimasto indietro.

L’importante è fingere di non vederlo, quell’uno su dieci che non ce l’ha fatta, altro che cercare di dargli una mano o pretendere che chi dovrebbe farlo lo faccia: e poi magari è povero anche perché non è stato disposto a diventare un servo come noi. E fingere di non sapere che essere povero può anche significare arrivare a pensare che la vita non valga la pena di essere vissuta. Ma questo è meglio non raccontarcelo che ci si guastano i pensieri, anzi volevo giusto chiedervi: dove si va in vacanza quest’estate?

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ciuoti

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