Ausl Bologna: trasparente come il buio

di Vito Totire (*)

Pandemia, trasparenza, ergonomia: imparare dall’Africa e dai tempi della peste. Ed evitiamo le assoluzioni preventive “giornalistiche”…

Una pandemia è un evento grave e luttuoso per l’umanità. Nella gestione dell’impatto sociale, sanitario e psicologico occorre garantire il massimo di trasparenza e di ergonomia. Nella pandemia in corso si poteva e doveva fare di meglio.

  1. TRASPARENZA: ci focalizziamo su quanto è successo nel carcere di Bologna; abbiamo più volte chiesto i dati sulla situazione epidemiologica nel carcere, notificando la nostra istanza di accesso ai dati anche alla Prefettura: nessuna risposta; nonostante che abbiamo argomentato un interesse generale sulla questione ma anche un interesse specifico come estensori di due esposti alla Procura della Repubblica relativi al decesso di due persone detenute; abbiamo potuto contare solo su dati confusi, contraddittori, “socializzati” da alcuni organi di informazione e desunti da fonti ignote. Ora apprendiamo dalla rivista “Internazionale” i dati sulle carceri nordafricane; in questo caso la fonte è la rivista Jeune Afrique : «allarme generale nella prigione di Ouarzazate: tutti i detenuti e le guardie hanno dovuto sottoporsi al test per il covid19 perché nel giro di 24 ore sono stati confermati 186 contagi»; altri focolai d’infezione sono state le carceri di Marrakesh e Ksar el Kebir; dunque la trasparenza su dati epidemiologici è maggiore in Nord Africa che a Bologna dove la Ausl, non solo non risponde alla richiesta di dati (fondamentali per ricostruire la dinamica del contagio e le eventuali responsabilità penali in materia di omissione delle misure di prevenzione) ma NON RISPONDENE NEPPURE ALLA RICHIESTA DEL SECONDO RAPPORTO SEMESTRALE 2019 SULLE CARCERI, AVANZATA – VIA PEC – IL 2 GENNAIO 2020. Qualcuno dice degli africani, “aiutiamoli a casa loro”; ma forse è il caso di farci aiutare a casa nostra.
  2. SOVRAFFOLLLAMENTO: la fonte è sempre la rivista «Internazionale»; in Marocco con l’inizio della emergenza sono stati graziati 5654 detenuti su circa 80.000 ma le prigioni restano sovraffollate; situazione simile in Algeria dove sono state liberate 5mila persone su 60.000; queste decisioni però sono giudicate insufficienti dalla associazioni locali per i diritti umani. Cercando sui libri di storia constatiamo che, in tempi di peste, la decarcerizzazione è sempre stato un rimedio considerato e praticato come ragionevole; probabilmente – durante le pestilenze – è stato gestito con minori polemiche e minori errori di quanto sia successo oggi in Italia dove i fatti hanno determinato le dimissioni del dirigente del DAP Francesco Basentini … benché questi meritasse di andar via anche prima; tuttavia sia prima che oggi il suo dimissionamento avrebbe avuto e ha il senso del mero “capro espiatorio” in quanto questo diligente funzionario è stato semplicemente l’interprete della “non politica” in tema carcerario dell’attuale governo (paralisi causata dal contrasto fra la ipotetica linea di Orlando del PD e quella giustizialista-pressappochista dei 5 stelle). In questi mesi di clausura andando a ripescare libri letti in fretta oppure non del tutto memorizzati siamo tornari sulle cronache della peste del 1656: «terribile e funesta fu la pestilenza che afflisse tutta l’Italia nel 1656…le nobili donne rifiutavano i servizi delle cameriere e i sacerdoti non volevano essere vestiti dei sacri paramenti da alcuna persona; si murarono i magazzini dei mercanti , e furono aperte le carceri ai lievi delinquenti”» (in La Sorsa-Petroni). E’ difficile tradurre nella nosografia giuridica odierna la categoria dei «lievi delinquenti» ma, a occhio – includendo i reati connessi alla condizione di consumatore di stupefacenti e le pene da scontare inferiori ai due anni – usare quel parametro del 1656 avrebbe significato svuotare le carceri di 2/3, come ha fatto l’Olanda, senza aspettare la pandemia attuale.

Su tutto aleggia il dubbio: anche questa sciagurata pandemia passerà senza insegnare nulla ai decisori politici ?

Aspettiamo i dati dalla Ausl e intanto invitiamo il Procuratore generale di Bologna a evitare di esternare “assoluzioni preventive” e premature di cui è prodigo forse prima ancora di conoscere compiutamente i fatti. Sono stati aperti 30 fascicoli: prima di “chiuderli”… bisogna parlarne.

(*) Vito Totire è portavoce della Rete per l’ecologia sociale

NELLA FOTO – scelta dalla “bottega” – l’ufficio stampa della Asl di Bologna al lavoro

 

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