Austerlitz e teschi

Winfrid Georg Sebald e Robert Silverberg recensiti da franz (*)   

«Il libro dei teschi» di Robert Silverberg

Inizia come una gita di quattro ragazzi e finisce in dramma,  in un crescendo di un grande scrittore.

Passa per essere un libro di fantascienza ed è la riprova che le classificazioni sono inutili e fuorvianti. È solo un gran bel romanzo, che tiene ben svegli fino all’ultima pagina.

Non ve ne pentirete, promesso.

 

«Austerlitz» di Winfrid Georg Sebald

ho iniziato a leggerlo qualche mese fa, ma non riuscivo ad entrare nella storia, ho lasciato perdere.

ho riprovato da poco, e superata la prima parte, che ti porta in giro, ma non sai dove, è venuto il bello.

bisogna fidarsi.

la storia è una ricerca delle origini, delle radici, quelle vere.

e scopri tutto dalle parole di Jacques Austerlitz, e “vedi” Praga, Terezin, Parigi.

un libro emozionante e coinvolgente.

vogliatevi bene, leggetelo, anche se vi farà soffrire   

(*) così si presenta franz (rigorosamente minuscolo): «Ah, i libri! Sono bottiglie lanciate in mare, come nei film di pirati, i migliori sono mappe del tesoro, solo bisogna saper leggere quello che qualcuno, che non ci conosceva, ci ha donato. Credo davvero che quanto più s’allarga la nostra conoscenza dei buoni libri tanto più si restringe la cerchia degli esseri umani la cui compagnia ci è gradita. Noi siamo come nani sulle spalle di giganti e la lettura di tutti i buoni libri è come una conversazione con gli uomini migliori dei secoli andati. Una cosa è necessaria: non leggete come fanno i bambini per divertirvi o, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere. Risponde qualcuno alla domanda sugli scrittori del momento: “Non so niente della letteratura di oggi, da tempo gli scrittori miei contemporanei sono i greci”. I libri non si scrivono sotto i riflettori e in allegre brigate, ciascun libro è un’immagine di solitudine, un oggetto concreto che si può prendere, riporre, aprire e chiudere e le sue parole rappresentano molti mesi, se non anni, della solitudine di un uomo, sicché a ogni parola che leggiamo in un libro potremmo dire che siamo di fronte a una particella di quella solitudine. Un libro è uno specchio. Se ci si guarda una scimmia, quella che compare non è evidentemente l’immagine di un apostolo.

PS: mi hanno aiutato con le loro parole (in ordine sparso): Paul Auster, Georg Lichtenberg, Bernardo di Chartres, Gustave Flaubert, Ludwig Feuerbach, Francesco Masala, JL Borges, René Descartes. Grazie a tutti – franz».

Redazione
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Un commento

  • l’autore mi scrive «qui avevo sbagliato, Winfrid è Winfried, manca una e, puoi correggerlo?»
    lo faccio
    e contestualmente licenzio Severo De Pignolis (è il tipo che ospito sotto una delle mie ascelle e che dovrebbe controllare errori e refusi)

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