Banville, Dalla Vecchia, De Giovanni, Genisi, Läckberg, Maralfa e…

… Robecchi

7 recensioni (giallo-noir) di Valerio Calzolaio

Gabriella Genisi

«La regola di Santa Croce»

Rizzoli

248 pagine, 16 euro

Lecce, Salento. Primo novembre 2019. La bella fiera carabiniera maresciallo Francesca Chicca Lopez, madre sparita, padre noto e assente (non l’aveva riconosciuta), nata a Leuca e ormai uno scricciolo 29enne, ha finalmente rotto con la sua storica manesca compagna Flavia ed è tampinata da un maschio riccioluto, il giovane aitante geometra griko Carmine Scorrano, che la chiama di continuo mentre lei è solitaria in ferie e prova a dipingere, leggere e rilassarsi nella casa dei pescatori che ha affittato a Porto Badisco (il luogo antico dove era approdato Enea). All’alba del giorno dopo, se lo trova a cantarle una dolce serenata accompagnato dalla fisarmonica; torna comunque a dormire; due ore dopo Carmine è ancora lì, lei gli offre un caffè, gli spiega che le “piacciono le femmine” e poi accetta con affetto l’invito a visitare una particolare bellezza di Lecce. Lui è titolare di una piccola impresa e ha ottenuto il subappalto per rinforzare la struttura della magnifica basilica di Santa Croce e restaurare alcune parti in pietra leccese. Entrano soli, non c’è nessuno, con caschetto e giubbino prendono un montacarichi, si avventurano fra ponteggi: i decori sono a portata di mano, statue putti telamoni cornucopie rosoni allegorie, meraviglie. Chicca si mette a fotografare ogni fregio. Alla fine, rifiuta il bacio e si fa riportare all’amata sgarrupata casetta. Quando torna al lavoro, il nuovo colonnello Manin, considerandola problematica (dopo le ripetute bizze nel caso della “Pizzica nera”), le comunica il trasferimento dal Nucleo Operativo all’Informatico, che ha una delega speciale alla Tutela dei Beni Culturali e del Paesaggio. Sull’attenti! Torna inferocita, cerca di distrarsi, si mette a guardare le foto della basilica e, per caso, scopre un’incisione che non dovrebbe esserci, uno sfregio: tra le mani di un Santo c’è un libro di pietra, la Regola di San Benedetto, ove qualcuno ha inciso con un punteruolo tre nomi e una cifra: Eva, Renzo, Cesare, 499. Si apre un caso. E si allarga. Non è facile ricostruire chi erano e, comunque, sono tutti e tre scomparsi da decenni. Eva chiede permesso, gira con la sua moto Bonneville e si butta a capofitto nell’indagine.

La brava scrittrice Gabriella Genisi (Mola di Bari, 1965) corroborata dal meritato successo televisivo della sua mitica friccicosa barese Lolita Lobosco (otto romanzi dal 2010 al 2020, interpretata su Rai Uno da Luisa Ranieri) ripresenta la nuova protagonista salentina in grande spolvero, con il secondo ottimo noir della serie (il primo nel 2019). Il titolo richiama i beni culturali e artistici cruciali nella storia, occasione per narrare tante delizie di quei luoghi, una guida pure agli spettacolari anfratti meno conosciuti. La narrazione è in terza non proprio fissa ma quasi, concentrata sulla volitiva Chicca, che indaga sempre anche sulle proprie sensibilità emotive: due figure genitoriali che le sono venute a mancare, una ex compagna che l’avvinghiava in un rapporto subalterno e morboso, una sessualità gender fluid, affettuose amicizie sincere da coltivare e consolidare, un forte desiderio di realizzarsi sul proprio lavoro di sbirra, un legame viscerale con i magnifici ecosistemi umani del salentino. Molto si sta affinando, lei è determinata. Questa volta deve tornare a oltre vent’anni prima, agli intensi legami adolescenziali dell’ultimo decennio del secolo scorso; lo fa con garbo e rispetto, per quanto fosse già allora una vicenda criminale, pure di contrabbandi e Sacra Corona Unita. Fra passato e presente, la vicenda si dipana in oltre quindici capitoli che hanno denominazioni tratte dai versi del grande poeta Girolamo Comi (1890-1968), letto e amato grazie all’esperta radicata Michela Santoro, divenuta personaggio della serie e già amica dell’autrice, in quanto titolare della Libreria Idrusa di Alessano. Segnalo Nardò e Renata Fonte, a pag. 170. Si beve di tutto di più, andranno assaggiati sia vari liquori del Monastero di Santa Maria della Consolazione, sia il cocktail “il mare in un bicchiere” al Glenda’s bar (ricetta a pag. 244). Beddhra ci dormi è la serenata, invischiati nel mal di Salento.

Aldo Dalla Vecchia

«Le avventure di Amerigo Asnicar»

Graphe editore

96 pagine per 11,90 euro

Milano. 2007-2015. Amerigo Asnicar è un autore televisivo e giornalista, di origine venete (nato verso il Sessantotto) milanese da inizio anni Novanta, protagonista o testimone di avventure legate al mondo dello spettacolo nazional-popolare, che coinvolgono personalità contemporanee. Aldo Dalla Vecchia (Vicenza, 1968) è un autore televisivo e giornalista, che ha curato programmi ben noti ai telespettatori, collaborato con quotidiani e riviste, scritto saggi su Mina e Franca Valeri, oltre che romanzi e racconti. Raccoglie qui sei recenti godibili racconti gialli, veloci storie classiche di intrighi, rielaborati per l’inizio effettivo della serie. Si parte dall’omicidio del truccatore e cantautore Rosario Russo, sessantacinque anni ufficiali (forse dieci in più), ciuffo e colori alla Malgioglio (di cui troveremo una canzone inedita); l’amico e collega del Corsera Paolo Mosca (che spesso ritorna) chiama Amerigo che narra tutto in allegra prima persona: “Le avventure di Amerigo Asnicar”.

 

Alessandro Robecchi

«Flora»

Sellerio

368 pagine, 15 euro

Milano. Luglio 2021. Katia Sironi è l’agente di Carlo Monterossi. Lei ha un aspetto monumentale ed è padrona delle clausole, dei contratti, delle percentuali, delle scartoffie che hanno consentito a lui, autore chic e creatore del seguitissimo vergognoso programma televisivo Crazy Love, di godere dei sostanziosi diritti senza più prostrarsi alla corte della Grande Fabbrica della Merda, la Tivù Commerciale. A tarda sera del 7 luglio lei lo chiama e lo passa a prendere, li ha convocati nella sua splendida villa il dottor Calleri, l’inarrivabile padrone, il Dottore, l’Azionista, il capo indiscusso e indiscutibile, elitrasportato, invisibile, ultra-umano. Insieme al dottor Gatti, responsabile della sicurezza aziendale, fanno loro vedere su uno schermo gigantesco, il breve video durante il quale Sua Maestà Flora De Pisis, la famosissima amatissima conduttrice (otto milioni di fedeli spettatori ogni mercoledì) annuncia di essere stata rapita e che presto seguirà una richiesta di riscatto, produzione RDP. Carlo è la persona che meglio la conosce, inoltre è in contatto con l’Agenzia di investigazioni Sistemi Integrati diretta dal suo amico Oscar Falcone e dall’ex sovrintendente Agatina Cirrielli: Calleri vuol tenere tutto segreto e ha bisogno di un mediatore, impossibile dirgli di no. Carlo sveglia Bianca Ballesi, le è indispensabile sia in quanto produttrice del programma che in quanto compagna di vita. Guardano e riguardano il video, sembra una cosa professionale, che inevitabilmente deve coinvolgere uno studio vero, macchine buone, banco regia, insomma varie persone. E la stessa Flora appare affranta e disordinata ma pulita e non ostile. Dietro il crimine ci sono due personaggi sconosciuti e ordinati: Corrado Stranieri e Caterina Bassini, lui lo prepara da anni, lei lo aiuta operativamente da circa due. Le prime indagini non portano a niente. Poi arrivano due richieste mirabolanti: dieci milioni di euro e un’ora di emissione senza spot su tutte le reti della Tivù dalle ore 21 del 24 luglio. Poco dopo i rapitori stessi rendono pubblico il rapimento. Clamoroso!

Il giornalista (spesso argutamente radicale e satirico), autore televisivo (con Crozza dal 2007) e affermato scrittore Alessandro Robecchi (Milano, 1960) continua l’ottima serie metropolitana d’alta qualità, inventando ogni volta notevoli romanzi con differenti impasti culturali storici sociali, densi e appassionanti, emotivamente tesi e ben stesi, ormai sempre più ritmati con matura sapienza. Siamo all’ottava avventura della divertente raffinata epopea monterossiana (2014-2021) ma ogni romanzo costituisce una storia assestante, con accenti specifici sui vari protagonisti e comprimari, autonomi obiettivo letterario e ingegno artistico. La narrazione è in terza varia, ancor più “gialla” e ancor meno “noir” del solito: la doppia coppia dei “nostri” investigatori intorno a Carlo (citati solo una volta i mitici Ghezzi e Carella); la coppia di insoliti pacifici criminali e i loro complici; la stessa Flora dal rapimento in casa nella notte del 5 luglio, quand’era teoricamente in vacanza; personaggi del primo Novecento. Quel che conta sono proprio i tre piani temporali, non c’è solo un luglio lombardo dopo l’epidemia, raccontato al presente; scopriamo la storia precedente di Corrado (comunque si chiami davvero) e il percorso di contatto con Caterina per preparare l’evento con arte e scienza, raccontati all’imperfetto (o trapassato prossimo) e al presente; andiamo molto indietro nel tempo per incontrare i surrealisti in Francia e, in particolare, Robert Desnos (Parigi, 4 luglio 1900 – Terezín, 8 giugno 1945), poeta e resistente, la cui esuberante biografia emerge pian piano al passato imperfetto (orme dell’autore accanto a Stranieri). Un impasto ben riuscito che dà immediatezza e coinvolgimento a ognuno dei quarantadue capitoli. L’autore si e ci diverte rimembrando più volte i falsati casi strappalacrime di Crazy Love. Tutto il romanzo risulta inoltre una bella occasione per scoprire o ritrovare Desnos, Robecchi ce lo presenta in coma il giorno della morte dopo il mattatoio di Theresienstradt e prima del trasferimento delle ceneri a Montparnasse, per poi riscoprirlo attraverso decine di mirabili versi e passaggi surrealisti, dal 1920 con Louise Lame (Yvonne George) in rue des Pyramides alla ricca avventurosa esistenza militante e poetica, un tributo letterario (Desnos non è tutto tradotto in italiano). Oltre che varie strofe e innumerevoli battute, c’è pure un meraviglioso Dylan per ogni bisogno narrativo, e molto altro in sottofondo. Si beve spesso e bene, non solo whisky di costosa qualità, il Sauternes Réserve del 1951 può ingentilire eventuale raffinato foie gras.

John Banville

«Delitto d’inverno»

traduzione di Irene Abigail Piccinini

Guanda

334 pagine, 19 euro

Inverno 1957. Irlanda, contea di Wexford. Il corpo del prete cattolico Thomas Lawless ucciso è nella biblioteca di un’elegante dimora avita. Il padrone, colonnello Osborne, magro e coriaceo, vi introduce l’ispettore StJohn Strafford, appena arrivato da Dublino, figlio unico, giovanile 35enne allampanato e acuto, anche lui protestante, nella capitale è un’eccezione. Il morto è stato pugnalato ed evirato; eppure sembrava benvoluto da quelle parti, frequentava col suo cavallo anche le battute di caccia alla volpe organizzate dal colonnello. Strafford sente quelli di casa, colpito dalla bella figlia Lottie, e tanti altri mentre nevica e l’arcivescovo esercita pressioni per insabbiare. Sente odore di strano, sembra che tutti abbiano qualcosa da nascondere. La narrazione del pregevole colto giallo “Delitto d’inverno” del grande John Banville (Wexford, 1945) è in terza al passato sull’investigatore. Per capire avremo bisogno infine di un intermezzo nel 1947 e di una coda nel 1967.

 

Maurizio De Giovanni

«Gli occhi di Sara»

Rizzoli

334 pagine, 19 euro

Napoli. Ora e trent’anni fa (da marzo a novembre 1990). Sara Mora Morozzi, piccola bella invisibile, è all’ospedale in Oncologia pediatrica, il nipotino di due anni sta morendo, si alternano con la mamma Viola e il caro ispettore Davide. Dopo una lunga banale febbre, avevano fatto fare le analisi del sangue a Massimiliano, poi Tac, ecografie, risonanze, day hospital, fino alla diagnosi: un nefroblastoma violento e avanzato, un tumore di Wilms infiltrato, massa di dieci per sei, interessamento dei linfonodi paravertebrali, area di necrosi, infarti infratumorali; tutti hanno concluso sulla non operabilità e adesso è peggiorato; gli restano massimo due mesi di vita. Grazie alla sua ipersensività Sara intuisce l’esistenza di qualcuno in giro per l’Europa che pare operi simili casi disperati, ma non si sa proprio se davvero esista e, nel caso, come rintracciarlo. Forse c’è una traccia che risale a decenni prima e allora chiede aiuto agli amici colleghi di un tempo, l’avvenente Teresa Bionda Pandolfi, ancora in attività, il cieco pensionato Andrea Catapano: hanno archivi di carte e registrazioni da consultare. Eccoci nel 1990, anno della cosiddetta Pantera, subito dopo il crollo del muro di Berlino (periodo di forte valenza politica), a Napoli un gruppo di ragazzi romeni conviventi era coinvolto in un possibile clamoroso attentato in città, sconvolti dalla caduta del regime in patria. Sara, Teresa, Andrea lavoravano alla segreta unità di intercettazione e ascolto, l’unica indipendente struttura dei servizi italiani operativa al Sud, diretta dall’alto e massiccio Massimiliano Massi Tamburi, in uno stabile di periferia. Erano stati tutti coinvolti dalla vicenda, ognuno a suo modo segnato dagli avvenimenti, nessuno a conoscenza di tutti i retroscena e i seguiti. Riportarla a galla forse può significare il salvataggio della vita del bimbo, è una corsa contro il tempo indietro nel tempo. Vale la pena.

Consolida il successo la nuova fortunata serie di Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958), letteratura noir (finora un racconto lungo e quattro romanzi 2018-2021) che diventerà presto anche un’ulteriore serie televisiva. Sara risolve sempre insieme tristi intrighi e controversi dilemmi, sia antichi che contemporanei, ancora nella stessa città metropolitana del tifosissimo autore. Mora era una brillante graduata della Polizia di Stato, sposata con prole, prima di entrare nella sede napoletana dell’unità speciale che veglia sulla sicurezza nazionale (fra misteriosi rituali e codici oscuri) e di innamorarsi del bravo leale democratico Capo, Massimiliano, più vecchio di 23 anni, intensamente ricambiata (l’amore inizia dopo la vicenda di questo bel romanzo). Per lui aveva poi abbandonato un marito fedele e un pargolo piccolo, conducendo con fermezza e coerenza un’altra esistenza in coppia, nel lavoro e fuori, finché si era ammalato. Sara quindi aveva lasciato tutto, ritirata a invisibile vita privata per assisterlo. Da qualche anno sono morti prima Massi, 76enne, stroncato da una malattia incurabile, indi Giorgio, il figlio (abbandonato), in un misterioso incidente stradale. Lei ha ormai superato i 55 anni, si è nascosta da tutto e tutti, pur colta e vivace, riservata e sostanziosa, finché non ha scoperto il nipotino, la cui vita è sul filo del rasoio in questa avventura. La narrazione è più che altro in terza persona varia al passato, un poco su tutti i vari personaggi, in prevalenza su Sara e i suoi magnifici accorti occhi (da cui il titolo) che incrociano sempre altri significativi sguardi: occhioni azzurri con una sfumatura di verde, limpidi e chiari, ingannevoli e profondi, nascosti e dannati, due lune, due pezzi di vetro screziato, filo conduttore di tante esistenze. Chardonnay al bar per le due amiche. La magnifica dottoressa Ana era nata nei Carpazi e giustamente s’innamorò di lui che cantava M-am nascut intre Carpati, imitando la voce di una ragazza e facendola morire dal ridere.

Camilla Läckberg

«Il gioco della notte»

traduzione di Catia De Marco

Einaudi

114 pagine, 14 euro

Svezia, Stoccolma, Skurusundet, il lussuoso magnifico quartiere sullo stretto. L’ultimo dell’anno. Nel tardo pomeriggio Liv Andréasson scende dal taxi, attesa alla villa di Max. Subito dopo arrivano Anton e Martina Liska. I quattro ragazzi sono grandi amici, Max e Martina stanno insieme. Max ha due fratelli minori, Truls e Sara, e un fratello maggiore, Johan che otto anni prima è divenuto bancario a Londra non sopportando più il padre manesco. Martina ha una sorellina, Adrienne, più piccola di quasi dieci anni. Anton e Liv vivono un po’ nella loro ombra, lei è stata violentata quattro anni prima, lui conosce il fallimento finanziario dei suoi. I rispettivi genitori partecipano alla sontuosa festa nella villa accanto, che appartiene alla famiglia di Anton. Gli altri compagni di classe sono tutti a una grande festa, i quattro hanno voluto stare da soli, si conoscono dalla materna, scuole sport vacanze, sempre tutto insieme, belli ricchi viziati. Il catering è previsto per le nove, si fanno portare una pizza, Anton strapazza e non paga il fattorino (poi si pentirà e rimedierà), mangiucchiano e sbevacchiano, poi Liv trova tabellone, segnalini, carte e dadi di un vecchio Monopoli, ben presto Max propone di adattare le regole del gioco: quando si finisce su una strada di qualcun altro si deve scegliere fra il dare veramente il mucchio di soldi della dinamica immobiliare oppure optare fra un Obbligo e la Verità, comportarsi come ordinato dall’altro o rispondere sinceri a una sua domanda intima. Scopriamo che Martina è andata già a letto con sette ragazzi (Max solo con tre ragazze). E altre confidenze. Inoltre, si fanno reciprocamente imporre comportamenti estremi. Intanto ognuno pensa ad altri propri segreti, storie affettive o aspirazioni inconfessate. Lentamente vien fuori il dolore: tutti i quattro adolescenti hanno un cattivo rapporto con i pessimi odiosi genitori; non si sono mai sentiti amati, non si sentono né liberi né felici; forse ci vuole una qualche svolta drammatica, un gioco più nero.

La brava scrittrice Jean Edith Camilla Läckberg Eriksson (Fjällbacka, 1974) in circa 15 anni ha scritto la serie di una decina di romanzi gialli noir ambientati nella sua città natale. Ha avuto grande successo di critica e di pubblico, tradotta ovunque, protagonista della vita culturale del suo paese (serie tv, cucina, testi musicali, danza), attiva in molte iniziative umanitarie (anche coi figli), dedicandosi così poi anche ad altre scritture, spesso a tema, qui a un racconto lungo su quattro adolescenti, minacciati e minacciosi, vissuti nella bambagia ma subendo violenze e inganni e finendo, comunque, per pensare che nulla debba essere precluso. La narrazione è in terza varia al presente. Il testo è secco, denso, implacabile; probabilmente potrebbe essere facilmente portato a teatro; si tratta di limpida drammaturgia, una rete di pensieri ed emozioni dei quattro protagonisti in squadra, con varie parti in commedia e pochi comprimari in alcune scene. I ragazzi si sentono rovinati: perfetti e funzionanti all’esterno, ma tristi e danneggiati dentro. Condividono (come tanti) coppie genitoriali con infedeltà, violenza, alcolismo, ipocrisie, bugie. Il dirsi fra loro finalmente la verità scatena rabbia e aggressività a lungo covate. Prima e durante, gustano il catering: aragoste e caviale, champagne e costosissimo vino della cantina del padre di Max, da buttare oltre che da bere. Nel viaggio in taxi la radio trasmette Walk Like an Egyptian, uno dei pezzi preferiti di Liv; dopo gli attesi fuochi d’artificio, infine dalle finestre aperte della terrazza dell’altra festa esce musica a tutto volume, inevitabilmente The Final Countdown degli Europe.

 

Chicca Maralfa

«Il segreto di Mr Willer»

Les Flâneurs edizioni

276 pagine, 16 euro

Milano. Febbraio. Squilla il cellulare di servizio del 56enne sostituto procuratore Roberto Natali e risuonano le chitarre e la voce di Honky Tonk Woman dei Rolling Stones. Quella notte lui non le sente, perché la sera prima c’è stato l’anticipo del derby, il Milan ha perso e ha bevuto troppo; invece la moglie Clara sì, lo sollecita a rispondere. Era stato Donato Ramunni, vicequestore capo della sezione omicidi, a cambiargli la suoneria ed è proprio lui ora a chiedergli di raggiungerlo in corso Garibaldi, al residence accanto all’hotel dei Gigli, c’è un morto vip e probabilmente si tratta di un omicidio. Natali stava sognando la moglie e la cognata Sofia, gemelle omozigote molto belle: legatissime e complici, spesso prese dal loro universo speculare. Sofia si è ormai risposata con Antonio, dopo aver gestito la separazione da un amatissimo peculiare personaggio, il più popolare web influencer italiano: Mr Willer, al secolo Riccardo Perrone, colto quarantenne maniaco dell’igiene e dei libri, capelli argentei a spazzola, basette lunghe e zigomi scolpiti, occhi color cielo freddo, labbra grandi e carnose, ricco di fan e nemici. Da anni conduce Babilonia su Twitch, da lunedì al sabato dalle diciannove e trenta alle ventuno, 4 milioni di follower: è spregiudicato e sfregiante verso tutti, intollerante con furba freddezza; attira e critica soprattutto omosessuali e unioni civili, Novax e preti, vegetariani e animalisti, extracomunitari ovviamente. Ha inoltre sporto denuncia contro ignoti (Natali se ne occuperà) per chiedere verifiche e protezione rispetto a odiatori social che lo stanno minacciando, desideroso in ogni modo di proseguire la spericolata vita con tanto giocoso continuo plurimo sesso, senza lacci, lacciuoli, droga o alcool. Il morto è proprio lui e le telecamere hanno ripreso le gemelle suonare al residence, distanti 15 minuti l’una dall’altra, poche ore prima del soffocamento con un salame Finocchiona, avvenuto in garage, lui cloroformizzato dopo una certificata eiaculazione.

La giornalista pugliese (girovaga) Angela Chicca Maralfa (Bari, 1965) è al secondo romanzo pubblicato (fra i molti stesi o abbozzati nei cassetti), un altro bel testo di scoppiettante prorompente modernità. La narrazione è in terza varia al presente, fino a pagina 98 non si sa che è Perrone l’ucciso, seguiamo la cronaca mondana della sua vita di stella televisiva, cinica e affascinante, anche via chat (ha inventato e prodotto il canale web) intervallata da un diario in corsivo datato 1990, opera di un ragazzino pugliese che si firma Kenari (al quale hanno appena ammazzato il padre). Mr Willer è il primo protagonista, laureato in Scienze della Comunicazione; gli hanno dato quel soprannome quando all’inizio sosteneva i deboli e additava i soprusi; ha un passato articolato e onesto, pure con almeno un segreto (da cui il titolo); forse verrà fuori via via che si indaga. Il realistico investigatore, il buon Natali, secondo protagonista, s’immerge nel caso, per quanto si sia fatto sospendere essendo coinvolto e capisca presto di non avere piena comprensione (come alcuni di noi) dei codici affettivi e sessuali degli individui contemporanei. L’incedere della narrazione è pervaso di ossessioni e sarabande erotiche, le atmosfere noir possiedono sempre significative sfumature di grigio e rosso, mai rosa, ai confini di vari generi letterari, ogni personaggio travolto dai generi esistenziali degli altri che frequenta. Intanto, c’è un piccolo segreto facile da svelare, quello del successo di ascolti di Mr Willer: sono le cinque S che mette al centro dei propri live streaming, ossessionato di vivere anche nel male purché nel rispetto del vero, ovvero Soldi, Sapori, Sterco, Scetticismo, Sticchio (Natali ha appreso il significato dell’ultimo maschile termine durante il servizio militare in Sicilia, vulva o fica che dir si voglia, pare; Perrone era attivo sui siti porno con pseudonimo, oltre a possedere svariati sex toys, pratici, forse). Manca solo la Salute: siamo ai tempi della pandemia in Lombardia, distanziamento mascherine lavaggi, sullo sfondo. Frequenti le giustificate allusioni al Salento. Nella cena a quattro, Maxi, Marion e Sara propongono a Mr Willer di gustare un poco di Ribolla gialla del Collio, ascoltando la voce baritonale di Matt Berninger. Lui e l’autrice peraltro sono veri intenditori di rock d’autore e di avanguardie indipendenti, si sente.

 

Redazione
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