Barbero, Calanchi, Molesini, Prothero, Recami, Tatti e…

e Autori Vari su «Marx in Italia»

7 recensioni di Valerio Calzolaio

Andrea Molesini

«Il rogo della Repubblica»

Sellerio

338 pagine, 15 euro

Venezia. Anno Domini 1480. La storia e la geografia degli ebrei hanno varie tracce e percorsi. Al tempo della Serenissima cattolica e romana, dopo la scomparsa di un bimbo in un piccolo paese del trevigiano, il mite e sapiente archisinagogo Servadio e altri due ebrei vengono arrestati, imputati di infanticidio rituale (l’accusa di impastare sangue con gli alimenti è ricorrente fra i malati di antisemitismo) torturati e condannati al rogo. Un irruente avventuriero miscredente vi si oppone durante il processo, la spia e confidente Boris da Candia, arguto brutale violento colto, che fra nobili palazzi e sordidi bordelli indaga su chi fomenta nel popolo l’odio contro gli ebrei, più o meno interessato. Prova con coraggio e ardore ad evitare “Il rogo della Repubblica”, titolo del bel romanzo storico dell’ottimo scrittore Andrea Molesini (Venezia, 1954). Lui non accetta compromessi, dialoga sulle convenzioni e convenienze sociali, s’innamora di una maga graziosa e misteriosa. Perché no?

 

Alessandra Calanchi

«Maremoto»

Ventura editore

148 pagine, 13 euro

Centro Italia. Casi del presente e del futuro. Si cominciò a sentir parlare del culturavirus nel mese di gennaio del 3020. Il primo episodio avvenne in una biblioteca cinese di Tientsin, un anziano abituale lettore s’accorse che in una pagina mancavano alcuni ideogrammi, si spaventò e nei giorni successivi lui stesso parve disimparare gradualmente. Il misterioso morbo colpiva rapidamente e selettivamente libri riviste giornali manoscritti, poi si trasmetteva agli umani. Chi ne era contagiato perdeva la concentrazione, o l’attenzione, o la memoria; o tutte e tre insieme. La cultura sembrava ritrarsi all’avanzare del virus. Si fecero varie ipotesi sulle origini: un topo di biblioteca? Un complotto o una cospirazione? Gli hikikomori giapponesi? Fatto sta che raggiunse presto l’intero mondo, l’Italia al terzo posto per numero di contagi: eravamo pieni di musei, librerie, biblioteche, atenei anche molto antichi! Dai libri cadevano le pagine, le riviste perdevano parole e frasi a fiumi, nei volumi restavano solo il prezzo e il codice ISBN. In campo medico non si poté fare nulla. Oggi, come noto, tutto è cambiato. Al momento non esistono libri e, a onor del vero, non si può avere alcuna certezza che siano mai esistiti. Lo story-telling ha inghiottito ogni possibile forma di narrazione, la poesia è un genere orale di prima necessità solo per i bambini, e non esistono riviste e giornali. Ricordare è un’usanza antica, un verbo desueto, un atto faticoso ed estremo. E cosa fanno allora adesso le persone? Lo scoprirete completando la lettura del racconto (già pubblicato online nel marzo 2020) e intuirete qualcosa di interessante pure leggendo gli altri, l’ultimo dei quali dà il titolo alla raccolta, “Maremoto”, tre sogni consecutivi di passeggiate lungo la riva del mare e forse un risveglio, appunto.

La docente universitaria di Letteratura e cultura angloamericana a Urbino Alessandra Calanchi (Bologna, 1959) legge, elabora, spiega, insegna, traduce, poeteggia e, fra una vita e l’altra, fa molte altre cose. Pubblica ora una raccolta di ventisette racconti brevi, scritti nel corso di oltre un decennio (seppur per lo più recenti) in piccola parte già editi in varie forme, oltre la metà con narrazione in prima persona al passato o al presente (sperimentando pure dialoghi, lettere, seconde persone, singolari e plurali), sempre garbati e ironici, colmi di cinema e letteratura varia. Lo stesso titolo nulla c’entra con il forte rischio attuale per tutti gli abitanti delle coste del nostro Mediterraneo, a causa dell’elevata sismicità e della presenza di vulcani attivi. L’autrice ha una esplicita riconoscibile predilezione per il genere cosiddetto noir (non per caso contribuisce da tempo a organizzare la manifestazione e il collettivo Urbinoir) riuscendo a trattare con perfida leggerezza sia esperienza quotidiane che vicende globali. “La forma perfetta del coniglio” è il più breve e tratta di topi. I più lunghi (“Kill Me Softly” e “Come una piadina”) hanno una propria minuscola sceneggiatura imbastita su più giorni. Il viaggio a Pescara è autobiografico, la degustazione perfetta consuma avanzi di bottiglie di vino lasciate dal buon ex-marito.

 

Silvia Tatti

«Esuli: scrittori e scrittrici dall’antichità a oggi»

Carocci

182 pagine, 19 euro

Pagine scritte altrove. Da sempre. L’esilio è un antico tema storico connesso a innumerevoli geografie (ecosistemi) e scritture (lingue). Utilizzato, già nelle civiltà del passato, come strumento punitivo, inflitto a chi era colpevole di crimini politici o di omicidi, per lo più in alternativa alla condanna a morte, ricorre fin dalla cultura greca e dalle sacre scritture. Il termine rinvia all’esclusione da un territorio (in latino ex-solum) e ha implicito in sé il motivo dell’espulsione e della partenza; le lingue occidentali hanno coniato sinonimi che cercano di rappresentare la molteplicità delle condizioni di allontanamento dalla patria; nella modernità può diventare anche una scelta personale volta a evitare costrizioni, una reazione individuale di protesta contro i condizionamenti sociali, culturali, di genere del luogo di appartenenza. Se ne scrive, inevitabilmente, spinti dalla necessità di lasciare testimonianza di un evento esistenziale cruciale, talora proprio per elaborare la tragedia, sempre suscitando universali interesse e curiosità nei lettori. Tema autobiografico di enormi potenzialità, l’esilio esplora generi diversi e diventa, fin dalla Bibbia e dalle letterature antiche, un elemento narrativo di implicazioni allegoriche: i nessi esilio – morte ed esilio – rinascita rinviano a dimensioni emotive e culturali che travalicano le esperienze dei singoli e assumono un rilievo emblematico. Il linguaggio non può che dar voce a ogni condizione di disagio e di esclusione. La catena di citazioni e rinvii è straordinariamente vitale, seppur discontinua: una prima genealogia dell’esilio è stabilita alla fine del I secolo d. C. da Plutarco, rinnovata da autori successivi con un passaggio cruciale e formidabile in Dante, ricorrendo infine di continuo negli ultimi due secoli, anche e sempre più con una marcata specificità femminile.

La docente universitaria di Letteratura italiana alla Sapienza di Roma Maria Silvia Tatti da decenni si occupa anche della presenza del tema dell’esilio nella letteratura antica e moderna, italiana ed europea, e ha colto l’occasione della casalinghitudine forzata durante la pandemia per sistematizzare in modo più organico le proprie ricerche. In parte ha scelto un percorso cronologico, in parte ha individuato connessioni oltre le epoche storiche. Il primo capitolo ricostruisce il linguaggio narrativo dell’esilio dalla Bibbia ad alcuni classici come Sofocle, Cicerone, Virgilio, Ovidio, Seneca e Plutarco. Il secondo capitolo è dedicato al paradigmatico Dante, al deposito memoriale e alla polifonia della Commedia. Il terzo capitolo si concentra sul nostro paese e affronta la cultura dell’esilio tra Rinascimento e Risorgimento. Il quarto capitolo è trasversale e individua assi permanenti: tre termini cruciali di un vocabolario minimo (partenza, viaggio, soprattutto confine, con Brecht); i generi letterari ricorrenti (lettere, diari, memorie, biografie); gli elementi permanenti dello stile sia nella lingua che nella retorica; l’eterna questione del ritorno (impossibile o eventuale che sia). Il quinto capitolo è dedicato alle scrittrici esuli, non solo italiane, non solo recenti. Il sesto e ultimo capitolo aggiorna la trattazione al Novecento e all’inizio del terzo millennio. Ricca la bibliografia, utile l’elenco dei nomi propri.

 

Francesco Recami

«L’educazione sentimentale di Eugenio Licitra, L’Alfasud»

Sellerio

306 pagine, 16 euro

Firenze. Anno accademico 1976-77. Il 19enne Eugenio Licitra arriva a Santa Maria Novella in treno una piovigginosa sera di ottobre, viaggio interminabile da Ragusa e poi da Villa San Giovanni, con sei ore di ritardo, in tasca centocinquantamila lire, con le mani porta una grossa valigia verde nera e due borse pesantissime (provviste e libri). La destinazione è a 45 minuti di faticosa camminata, via IX Febbraio n. 25, una palazzina grigia di tre piani senza ascensore, l’appartamento si trova al secondo, quattro stanze, nella sua ci stava la sorella Lucilla (al terzo anno di Lingue, ora per un periodo a Bologna) lui non è mai venuto prima. In cucina Eugenio trova il socievole disponibile 23enne romagnolo Loris, magro e alto (198 cm), studente di Filosofia, e il rude silenzioso massiccio 24enne Alessandro il Saggio, studente di Medicina. Lo accolgono con freddezza e diffidenza, chiamandolo lapidariamente il Ragazzo. Il quarto innominabile inquilino, che si chiama D., ha un frigo personale e si fa vedere poco. Gli comunicano subito le regole per i servizi comuni, delle pulizie non si occupa nessuno. Eugenio si è appena iscritto a Lettere e Filosofia, le lezioni degli interessanti cervellotici corsi del primo anno stanno per iniziare. Adesso provate voi a tornare indietro nel tempo, almeno chi c’era: gli Inti Illimani ovunque e gli Homo Sapiens al Ventisettesimo Festival di Sanremo, l’incidente a Niki Lauda e il titolo a James Hunt, la sinistra extraparlamentare e il Movimento del Settantasette, l’Alfasud e l’Abarth, in Spagna le prime elezioni dopo la dittatura franchista e lo scudetto all’Atlético Madrid. Eugenio si masturbava e si masturba spesso, finché incontra il sesso, poi anche l’amore, breve forse. L’anno accademico è intenso sotto tutti i punti di vista, indimenticabile. La mamma gli telefona ogni tanto, lui torna in Sicilia solo per i quindici giorni delle festività di Natale, infine per tutta l’estate successiva.

L’irriverente divertente scrittore satirico toscano Francesco Recami (Firenze, 1956), noto in passato soprattutto per romanzi e racconti dedicati ai condomini di una casa di ringhiera a Milano, poi per una seconda serie toscana di favole (incubi) noir, narra in questo nuovo romanzo un anno universitario nella sua città di un coetaneo personaggio siciliano. La narrazione è in terza fissa sull’educazione sentimentale di Eugenio (da cui il titolo), i suoi dialoghi interiori e sociali, sentimenti di varia natura: culturali, politici, casalinghi, amicali, erotici, affettivi, familiari, un apprendistato alle sfaccettature della vita. I 76 capitoli sono tutti abbastanza brevi, episodi della convivenza inedita e contesto evenemenziale degli antichi tempo e spazio. Eugenio arriva come militante della Fgci per indirizzarsi presto verso il Pdup-Manifesto, il saggio legge Chandler e tifa Pci, Loris è innamorato delle auto e cambia spesso compagna di letto; tanti altri alleggiano nell’autonomia, ai bordi della lotta armata e del sesso sfrenato. I tre amici sono turbati dall’arrivo della magnifica Eleonora; Eugenio incontra la maturanda gatta morta Cristina, bionda e carina, ma si trova in braccio Amelia e Rosella, imparerà; poi riappare Eleonora braccata e tutti l’aiutano anche se nessuno lo saprà. Le quattro parti del testo seguono gli umori cronologici: l’annullarsi del prima nel dopo (da De Giovanni, Biagio!) fino al primo rientro, la Krisis (da Massimo Cacciari) fino alle sconfitte che li accomunano, l’epicureo clinamen, in piena avventurosa fuga di Eleonora, e la benefica droga dell’ambiguo pharmakon, fino in fondo. L’autore deve aver conservato gli appunti delle lezioni, gli indirizzi delle case del popolo, il diario delle riunioni e soprattutto un buon elenco dei film, dei romanzi e dei quiz di intelligenza dell’epoca. Così si riesce a non annoiarsi e molti tratti risultano esilaranti. Cerasuolo e Chianti con le vagonate di provviste delle mamme.

 

Autori Vari (a cura di Francesco Giasi e Marcello Mustè)

«Marx in Italia»

Treccani

346 pagine, 30 euro

Italia. Più o meno dal 1848 (prima dell’Unità) in avanti. A novembre 2018 si svolse a Roma il convegno “Marx in Italia” (di impianto gramsciano) organizzato dalla Fondazione Gramsci e dall’Istituto della Enciclopedia Italiana. Le relazioni, rielaborate dagli autori, vengono riproposte in volume con una premessa dei due curatori (Francesco Giasi e Marcello Mustè) e un’introduzione di Mustè sui marxismi italiani, conservando poi la suddivisione in tre sezioni: la circolazione del pensiero (Bravo, Bondì, Francesca Antonini, Cospito, Giasi); le interpretazioni (Frosini, Favilli, Montanari, Vacca, Azzolini); le influenze (Canfora, Masella, Bidussa, Francesca Izzo, Lippi, Guzzone). Volutamente non è una storia del marxismo nel nostro paese, piuttosto una riflessione sulla “fortuna” delle opere di Karl Marx (1818-1883) connessa alle dinamiche della pubblicazione in italiano e, soprattutto, all’assorbimento nelle vicende sociali e politiche del movimento operaio e in alcune aree disciplinari.

 

Donald R. Prothero

«La storia della vita in 25 fossili»

traduzione di Costanza Bocchia

Aboca editore

448 pagine, 28 euro

Pianeta terra. Gli ultimi miliardi di anni. La storia della vita è un racconto incredibilmente lungo e complesso. Nel 1859, quando Darwin pubblicò L’origine delle specie, l’assenza di reperti era un oggettivo punto debole della sua tesi, in particolare quella di fossili risalenti al tempo che precedeva il Cambriano (primo periodo dell’era paleozoica, circa 550 milioni di anni fa). Lui lo sapeva, ammetteva la mancanza di adeguati fossili di transizione a sostegno della sua teoria (sostanzialmente corretta) e ne era tormentato. Del resto, per quasi l’85% della storia della vita (da 3,5 miliardi a circa 630 milioni di anni fa), gli esseri viventi sulla Terra non erano abbastanza grandi da lasciare tracce fossili visibili, non c’erano organismi più grandi di quelli monocellulari, e solo le stromatoliti (rinvenute la prima volta nel 1956 a Shark Bay in Australia, poi in altri luoghi del pianeta) possono essere osservate senza un microscopio. Al momento, sul nostro pianeta esistono tra i 5 e i 15 milioni di specie, alcune con miliardi di esemplari (noi quasi 7 e 900 milioni); complessivamente ne sono transitate nell’acqua o dentro l’atmosfera del globo centinaia di milioni (forse molte di più), ormai quasi tutte estinte. Si può provare a scegliere qualche fossile per rappresentarne la biodiversità, varietà ed evoluzione, sottolineando che tutte tendono comunque ad adattarsi (per sopravvivere e riprodursi) alle dimensioni, alle nicchie ecologiche e all’habitat, soprattutto alle condizioni più estreme. La selezione dei fossili (integri, ben noti, visitabili) previlegia dinosauri e vertebrati in generale e scandisce la sequenza dei primi cambiamenti dei grandi gruppi tassonomici, o della transizione da un gruppo a un altro.

L’esperto ricercatore paleontologo e geologo californiano Donald R. Prothero (Glendale, 1954) è autore di oltre trenta volumi e di oltre trecento saggi scientifici, compresi almeno cinque libri di testo di geologia. Qui sceglie ottimamente 25 straordinari fossili per illustrare le meraviglie dell’evoluzione e alcuni intrepidi relativi studiosi, gli scienziati che hanno aperto la strada alla paleontologia e i contesti intellettuali e sociali delle loro scoperte. Attraverso ogni fossile l’autore racconta la storia delle scienze evoluzionistiche: le prime forme di vita pluricellulare, i primi gusci, i primi grandi animali con guscio, l’origine degli artropodi, l’origine dei molluschi, l’origine delle piante terrestri, l’origine dei vertebrati, il pesce più grande, l’origine degli anfibi, l’origine degli anuri, l’origine delle tartarughe, l’origine dei serpenti, il più grande rettile marino, il più grande mostro marino, il più grande predatore, il più grande animale terrestre, il primo uccello, l’origine dei mammiferi, l’origine dei cetacei, l’origine dei sirenidi, l’origine dei cavalli, il più grande mammifero terrestre. Gli ultimi due capitoli parlano di noi ominidi e umani: il più antico fossile umano (Sahelanthropus) e il più antico scheletro umano (Australopithecus Afarensis). All’inizio di ogni capitolo una citazione cruciale, in mezzo foto e figure, in fondo dove guardare coi nostri occhi i reperti trattati. L’appendice riguarda i più importanti Musei di Storia Naturale del mondo: 16 americani, 2 canadesi, solo 6 nei restanti continenti, di cui quattro in Europa (Londra, Berlino, Bruxelles, Parigi). Un’ampia bibliografia e l’indice analitico dei nomi (luoghi, personalità, specie, argomenti) completano il testo, molto interessante.

 

Alessandro Barbero

«Alabama»

Sellerio

266 pagine, 15 euro

Usa. Tempo fa. Una giovane laureanda in Storia prende appunti sul quaderno mentre ascolta il flusso torrenziale del racconto di un vecchissimo reduce sudista della guerra di secessione americana (1861-1865). Lui si chiama Dick Stanton ed è l’ultimo superstite di un eccidio di neri. In perenne movimento su una cigolante sedia a dondolo, masticando tabacco con le indurite gengive sdentate, pur tra reticenze e informazioni non sempre affidabili, quasi senza prendere fiato, Dick narra in prima l’America profonda, bianca povera razzista, la miriade di storie e personaggi di una società fondata sullo schiavismo, là, in “Alabama”, settimo bellissimo romanzo del grande storico Alessandro Barbero (Torino, 1959). In fondo a ognuno dei venti inarrestabili flussi di parole veraci e maschiliste del vecchio, l’attenzione si sposta in corsivo sui pensieri della ragazza, andata per riportare alla luce quell’episodio atroce e simbolico, di cui capisce le premesse culturali, religiose e sociali.

 

Redazione
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