Barconi soccorsi a forza e migranti costretti a sbarcare
articoli di Giansandro Merli, Fulvio Vassallo Paleologo, Paolo Soldini
Contro la nave di Msf si è già messa in moto la macchina del fango – Giansandro Merli
Neanche il tempo di far toccare terra ai 440 esseri umani salvati martedì dalla Geo Barents in un intervento da manuale, «uno straordinario soccorso» ha scritto l’ex portavoce della guardia costiera Vittorio Alessandro, che contro Medici senza frontiere si scatena la solita macchina del fango. «La nave dei migranti non era in pericolo: soccorsa a forza» titola Il Giornale in un articolo firmato da Fausto Biloslavo, che definisce i soccorritori di Msf «pirati del mare» e «talebani dell’accoglienza». Secondo le fonti del giornalista, generalmente ben informato su queste vicende, la guardia costiera italiana starebbe preparando una «dettagliata relazione che evidenzia come sia stato violato il decreto Ong».
LA PROVA REGINA di tutte le accuse sarebbe una mail inviata alle autorità di La Valletta dal mercantile Cassia, uno dei due dirottati, pare prima dall’Italia e poi da Malta, per fare da scudo al peschereccio. Secondo il comandante di quella nave la Geo Barents avrebbe «fermato forzosamente l’imbarcazione dei migranti, che navigava a 8 nodi, circondandola con due gommoni di salvataggio. È accaduto a un’ora dalle acque italiane». In pratica Msf avrebbe costretto a farsi salvare delle persone che da quasi 24 ore chiedevano disperatamente di essere soccorse attraverso il centralino Alarm Phone. Ma c’è un dettaglio particolare in questa comunicazione, di cui non sono noti i passaggi precedenti. Il comandante menziona la distanza dall’ingresso nella zona di ricerca e soccorso (Sar) italiana. Un’informazione totalmente irrilevante in un normale caso di imbarcazione in pericolo, che va soccorsa immediatamente a prescindere dall’area di competenza.
L’UNICA SPIEGAZIONE logica è che Malta volesse semplicemente lavarsi le mani del caso. Non sarebbe la prima volta. E questo spiegherebbe anche perché ha coordinato i due mercantili che stavano «scortando» a distanza il peschereccio ma non la Geo Barents. Cioè l’unica attrezzata per intervenire. «Se Malta avesse coordinato la nave di Msf, che sapeva essere l’unica in grado di soccorrere i migranti, si sarebbe dovuta far carico di indicare un suo porto di sbarco», spiega l’ammiraglio della guardia costiera Sandro Gallinelli, che al «Paradosso delle aree Sar di Italia e Malta» ha dedicato un lungo articolo scientifico. «Se la Geo Barents non fosse intervenuta – continua – e il peschereccio avesse raggiunto la Sar italiana senza naufragare prima, all’Italia sarebbe rimasta l’alternativa tra farsi subito carico del soccorso o aspettare, come a Cutro». Insomma, a meno di ribaltarsi producendo una nuova e forse peggiore strage le persone sarebbero comunque arrivate in Italia. L’intervento rapido ha solo ridotto i rischi.
DEL RESTO una giurisprudenza consolidata, la Convenzione Sar, il regolamento Frontex del 2014 e per ultimo il naufragio calabrese mostrano come il fatto che un barcone sia in movimento non escluda che si trovi in una condizione di pericolo. «Questa condizione va accertata in concreto e si definisce valutando tutti gli elementi del caso. Ad esempio: capacità di galleggiamento, condizioni meteorologiche, presenza di dispositivi di sicurezza, sovraccarico. Motivo per cui è il comandante che ha la discrezionalità di valutare la situazione che ha di fronte. È su di lui che ricade l’obbligo del soccorso. Anche in assenza di ordini impartiti dall’autorità competente», spiega l’avvocata Francesca Cancellaro.
ORDINI, INFORMAZIONI e coordinamento sono stati chiesti ripetutamente dalla Geo Barents. A Malta ha scritto almeno sei volte tra il 3 aprile, quando il peschereccio lancia il primo Sos, e il giorno seguente, quando le persone sono soccorse. il manifesto ha visionato tutte le mail citate. Alle 4.02 del 4 aprile il comandante della Geo Barents scrive a La Valletta di avere il contatto visivo del peschereccio ma di non poter intervenire a causa delle condizioni del mare «estremamente cattive». C’è il rischio di «compromettere la sicurezza delle persone in pericolo e del suo equipaggio». Alle 8.04 comunica che il peschereccio è «veramente sovraffollato; non si vedono dispositivi di sicurezza; motore in corso ma rotta irregolare che fa spesso dei cerchi». Per questo considera la situazione «altamente pericolosa». Ribadisce di non aver ricevuto istruzioni dalle autorità e che intende fornire assistenza come da obblighi internazionali. È solo alle 11 e mezzo che la nave umanitaria riesce a calare i gommoni di salvataggio.
«C’ERANO TRE METRI di onda e venti nodi di vento. I nostri mezzi di soccorso hanno fatto delle prove per capire come affrontare una situazione estremamente complessa. Poi abbiamo affiancato il peschereccio tenendoci a 200 metri di distanza da ogni lato», racconta Anabel Montes Mier, responsabile dei soccorsi di Msf. «La nostra intenzione era accompagnare il mezzo verso un tratto di mare con condizioni più favorevoli, dove si poteva intervenire – afferma – Ma si muoveva in modo imprevedibile e strano. Solo verso le 13.15 abbiamo iniziato a distribuire i giubbotti di salvataggio. A un certo punto il peschereccio si è fermato. Abbiamo provato a dire di continuare. Ma ci hanno detto che era finita la benzina». Un barcone stracarico, in un mare mosso e senza la spinta del motore rischia di capovolgersi in qualsiasi momento. «Non ci rimaneva che intervenire», conclude Montes Mier.
MALTA HA RISPOSTO alla Geo Barents solo una volta – alle 14.49, cioè a soccorso iniziato – per dire di fare riferimento allo stato di bandiera, cioè la Norvegia. Secondo le autorità di La Valletta si è trattata di «un’intercettazione autonoma» perché la barca procedeva e aveva ancora benzina. Ribadendo, anche ammesso fosse vero, un’interpretazione del «pericolo in mare» che non corrisponde alle normative internazionali e ha causato, in diverse parti del Mediterraneo, centinaia di morti.
Insomma Malta continua con le sue condotte omissive, mentre la Geo Barents ha salvato centinaia di persone. Se l’Italia vuole prendersela con qualcuno ha tutti gli elementi per stabilire chi ha sbagliato qualcosa.
Se anche i “migranti” della strage di Cutro fossero stati “costretti a sbarcare” – Fulvio Vassallo Paleologo
La maggior parte dei naufraghi soccorsi dalla Geo Barents, il “carico residuo” che il governo italiano non ha voluto far sbarcare nel porto sicuro più vicino, è sbarcata a Brindisi – ennesima destinazione vessatoria imposta alla nave di MSF per allontanarla dall’area di intervento – e dalle pagine del Giornale arriva l’ennesimo attacco contro gli operatori umanitari, definiti addirittura “pirati”. Una anticipazione di un fermo amministrativo, forse anche di un sequestro della nave, che si dà per certo. Il “Decreto Piantedosi”, un decreto legge (n.1 del 2023) che appare in più punti in violazione delle regole internazionali ed europee sui soccorsi in mare, non darebbe scampo.
Secondo l’accusa, che evidentemente proviene da fonti riservate che anticipano il trattamento che sarà riservato alla Geo Barents dopo il suo arrivo a Brindisi, il peschereccio soccorso in acque internazionali al limite della zona SAR maltese confinante con la zona SAR italiana, non sarebbe stato” in avaria” e avrebbe avuto “carburante sufficiente” per sbarcare i migranti in Italia. Evidentemente la fonte giornalistica, se non tutti i migranti, erano a conoscenza dei livelli di carburante nei serbatoi, come dello stato di funzionamento del motore, e l’avvicinamento dei gommoni calati dalla Geo Barents al peschereccio sballottato dalle onde del mare in burrasca, era per “bloccare” l’imbarcazione in difficoltà, e non per dotare nel più breve tempo possibile tutti i naufraghi di giubbetti salvagente. Il solito rovesciamento dei fatti che caratterizza l’intera ricostruzione proposta dal giornale. Se anche i migranti del caicco naufragato davanti alle coste di Cutro “fossero stati costretti a sbarcare” prima che il loro barcone entrasse nelle acque territoriali italiane, e trasbordati su un mezzo di soccorso, forse oggi non staremo a contare tante vittime.
Le autorità maltesi, che su richiesta italiana hanno assunto il coordinamento dei soccorsi, hanno coordinato solo le due navi commerciali che non potevano effettuare i trasbordi, ma limitarsi a fare muro contro le onde ed il vento nel mare in burrasca, rifiutandosi di coordinare invece l’unica nave presente sulla scena, la Geo Barents, che poteva effettuare una operazione di salvataggio con immediatezza ed in sicurezza, come i fatti hanno dimostrato. Già il giorno precedente il salvataggio, alle 15,18 del 3 aprile, Alarm Phone, aveva riferito su Twitter di avere contattato il Centro di coordinamento del soccorso marittimo italiano, ricevendone l’indicazione di contattare quello maltese, “in quanto autorità competente’”. Poche ore più tardi nella zona in cui il peschereccio veniva sballottato da onde sempre più alte il vento soffiava da nord ovest a 27 nodi ed il mare era agitato. Non ci sarà nessuno che potrà smentire questo fatto.
Probabilmente come in altre circostanze simili, nelle quali si sono verificati naufragi, le stesse autorità marittime non hanno ritenuto ricorrere una situazione di pericolo (distress) tale da richiedere un intervento immediato. I maltesi hanno atteso soltanto che il barcone raggiungesse le acque italiane per dismettere la loro competenza. Le autorità italiane, che erano state informate per prime dell’evento di soccorso, e che avevano declinato la propria competenza senza coordinare ed intervenire immediatamente, hanno invece atteso, come traspare dall’articolo del Giornale, che il peschereccio entrasse nelle acque di loro competenza, esponendo così a rischio le persone a bordo di un mezzo che nelle condizioni di sovraccarico e di mare agitato nelle quali si trovava avrebbe potuto capovolgersi in ogni momento. Forse chi scrive davanti ad una tastiera, o segue li tracciamento di una imbarcazione davanti ad uno schermo, non si rende conto dei problemi di navigabilità che può avere un peschereccio di venti metri o poco più, con oltre 400 persone a bordo. Per non parlare della mancanza di cibo e acqua, dopo giorni di navigazione, e delle temperature ancora molto fredde, oltre che delle condizioni di singole persone, tanto che per una di loro, subito dopo il trasbordo sulla Geo Barents, si è resa necessaria una evacuazione medica (MEDEVAC). Le condizioni di distress che imponevano un intervento immediato, c’erano tutte. Almeno secondo le Convenzioni internazionali ed i Regolamenti europei, che, in base all’art. 117 della Costituzione, ancora valgono più di un decreto legge o di un provvedimento di fermo amministrativo di un prefetto…
Stato d’emergenza per i migranti, una buffonata pericolosa – Paolo Soldini
Da martedì 11 aprile alle 17,31 su tutto il territorio nazionale è in vigore lo stato d’emergenza. Che cosa succede? Un terremoto, un’alluvione, un nuovo virus, un attacco di cattivissimi hacker che vogliono paralizzare i gangli vitali del paese? Tranquilli: niente di tutto questo. Il motivo della drammatica (drammatica?) decisione presa dal governo in una seduta dedicata al varo del Documento Economico e Finanziario è l’”eccezionale incremento dei flussi di persone migranti attraverso le rotte del Mediterraneo”. L’”incremento” c’è, senza dubbio, ma lo stato d’emergenza come lo impedirebbe? Non ce lo hanno detto. Non lo sappiamo. Ed è forte il sospetto che non lo sappiano neppure la presidente del Consiglio e i ministri che lo hanno varato.
Il provvedimento firmato Musumeci durerà sei mesi
Il comunicato diffuso dopo la riunione a palazzo Chigi dice solo che il provvedimento è stato proposto dal ministro per la Protezione civile e le Politiche del Mare Nello Musumeci, che durerà sei mesi ed è dotato di cinque milioni di euro. Commentandolo, il biministro (che pare finalmente essersi fermato dopo il carosello di deleghe che gli davano e toglievano continuamente) ha spiegato che proponendolo “abbiamo aderito volentieri alla richiesta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ben consapevoli della gravità di un fenomeno che registra un aumento del 300 per cento”.
La menzione di Piantedosi, che da quando si è insediato ha fatto di tutto per somigliare sempre più al ministro della Cattiveria inventato qualche anno fa da Antonio Albanese, non lascia per niente tranquilli. Anche perché nella discussione in corso al Senato sul cosiddetto “decreto Cutro” i leghisti si stanno molto agitando in queste ore per inasprire ancor di più le limitazioni, già pesanti, introdotte dal decreto alle norme sulla protezione speciale degli immigrati in pericolo in patria…
Che triste vicenda…
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