Bella ciao, al festival di Spoleto, nel 1964

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Bella Ciao 1965

…La ricca aneddotica sulle prime repliche riporta, ad esempio, di quella “signora impellicciata” che, in risposta al verso “E nelle stalle più non vogliam morir” (dal canto “E per la strada gridava i scioperanti”) si alzò dalla platea ed esclamò a gran voce «Io possiedo trecentotrenta contadini e nessuno dorme nelle stalle!», richiamando a una rapida reazione Giorgio Bocca, da uno dei palchi («Va’ fuori, carampana»). In una situazione già tesa, il momento decisivo si verificò quando, il 21 giugno, complice un abbassamento di voce della Mantovani, Michele Straniero si trovò a cantare la canzone antimilitarista “O Gorizia tu sei maledetta”. Per incidente, o per deliberata provocazione, ne cantò la versione che conosceva, compresa una strofa – “Traditori signori ufficiali / che la guerra l’avete voluta / scannatori di carne venduta / e rovina della gioventù” – che non era in copione. Il risultato fu una denuncia per vilipendio alle forze armate, e una pubblicità incredibile. Non fu tanto il testo in sé a scatenare le reazioni – “O Gorizia” era nota da tempo, e già pubblicata su disco – ma la sfida, l’idea stessa di portare quella visione del popolare come altro – radicale e per nulla accondiscendente – in un contesto borghese e aristocratico. In questo senso, e proprio per la sua eco polemica, Bella ciao fu decisivo…

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… Nella rivista del 1964 non se ne trova menzione, ma sicuramente il Gruppo di “NCI” è in quei mesi in fermento per la preparazione dello spettacolo “Bella Ciao”, in procinto di essere presentato a giugno nel tempio della musica classica a Spoleto, al Festival dei Due Mondi diretto da Giancarlo Menotti, compositore di origini lombarde. Si tratta di uno spettacolo curato da Roberto Leydi che prevede un programma tutto di canzoni popolari italiane. La regia, come per “Milanin Milanon”, è affidata a Filippo Crivelli, mentre i testi sono di Franco Fortini: – «Le canzoni presentate sono esempi della espressività musicale del popolo, colta nei suoi momenti più significativi: il lavoro, lo svago, il divertimento, il rito, l’amore, la guerra, la protesta sociale e politica. Il programma ripropone il patrimonio di una cultura che si presenta con una fisionomia autonoma rispetto alla cultura dominante…». L’idea dello spettacolo “Bella Ciao” per alcuni appare rivoluzionaria e politicizzata, ma francamente, a parte l’ambiente atipico di rappresentazione, conoscendo l’intensa attività del “NCI” negli anni precedenti, l’evento pubblico a chi scrive sembra perfettamente in linea con il loro percorso di ricerca, tendente a diffondere anche attraverso gli spettacoli vocali e teatrali i documenti della tradizione orale nazionale. Tuttavia siamo nel 1964, un periodo storico ricco di trasformazioni, vivace e politicamente tormentato. Sono gli anni della Guerra fredda e del boom economico, caratterizzato dall’evoluzione repentina della tecnologia industriale, dei media (radio, cinema, tv) e di una massiccia diffusione dei diversi stili musicali giovanili attraverso i dischi. Al fine di evitare polemiche, Leydi, Crivelli, Fortini e Menotti cercano di presentare uno spettacolo culturalmente valido, innovativo e progressista, ma sostanzialmente accettabile anche da un pubblico così targettizzato come quello del Festival dei Due Mondi. A causa dell’improvviso calo di voce di Sandra Mantovani, si decide all’ultimo momento di far eseguire la canzone “Gorizia” a Michele Straniero, il quale in concerto esegue una strofa non prevista in scaletta (“… traditori signori ufficiali che la guerra l’avete voluta – scannatori di carne venduta – e rovina della gioventù …”), considerata irriverente da una parte del pubblico. Apriti cielo! Seguono contestazioni in sala, con accesi e coloriti scambi di opinione (chiamiamoli così) e, nelle ore successive, strascichi polemici nei giornali e anche in tribunale. Michele Straniero e gli organizzatori, infatti, sono denunciati per vilipendio delle forze armate. In conseguenza dell’accaduto, lo spettacolo “Bella Ciao” diviene un caso nazionale. La qualità delle proposte musicali e le accese diatribe nei media decretano così la sua fortuna anche negli anni a venire, con centinaia di repliche e circa 100.000 copie di dischi venduti. Un vero successo da tanti punti di vista, segno che la cultura musicale “altra” riesce in questo periodo a uscire gradualmente dagli “spazi” nei quali normalmente era relegata. Allo spettacolo “Bella Ciao”, negli anni, partecipano diversi interpreti di spicco del cosiddetto folk revival (questa terminologia è di raro uso nei primi anni Sessanta), per buona parte gravitanti attorno al Gruppo di ricerca promosso da Roberto Leydi e da Gianni Bosio. Tra questi Sandra Mantovani, Giovanna Daffini (ex mondina di Gualtieri), Giovanna Marini (all’epoca scoperta da Leydi al Folk Studio di Roma), Michele L. Straniero, il Gruppo Padano di Piadena, Caterina Bueno, Maria Teresa Bulciolu, Silvia Malagugini, Caty Mattea, Hana Roth, Ivan Della Mea, Gaspare De Lama (alla chitarra). Dello spettacolo ritengo significativo ricordare la scelta scenografica operata dal regista Filippo Crivelli, essenziale per dare forza alla semplicità dei canti, con uno sfondo ricavato da teli di juta (materiale da riciclo tanto caro a Burri) variamente illuminati, con un certo numero di sedie disposte sul palco a seconda delle differenti esecuzioni.  Spesso si dimentica che, nel 1964, l’evento spettacolare di “Bella Ciao” ottiene il supporto di un influente e propositivo sponsorizzatore-produttore, Giovanni (Nanni) Ricordi (1932-2012). A lui (è stato detto) si deve il titolo dello spettacolo, forse prendendo spunto (ma questa è una mia supposizione) dal successo discografico dell’anno precedente avuto con “Bella Ciao” dal toscano (francesizzato) Yves Montand. Comunque sia, Nanni Ricordi in questi anni si distingue nella scena nazionale come promotore di numerosi autori di spicco della canzone italiana quali Giorgio Gaber, Gino Paoli, Enzo Jannacci, Sergio Endrigo, Ornella Vanoni, Ricky Gianco etc., avvalendosi della collaborazione di arrangiatori del calibro di Giampiero Boneschi, Gian Piero e Gianfranco Reverberi. Una particolarità della ricerca etnomusicale proposta nello spettacolo è la doppia versione del canto di “bella ciao”, prendendo spunto da quanto sostenuto da Giovanna Daffini, cioè di averlo imparato come canto delle mondine ben prima della seconda Guerra, con un testo differente rispetto a quello della Resistenza. Negli anni si scoprì che non era temporalmente vero. Ormai è assodato dagli storici che questo canto era poco eseguito dai partigiani se non in limitate aree geografiche (in particolare nell’Appennino modenese e nelle Alpi Apuane). Tra i combattenti antifascisti erano più diffusi altri canti quali, ad esempio, “Fischia il vento” (infuria la bufera …), “La brigata Garibaldi” (Fate largo, fate largo…) o la “Badoglieide”(canzone satirica su Pietro Badoglio). Di certo nella memoria musicale degli italiani, la Resistenza è ancora oggi principalmente identificata con “bella ciao” forse anche grazie al successo ottenuto dallo spettacolo in questione. La quinta pubblicazione della rivista de “Il Nuovo Canzoniere Italiano” (per le Edizioni del Gallo) è del febbraio 1965, sempre a cura di Roberto Leydi, in collaborazione con Amodei, Bermani, Della Mea e Straniero. In settantadue pagine sono condensate le ricerche e le numerose attività del periodo. In primo piano, a tutta pagina, viene riprodotta la locandina dello spettacolo “Pietà l’è morta…

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redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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