Benedetto XVI e Adriano – di Mark Adin

Il successo dei meetings internazionali voluti dal pontefice è sotto i nostri occhi, comunque la pensiamo.

Adunate oceaniche di ragazze e ragazzi provenienti da mezzo mondo sotto l’egida e la regia vaticana significano molte cose. Proverò a cogliere alcuni aspetti che, rozzamente, mi pare di individuare.  E’ ancora in moto il volano avviato da Giovanni Paolo II, leader di indiscutibile fascino o, per assumere un linguaggio più propriamente chiesastico, carismatico. Fu lui, lo scardinatore del decrepito regime comunista orientale,  a portare nella Chiesa l’esperienza del raduno giovanile di massa, facendo proprio un modello già esistente.

Si ricorda non con imbarazzo, ma con simpatia, il suo divertito gesto (i malevoli dicono da consumato attore) di tenere il tempo durante esecuzioni musicali e canore di interpreti di primissimo piano che fecero a gara per partecipare. L’operazione, certo sostenuta da adeguati mezzi, fu all’inizio piuttosto semplice. Si trovò idonea location, si convocarono grandi artisti rock di richiamo, si mise – persino fisicamente – sopra tutto questo, un gran capo, un santo padre a presiederlo. E il grande vecchio, con sapienti interventi, si collegava al mood. Perfetto.

Una tecnica che ha qualcosa di simile fu usata, con straordinari risultati, anche da uno “stregone” in terra sudafricana. Egli, al posto del rock, utilizzò il rugby. E demolì l’apartheid, ma si tratta di tutta un’altra storia.

Questo segaligno pontefice d’oggi, che dubito possa inventarsi un “se sbaglio mi corigerete”, vista la sua nota dirittura e intransigenza di custode della fede, con tutta la sua parlata cristallizzata da pesante accento teutonico che sembra conferire, per scherzo del destino, maggiore durezza alle sue parole, ha intelligentemente ripreso tale ricorrenza. Pur non essendo carismatico, pur non nascondendo una sua lontananza da un certo modo pop di “fare Chiesa”.  Mica scemo, e lo dico con rispetto.

La prima domanda potrebbe essere: ma se non è carismatico come il suo ingombrante predecessore, come mai il successo di adesioni all’appuntamento annuale si ripete? Una risposta possibile è: perché il successo non è decretato, una volta che l’iniziativa è stata avviata, da chi presiede, bensì dalla stessa occasione che hanno questi giovani di ritrovarsi insieme, aderendo con passione a un evento che fornisce loro una forte identità comune nella quale riconoscersi. Occasione per loro imperdibile.

Il tema è, ovviamente, complesso e delicato, e sviscerarlo prevede una serie di rischi. Vorrei tenermi alla larga da altre considerazioni per andare, caoticamente, a parare altrove: a sinistra.

La Sinistra c’entra perché ha necessità di capire che in queste adunanze si sta forgiando e modernizzando (per quanto sarà possibile) una nuova leva di giovani, che aspettano, come tanti contenitori, soltanto di essere riempiti. E se non lo fanno la Sinistra o i portatori di pensiero laico, lo farà qualcun altro. Il ragionamento successivo potrebbe consistere nel chiedersi se oggi queste forze politiche e culturali sarebbero in grado di adempiere il compito, ma questo è un altro paio di maniche. Non c’è un leader carismatico a gauche? Non rispondo direttamente, ma affermo che il carisma è figlio della forza delle idee, e  dove non ci sono idee forti, La Palisse riscontri, non c’è neppure carisma.

L’impressione è che, un po’ a causa della pauperizzazione di contenuti nella scuola,  del violento processo di riscrittura della storia in senso revisionistico, della censura operante nei mass media, del fallimento di alcuni movimenti politici, si sia creato un vuoto tra i giovani, che chiede a gran voce di essere colmato (presto) e che fornisce molti segnali del suo disagio che non solo non vengono accolti, ma spesso neppure registrati.

In tal senso mi ha molto colpito, a proposito dei fatti inglesi, l’atteggiamento tenuto da uno dei punti di riferimento di una certa sinistra: Adriano Sofri. Tale posizione sembrava sostenuta dalla tesi secondo la quale ci sarebbe stata una presunta vocazione consumistica dei rivoltosi (cinque morti e circa duemila arresti). Pareva – rimando all’articolo comparso su “Repubblica” in data 10 agosto 2011 – che il significato di rivolta sociale fosse, per l’Autore, inquinato dal carattere “consumistico” delle predazioni effettuate dai giovani rivoltosi durante i suddetti riots.

Al netto di una insospettabile ipocrisia – è fatto fisiologico che con l’età si perda un poco di memoria – per la quale passa nel dimenticatoio l’esperienza altrettanto variegata dei cosiddetti “espropri proletari”, dopo aver dato del “lumpen” con antipatico disprezzo ai rivoltosi, si procede a suggerire al lettore che, mentre può essere concepibile il furto di un pugno di farina di manioca o un tozzo di pane raffermo in un Paese sottosviluppato, è esecrabile lo scasso di un Bancomat o il raid in un negozio di telefonini in uno post-industriale. Tutto questo se osservato con dialettico distacco da un rivoluzionario d’antan  che, tra l’altro, sembra sorvolare sulle rapine di autofinanziamento di un certo Movimento di allora. E io sono d’accordo: è meglio sorvolare.

Nel difendere il dogma, i due lontanissimi maîtres à penser, Benedetto e Adriano, non sembrano l’un l’altro da meno: pontificano.

In che mondo vive Adriano Sofri? (Con tutto il sincero rispetto per la sua condizione restrittiva). E’ difficile capire che in una società come è diventata la nostra, sia immaginabile una rivolta giovanile non  unicamente in nome di bisogni considerati “primari”?  Forse c’è ancora chi muore di fame da noi? O forse certe povertà hanno oggi diversa connotazione, e le necessità cambiano con i tempi e le condizioni sociali? In un paese nel quale i bisogni primari sono sostanzialmente soddisfatti, non è normale passare a soddisfare quelli posti più in alto nella “piramide di Maslow”? Oggi, in Italia, chi mai assalterebbe i forni?

Con il passare dei giorni, anche i fatti sembrano fornire un quadro più evidente. La maggior parte degli arrestati non appartiene ai figli di papà (perché anche questo era stato, sotto sotto, insinuato) ma – guarda un po’ –  soprattutto ai giovani dei quartieri operai o sproletarizzati dalla disoccupazione. Si sono portati a casa play-station e palmari? E chi se ne frega. Forse che nei citati espropri proletari dei tempi andati nei carrelli dei supermercati non ci si metteva magari anche qualche bottiglia di buon whisky o di Champagne? Erano forse, quelli, bisogni primari?

Un’altra persona illuminata stigmatizzava sulle stesse pagine, facendo eco a Sofri, il fatto che, mentre erano stati razziati decine di negozi di televisori o di telefonini, nessuna libreria fosse stata rapinata (o tempora, o mores!).

Faccio delazione, qui e ora, su almeno due persone capaci di saccheggiare una libreria: Mark Adin e Dibbì, individui senza scrupoli e famigerati Black Book. L’Interpol apra un’indagine: potrebbero essere stati proprio loro, durante l’ultima scorreria, a rubare le “Memorie di Adriano”.

Si spera, con questo post, di restituirgliene almeno una parte.

Mark Adin

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

9 commenti

  • L’articolo di Mark Adin, nell’insieme mi sembra alquanto obbiettivo, paragonare
    la cultura e lo spessore scritturale di S.S.Benedetto XVI con lo scrittore Adriano Sofri, lo trovo un pò eccessivo. Ma ogni idea diversa dalla mia è degna di rispetto.
    Forse i giovani non hanno solo bisogno di oggetti consumistici, ma di essere capiti ed ascoltati e di avere un ideale per cui spendersi e sentirsi utili.
    Ogni uomo, per sua natura, tende alla perfezione e non si accontenta mai, solo lo spirito e l’intelletto più vicini alla trascendenza appagano in parte le qualità intangibili e interiori che sono legati al nostro deteriorabile involucro.
    M. Teresa

  • la memoria è un esercizio difficile, spesso deformata ed inutile come la ricerca della verità. Ad esempio io ricordo che gli espropri proletari erano teorizzati dalla galassia degli autonomi, non dal movimento di Adriano, che però era così variegato e salvo il primo periodo così poco centralizzato, da rendere possibile che qualcuno l’abbia praticata.
    Quel che è accaduto in Inghilterra è però altro, non paragonabile, se non dal punto di vista anagrafico dei protagonisti. Negli anni del post ’68 i protagonisti erano nella gran parte giovani borghesi e proletari, in cerca di futuro e spazio in una società arricchitasi all’improvviso nel decennio precedente. Ora siamo all’opposto,: una società che si sta sempre più impoverendo, almeno nelle classi medie e basse. La rivolta di Londra ha avuto come protagonisti sottoproletari e piccoli borghesi spaventati e senza residue speranze. Sono scesi nelle strade come si va ai rave-party, distruggono e rubano nell’illusione di esistere, niente di più. Starò anch’io invecchiando male, ma sono stanco di incensare e capire qualunque protesta, tutti gli egotisti, in nome di una sociologia posticcia. Quei tipetti, forgiati da questa società dell’usa, getta e distruggi, sono i prodromi della carne da cannone per i novelli nazi-fascisti.
    Ti allego l’opinione di un vecchio anarchico inglese: http://www.linkiesta.it/alan-moore-london-riots-looting
    e non vorrei che l’unico baluardo difensivo fossero i Papa boys!!!

  • Io che.
    Io che sono un po’ ignorante ma conoscevo (di vista) la piramide di Cheope ho verificato su Wikipedia che la piramide di Maslow riguarda la gerarchia dei bisogni e delle necessità.
    Io che sono un fan di Arkadin penso che anche questo sia un ottimo ragionare però l’apartheid sconfitto anche a colpi di palla ovale mi pare bellina ma poco veritiera.
    Io che conosco un po’ Dibbì (a esser sincero lo vedo quasi ogni giorno) vorrei a nome suo aggiungere che lui la vede così: sottrarre volumi nelle grandi librerie è un atto di auto-difesa mentre nelle piccole non si fa e rubare nelle biblioteche pubbliche è “peccato mortale”.
    Io che vivo con un piede qui e un altro lì aggiungo: per motivi che risulteranno lampanti ad alcuni e oscurissimi ad altri, i due suddetti ladri di libri – e altre/i ribaldi, malviventi, plebaglia della stessa genìa – credono che il sapere debba essere disponibile per tutte/i; chi mette recinti (o prezzi troppo alti) ai libri è come se incatenasse l’acqua, chiudesse il cielo, tassasse il respiro. E’ lui il ladro.

  • Maurizio italolondinese

    Caro Mark Adin,
    non ho letto l’articolo di Sofri, ma da quello che desumo dalla tua lettura,
    mi sembra francamente del tutto condivisibile. Ovviamente c’è una differenza sostanziale tra gli espropri proletari con le loro pretese politico-morali ed una visione alternativa di società, le ribellioni degli affamati, e la violenza nichilistica dei riots londinesi. Tuttavia chi ha suggerito che i riots londinesi siano forme contemporanee delle proteste di antico regime per una MORAL ECONOMY ha detto delle fesserie.
    La violenza e la rabbia dei giovani di Londra, come dici tu, ha radici sociali ed economiche innegabili, visto che è il frutto di un degrado sociale estremo, di cui i governi britannici degli ultimi 30 anni con le loro politiche neoliberiste estreme hanno le loro responsabilità. Ma la violenza di questi giovani se è data dalla mancanza di speranza per un qualsiasi cambiamento della loro vita,
    è tutta interna,come dice Sofri, ad una logica consumistica: anche loro vogliono partecipare al grasso banchetto che gli è stato promesso dalla pubblicità, essendosi illusi che il sogno consumista è alla portata di tutti. Non lo sfidano o criticano di certo!

    E’ una violenza determinata non semplicemente dalle diseguanglianze economiche, ma più profondamente è il frutto di una società degradata dove non esiste nessun tipo di tessuto protettivo, di comunità o di valori che funzionano. C’è solo la violenza allo stato puro, esercitata prevalentemente contro i propri simili: violenza e basta di gang contro gang, di gang contro il negozietto di un povero immigrato pakistano che si è visto distruggere la fonte del suo magro sostentamento, non contro le gradi catene multinazionali!
    In queste comunità quello che manca appunto non è il necessario per vivere, ma la famiglia o altra comunità come nucleo protettivo, o alcun senso da dare alla vita. E’ una violenza che non si traveste nemmeno in giustificazione morale o politica di alcun genere. Ci sono luoghi in Italia dove la povertà è più acuta, ma non esiste violenza, perchè il degrado SOCIALE non è così acuto: la famiglia, il paese, la parrocchia funzionano come ammortizzatori sociali. C’è un deficit sociale e culturale ancor prima che economico, benchè i tre sono ovviamente collegati tra di loro nel caso inglese.
    A Islington 20 ragazzi durante i riots buttavano bottiglie spaccate sui passanti: che significato simbolico o politico avrebbe?
    Gli arrestati sono disperati senza speranza, disoccupati. Il governo ha le sue responsabilità per aver creato parte del contesto di questa violenza. Tuttavia questa violenza bruta e insensata è moralmente ripugnante, non giustificabile come quella di chi si ribella per un tozzo di pane.
    a presto, Maurizio italolondinese

  • i rave party legali di Benedetto mi vanno anche bene, basta che li finanzi la chiesa e/o i suoi fedeli, e che non siano le istituzioni “laiche” a cacciare i danari. E a proposito di danari, sarebbe ora che pure i preti paghino le tasse, proprio come quasi tutti i mortali (esclusi gli evasori, of course). Date a Cesare ecc. Sarebbe un bell’insegnamento anche per i Papa Boys

  • Forse è sfuggito il tema più importante… Ci saranno anche i “papa boys”, ma tutti gli altri sono “boys” a disposizione di chi? Possibile che noi vecchi non riusciamo a creare un movimento culturale laico ed alternativo a quello cattolico, che offra ai giovani la possibilità di pensare, stare insieme, intervenire nella storia al di fuori dei logori e sterili ricatti morali del cateschismo romano?

  • ginodicostanzo

    http://ilpuntoimproprio.splinder.com/post/25442871/londra-sta-chiamando-leconomia-morale-dei-riot-britannici

    suggerisco questo link sui riots britannici, letti anche in chiave storica, come peculiarità della Gran Bretagna. E non pontifichiamo troppo sui “lumpen” inglesi, mi riferisco ad alcuni commenti, informarsi prima… L’omicidio da parte della polizia, ad es., che ha dato il via ai disordini… nemmeno la madre ha riconosciuto il figlio dopo il “trattamento” della polizia…

  • ginodicostanzo

    Ah, sui papa “toys”… 😉 dimenticavo:
    uccidi la religione prima che la religione uccida te…
    saludos

  • Le rivolte di Los Angeles e delle periferie parigine avevano basi etniche molto forti, oltre che risposte alla violenza poliziesca, quella greca è una vera ribellione a soprusi economici (per questo assimilabile ai riot inglesi). La rivolta di Londra ha da subito preso una via diversa. A Los Angeles tutti conoscevano il nome di Rodney King, ben pochi dei rivoltosi anglosassoni dopo 1 giorno ricordava il nome di Duggan. Per questo ha avuto buon gioco Cameron e la stampa tutta a derubricare gli scontri in solo problema di ordine pubblico, cercando al più un “grande vecchio” tra le fila degli anarchici (vi ricorda niente?). Quei ragazzi li vedo più a bruciarli i libri, che a rubarli. Oggetti incomprensibili ed inutili per bande a-culturate, non interessate ai bla bla di una sinistra squalificata, senza uno straccio di idea per un futuro e peggio (per loro e per noi), per il presente. Per questo i Pappa-boys, i neonazisti stanno spopolando in tutta europa, danno quantomeno un senso di appartenenza, arrivando anche a corrodere le menti dei più avveduti: http://mazzetta.splinder.com/post/25473331/quei-rossobruni-che-difendono-gheddafi

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