«Benvenuto in…»

Un viaggio per ritrovare la dignità della malattia mentale (un brano dello spettacolo di Alessandro Mascia e Pierpaolo Piludu)

Per chi si trova a Cagliari e dintorni l’appuntamento è stasera e domani al Teatro La Vetreria di Pirri (Cagliari)

AVVERTENZA: qui sotto trovate la scena finale, dunque se avete intenzione di vederlo oggi o domani… vi conviene non leggere [db]

Benvenuto in…” – tratto dal libro “Benvenuto in Psichiatria” di Giovanni Casula) – è un viaggio in cui tentiamo di ritrovare la dignità della malattia mentale e di guardare con occhi diversi il disagio comune a tanti esseri umani: i due protagonisti dello spettacolo, Giovanni e Nino, nonostante le mille difficoltà che incontrano, trasmettono una grande, contagiosa voglia di vivere. Giovanni a volte si chiude, a volte sembra un fiume in piena; Nino invece non parla; sta bene quando riesce a registrare e a elaborare nuovi suoni o abbracciare tutte le persone che incontra… Pierpaolo Piludu 

ECCO LA SCENA FINALE

Alessandro Mascia, che interpreta il personaggio di Giovanni, un educatore, racconta di Simone, un paziente incontrato in un centro di salute mentale di Cagliari. In scena, insieme a lui, c’è Giorgio Delrio che interpreta il personaggio di Nino, un uomo che non parla ma che comunica con la musica, coi suoni che registra in continuazione e abbracciando chiunque incontri.

Simone. L’avevo visto arrivare un venerdì pomeriggio: era legato busto, mani e piedi, dai barellieri del 118 incaricati di portarlo in reparto. Aveva 40 anni. Era stato allevato da un padre violento, prima che il Tribunale per i Minorenni gli avesse sospeso la patria potestà… era cresciuto senza mamma, chiuso in se stesso. Il padre lo portava sempre con se, all’ovile, anche di notte. Ma Simone aveva paura del buio. Una fredda sera d’autunno, Simone aveva 11 anni, il padre, l’aveva lasciato in un altro ovile molto lontano dal paese. Era la prima volta che Simone stava da solo; aveva avuto paura e per tutta la notte aveva cercato, cercato, cercato la strada per rientrare a casa… e da allora non ha mai smesso di cercare.

Il medico di guardia aveva detto che Simone era scompensato. Aveva minacciato un giudice del Tribunale! Era andato a cercarlo e dopo averlo atteso per ore aveva perso la pazienza e aveva minacciato tutti quelli in divisa: vigili urbani, carabinieri, guardie giurate! Prima che potesse far del male… dice che lo avevano ammanettato. Era arrivato così, legato, spaventato… Non era la prima volta che vedevo una contenzione ma ogni volta…

Andai subito incontro ai volontari del 118 che spingendo la barella anticipavano l’arrivo di alcuni agenti di polizia. Il mio sguardo si rivolse immediatamente verso Simone.

… Santa Maria, madre di Dio… prega per noi peccatori… ora e nell’ora… Santa Maria, madre di Dio… prega per noi peccatori… ora e nell’ora…”

“…Ciao Simone… Ciao… mi riconosci?”

Certo che ti conosco! Merda! Dottor Pisu! Mi liberi da queste cinghie, maledizione…”

Simone, sono Giovanni. Ti ricordi di me?”

Ah si…si è vero sei…Giovanni… Liberami, cazzo! Giovanni… liberami… ti prego.” Ma subito gli infermieri spinsero la barella dentro la stanza del medico. Lo vidi portare via… mentre ancora “Santa Maria, madre di Dio, prega per noi peccatori. Santa Maria, madre di Dio, prega per noi peccatori, ora e nell’ora della nostra morte. Madre di Dio, prega per noi…”. Avrei voluto seguirlo, ma il protocollo d’ingresso prevede che sia il medico di guardia con l’assistenza di un infermiere a valutare immediatamente la terapia farmacologia e l’eventuale ricovero. Per Simone si trattava dell’ennesimo T.S.O. Trattamento Sanitario Obbligatorio. Durante tutto quel fine settimana l’immagine di Simone non mi abbandonava. Vederlo in quelle condizioni mi sembrava una sconfitta… per tutti… Chissà se qualcuno aveva provato ad arginare con le parole la sua angoscia. Chissà…… Il lunedì, appena arrivato in reparto, mi diressi subito nella sua stanza. Simone era ancora lì. Come la statua di un dio greco in fondo al mare. Immobile. Le bende di contenzione ai polsi e alle caviglie, come tre giorni prima. Il letto che sembrava minuscolo sotto il suo enorme corpo. La bocca aperta… sedato.

Entrò Fabrizio, un medico che lo conosceva bene. “Fabrizio hai visto? È completamente bagnato. Si è fatto addosso! Ed è così da chissà quanto tempo!”

Liberiamolo!”

Lo slegammo.

Simone distese i muscoli del viso, come per ringraziarci. Riuscimmo a spogliarlo. Piano piano riuscimmo ad accompagnarlo in doccia. La sua collaborazione si limitava a uno stare in piedi instabile a causa dei farmaci. Un corpo ancora giovane che avrebbe potuto sollevare un’auto come niente, ora non riusciva a stare diritto, stentava a tenere aperti gli occhi, ancora spenti dalla lunga sedazione.

Con fatica riuscimmo a pulirlo, lo aiutammo a coricarsi. Simone si rannicchiò tutto: “Sono ancora vivo?… Che giorno è?… È notte o giorno?…”

Uscii dalla stanza… (Giovanni va al centro, verso il proscenio) “Scusate, c’è un medico, un infermiere, qualcuno che si è accorto che nella camera “C”, da tre giorni, un ragazzo è rimasto sedato e legato a un letto?… Come? (…) “Pericoloso”?!… Ma… avete visto in che condizioni è?! E in ogni caso, scusate… non riesco a capire: delle due una. Se l’avete legato, che bisogno c’era di sedarlo…? Oppure se avete deciso proprio di sedarlo…?… Scusate.. è stato ordinato che restasse così per tre giorni, o qualcuno si è dimenticato? (…) Sì, lo so che non ci sono medici e infermieri a sufficien… (…) Come?… “in questi casi la procedura…?!” … Allora posso dire a Simone… di stare tranquillo che è tutto regolare… che durante un T.S.O. può capitare… Se volete, gli dico anche che… quando lo sentivate gridare… vi dispiaceva tanto… ma cosa potevate fare?… Dispiace, certo che dispiace… però alla fine ci si abitua, ci si abitua a tutto, vero?!… Scusate, ma a nessuno è venuto in mente di chiedergli perché stava male, cosa gli era capitato, perché era così incazzato?!

Ah, quindi secondo voi Simone ha fatto tutto quel casino solo perché… perché è…(gesto) E certo! Non è mica uno come noi, uno come noi, che riesce sempre a controllarsi! Queste sono cose che capitano agli altri, non a noi! E quando gli altri non riescono a controllarsi, noi li leghiamo al letto… e chiusa lì!

E perché devo parlare a voce bassa?!… E che problema c’è?!… Tanto sono cose che capitano solo a uno come Simone! Uno di cui ci si ricorda il nome a malapena!

Ma dimmi un po’, Cristo! Se in quella stanza ci fosse stata tua madre, tuo figlio, il tuo più caro amico…?!…

Ma cosa sto dicendo?!… A noi mica faranno mai un TSO!! Noi non ci ammaliamo mai, noi non usciamo mai fuori di testa!! Queste sono cose che capitano solo agli altri! “A questi” a volte basta una fesseria… e vanno fuori strada! Iniziano ad avere paura, iniziano a sentire le voci e quando non ce la fanno più, fanno casino e diventano pericolosi. E noi non possiamo mica perdere tempo ad ascoltarli! “Questi altri” ora stanno esagerando! Questi vogliono fare diventare matti anche noi! Diciamoci la verità: si starebbe così bene, ma così bene, se non ci fossero questi altri che ci rompono… (Nino, che ha osservato la scena seduto dietro il suo banco mixer, fa partire il brano “Little wing” di J.Hendrix. Si alza e si avvicina a Giovanni come se volesse abbracciarlo. Giovanni sembra perso nei suoi pensieri. Nino si allontana)

Quello stesso pomeriggio incontrai un amico, Ignazio, che ora non c’è più, gli raccontai subito l’intera storia di Simone. Avevo bisogno di mettere in ordine le parole, di qualcuno che mi ascoltasse, capisse… e Ignazio avrebbe capito! Andai a trovarlo a casa sua, nella sua stanza, come sempre avvolta da musica e ‘fumo di canne’. Era sempre stato vicino a questi problemi, sia per necessità, sia per passione sindacale. Stare dove c’erano difficoltà o sofferenze era per lui come respirare. Mi ascoltò, scuro in volto, poi fece cigolare la sua carrozzina verso di me. Quella carrozzina che gli permetteva quasi tutto, da sempre: “Io so cosa significa essere costretto a stare fermo, non poter decidere quando muoverti … Nessun uomo ha il diritto di legare nessuno, è contro la dignità umana… è persino anti terapeutico. Hai fatto bene Giovanni. Queste cose… non devono succedere più!… Mai più!” (Giovanni lentamente si gira, va verso il fondo, muovendosi come se stesse avanzando con una sedia a rotelle. Nino accompagna la canzone suonando sulla batteria elettronica che ha utilizzato durante lo spettacolo. Giovanni, arrivato all’altezza del fondale lo spinge, si apre una porta e continua a camminare… Nino lo accompagna con la batteria sino alla fine di “Little wing”)

Sabato 21 ottobre – ore 21 e domenica 22 ottobre – ore 18

CADA DIE TEATRO con Alessandro Mascia e Giorgio Del Rio

al TEATRO LA VETRERIA di Pirri (via Italia 63 – Cagliari)

Redazione
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