Bergoglio, i media e l’impossibile laicità italiana
Un breve testo di db e l’invito a prendere «Left». A seguire le considerazioni di Ilaria Valenzi sul crocifisso in aula
Neanche ha finito di scrivere la sua enciclica che i media italiani (quasi nessuna eccezione) intonano l’osanna per Bergoglio. I più senza aver neppure letto il testo perchè tutto quello che tocca “il papa Mida” è oro a prescindere. Chi invece ha letto la «Fratelli tutti» (sorelle nessuna?) è ovviamente liberissimo di plaudire ma almeno i giornalisti, i politici e le persone serie dovrebbero sempre ricordare che per quanto importanti siano le parole – e lo sono, perbacco – contano di più i fatti. Ma in Italia da sempre i media tacciono sui “fattacci” del Vaticano: si tratti di intromissioni negli affari dello Stato, di privilegi, di mani sul mercato immobiliare, di soldi rubati allo Stato italiano (o illecitamente presi da esso)… Si parla solo di qualche scandalo – meglio se a sfondo sessuale – ma solo se non se ne può fare a meno, circoscrivendo il caso alle classiche “pecore nere” anche quando il gregge è numeroso e ai vertici della gerarchia. Comunque giurando che “il papa Mida” ha già provveduto e tutto cambierà: infatti dalla pedofilia alle finanze vaticane tutto va come prima ma il coro dei media riesce a far credere il contrario (sper-giurando anche su un gran complotto dei conservatori contro Bergoglio che al 90 per cento è aria frittta).
In questa genuflessione permanente al “papa re” in Italia ci sono rare – e dunque preziose – eccezioni. Per esempio la Federazione delle chiese evangeliche in Italia, come si può vedere anche dall’articolo di Ilaria Valenzi che riporto qui sotto.
Fra i presunti laici e in quel che resta della sinistra va peggio.
La recente nomina di Vincenzo Paglia (*) a presidente della “Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana”, decisa dal ministro della sanità Roberto Speranza, è una schifezza assoluta ma le proteste sono al minimo storico anche fra le poche persone “informate dai fatti”.
In questo quasi deserto va segnalato il settimanale «Left». Se prendete l’ultimo numero in edicola scoprirete come si sappia (e si debba) ragionare e, a partire dal caso Speranza-Paglia, indicare le radici da tagliare. Ma se in edicola comprate «Left» (3,90 eurini) aggiungete 6,50 euri e fatevi dare il libretto «Porta Pia 150: la riconquista della laicità» – uscito la settimana precedente – che è davvero ben fatto. Ed è particolarmente impressionante, per chi appunto non è abituato a cercare informazioni alternative a quelle quotidiane vatican-statali, la lunga sezione intitolata «Quel che non leggerete mai sui giornali italiani».
(*) A sinistra ogni Speranza è di Paglia?
SOMMARIO del libro di Left «PORTA PIA 150. La riconquista della laicità»
Introduzioni
Laicità, libertà e Stato di diritto
di Maurizio Turco
La Repubblica pontificia
di Carla Corsetti
Laicità, libertà e Stato di diritto
di Maurizio Turco
La Repubblica pontificia
di Carla Corsetti
Cosa resta della Breccia
L’Italia che ha fatto breccia
di Massimo Cattaneo
I soldati del papa. Ecco come la Chiesa riconquistò l’Italia
di Gianni Manetti
Porta Pia, l’altra Liberazione
di Raffaele Carcano
Abolire il Concordato
Due secoli di Patti
di David Armando
Repubblica a sovranità limitata
di Raffaele Carcano
La laicità del vicino è davvero sempre più verde
di Giovanni Gaetani
Facile fare la carità con i soldi degli altri
di Roberto Grendene
Otto per mille alla Cei, non tornano i conti
di Adele Orioli
Gli uomini della provvidenza e il sacro mattone
di Federico Tulli
Così l’Italia garantisce l’impunità dei preti pedofili
di Federico Tulli
Come (e perché) farla finita con il Concordato
di Federico Tulli
La Chiesa è libera. E lo Stato?
Tanta libera Chiesa in poco libero Stato
di Andrea Maestri
Istruzione, salute, casa: un affare di Chiesa
di Carla Corsetti
Più obiettori meno diritti
di Elisabetta Canitano
Ora di religione, i cattivi maestri
di Cecilia M. Calamani
Il miracolo della sparizione dell’Ici ecclesiastica
di Federico Tulli
Imprese miracolate: le scuole private cattoliche
di Roberto Grendene
Professioni miracolate: l’infermiere parrocchiale
di Carla Corsetti
Quanto ci costano i cappellani militari
di Federico Tulli
Professioni miracolate: i cappellani delle FF.SS.
di Carla Corsetti
Quello che non leggerete mai sui giornali italiani
La balla delle radici cristiane dell’Europa
di Simona Maggiorelli
Fare figli è una scelta non un destino
di Maria Gabriella Gatti
Quello che i vaticanisti (non) scrivono
di Frédéric Martel
La sessualità oltre la legge 40
di Maria Gabriella Gatti
Te la do io la pillola
di Federico Tulli
In Umbria (e non solo) vedono ancora le streghe
di Carlo Flamigni e Corrado Melega
Quante balle contro la Ru486
di Mirella Parachini
Fine vita, quando la scelta è libera e consapevole
di Francesco Troccoli
Linda Laura Sabbadini: Non c’è più religione
di Simona Maggiorelli
L’infinito mondo di Margherita Hack
di Federico Tulli
Left è ateo
di Matteo Fago
Crocifisso in aula, nuovo capitolo
di Ilaria Valenzi (**)
L’avvocata Ilaria Valenzi , consulente legale della Federazione delle chiese evangeliche in Italia ci aiuta a “leggere” la recente questione di un insegnante sanzionato per essere solito rimuovere il crocifisso
A quasi dieci anni di distanza dalla pronuncia della Cedu nel caso Lautsi v. Italia, l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche torna a far parlare di sé. Approda alle Sezioni Unite della Cassazione la vicenda di un insegnante di lettere, sanzionato disciplinarmente con una prolungata sospensione dall’insegnamento per essere solito rimuovere il crocifisso all’inizio delle sue lezioni, per poi ricollocarlo sulla parete una volta terminate. Se in Lautsi la questione verteva sul riconoscimento del diritto ad un’educazione conforme alle convinzioni filosofiche e religiose dei genitori e sulla potenziale influenza del simbolo sulla formazione degli allievi, nel caso di specie l’insegnante invoca il suo diritto alla libertà di insegnamento e di coscienza in materia religiosa, in nome del principio di laicità dello Stato.
La prassi della rimozione del crocifisso dalle sedi pubbliche, o del rifiuto della prestazione di lavoro in sua presenza, è nota. Si ricorderanno precedenti di insegnanti (ma anche di qualche magistrato e scrutatore di seggio), le cui proteste hanno dato vita a contenziosi simili a quello odierno, il quale, tuttavia, presenta una particolarità in più. La vicenda è stata infatti innescata dalla richiesta di esposizione del crocifisso nell’aula da parte dagli stessi alunni, nel corso dell’assemblea di classe. Il dato non è di poco conto e non solo per gli interrogativi che una tale volontà pone alla riflessione comune sul ruolo della scuola pubblica come luogo di formazione plurale. Si tratta infatti della ricerca del bilanciamento tra due posizioni contrapposte garantendo, da un lato, la libertà di insegnamento come espressione culturale del docente e, dall’altro, il rispetto della “coscienza civile e morale degli alunni”, che con quella decisione si è manifestata.
La controversia intreccia temi di grande rilevanza, a partire dal significato da attribuire al simbolo, elemento tutt’altro che pacifico, per giungere alle questioni della libertà religiosa, delle discriminazioni sul luogo di lavoro in ragione del credo, in uno con la portata attuativa del principio di laicità.
Il complesso esame della questione parte da un dato centrale, su cui le Corti italiane mostrano da sempre un significativo disaccordo e che pertanto rende necessario e auspicabile l’intervento delle Sezioni Unite. Si tratta della valenza da attribuire al crocifisso e dei significati che ad esso sono ricollegabili.
Se, per un verso, in più occasioni la magistratura amministrativa ha affermato che in ambito scolastico il crocifisso svolge una funzione simbolica educativa nei confronti degli alunni, credenti e non credenti, per il richiamo a valori laici, sebbene di origine religiosa, come la tolleranza, il rispetto reciproco e la valorizzazione della persona, di contro la Corte di legittimità ha più volte affermato che l’esposizione del crocifisso è il frutto di un principio che non trova più ospitalità nel nostro ordinamento e cioè quello della religione cattolica come unica religione dello Stato, sancito dall’art. 1 dello Statuto albertino. Ne consegue che il crocifisso altro non può essere che un simbolo esclusivamente religioso e nessuno richiamo alla presunta coscienza sociale può servire a superare il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione all’art. 3.
Valore escatologico, dunque, e non meramente culturale, quello del crocifisso, assunto peraltro già confermato in Lautsi, quando l’affermazione della valenza religiosa del simbolo fu l’occasione per determinarne anche la natura “passiva”, non in grado cioè di condizionare la libertà degli alunni orientandone la formazione, come avverrebbe, ad esempio, nel caso della partecipazione ad attività con funzioni religiose. Nel caso dell’insegnante tale passività può tuttavia essere messa in dubbio. Ciò qualora l’esposizione del crocifisso assuma anche il significato di manifestazione del legame tra la funzione educativa e i valori del credo religioso richiamati dal simbolo. In tal caso quell’esposizione comporterebbe una lesione della libertà di coscienza e religione, ponendosi in contrasto con il principio di laicità dello Stato, intesa come tutela del pluralismo a sostegno della massima libertà di tutti. Né potrebbe escludersi una discriminazione, avendo in più occasioni la Corte costituzionale affermato che in tema di religioni il criterio della maggioranza non trova applicazione, essendo la coscienza di ciascuna persona degna di pari protezione.
(**) ripreso da riforma.it, «Il quotidiano on-line delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia»
Caro Daniele,
ottimo, sono pienamente d’accordo con te! Non capirò mai gli “orfani del marxismo” (e strettamente non solo) che passano al “papismo” affascinati dalla Laudato Sì. Io ovviamente apprezzo la Laudato Sì perché ribalta — MA ERA L’ORA! — tante posizioni vetero della Chiesa Cattolica: ma questi estimatori “orfani della sinistra” passano sopra a “quisqiulie” come la condanna dell’aborto, il controllo delle nascite, il deteriore maschilismo della Chiesa. Apprezzare le enunciazioni e le prese di posizione di Papa Francesco è un paio di maniche, sposarle in toto è tutt’altro
Angelo Baracca
Consiglio la lettura di «Bergoglio nemico di donne e gay» di CINZIA SCIUTO a proposito delle recenti dichiarazioni in cui il pontefice ribadisce la linea della Chiesa: l’aborto è omicidio e il matrimonio è solo fra uomo e donna.
Il testo completo è qui: http://www.micromega.net/bergoglio-nemico-di-donne-e-gay/