Biffi: teatro cioè macroetnia, rito laico insopprimibile

Dal 27 marzo del 1962 si celebra in tutto il mondo, in questa data, la giornata mondiale del teatro. Una giornata che stringe simbolicamente in un grande abbraccio nazioni, culturalmente, politicamente e religiosamente, molto differenti; atto forte per far sentire tutte le persone che si occupano di questa arte come appartenenti a una grande macroetnia, a una grande nazione. Un rito laico, il teatro, che si ripete tutti i giorni in infiniti luoghi che dilata territori e confini, che strappa sorrisi e applausi, che piega poteri e arroganze, che commuove e fa ridere, che fa pensare e riflettere, che attraverso le storie di tanti racconta la vita di tutti, stimolo per ogni società che pretende d’essere civiltà. Una pratica quella teatrale che sopravvivrà alla catastrofe: finché ci sarà un uomo ci sarà un attore. Un sogno al servizio dell’umanità e che nella farsa della recita quotidiana diviene spazio di verità, luogo non oscurabile, zona di libertà insopprimibile, un canto civile che intreccia tensione e provocazione, tensione del fare, della ricerca furiosa di bellezza e poesia, e provocazione sul presente e sulle circostanze che lo generano, non può esistere un teatro asservito, megafono o poltrona per governanti e potenti, il teatro è sconveniente per propria origine, non c’entra nulla con l’intrattenimento ma all’opposto tantissimo con l’incontro, per un morso di tempo, in uno spazio ogni volta ricreato, l’attore serve, attraverso la scena, un’opera unica e irripetibile. Nell’azione dell’osare, il teatro si prende lo spazio della vita e lo reinterpreta, confondendo bene e male, passato e futuro, torto e ragione. Arte indomabile e non comprimibile che però può vivere unicamente grazie a contributi pubblici, poiché il teatro è pubblico per natura, è pubblica la riflessione che consegue alla messa in scena, all’azione sociale, all’impatto culturale, al percorso di crescita; è al clown alla corte del Re che gli è permesso sbeffeggiare, irridere, dire ogni cosa fino giungere a ridicolizzare la figura del sovrano. Nel gorgo delle menzogne, solo chi non teme la verità può amare il teatro, perché è proprio dal luogo della finzione che si può uscire con in tasca uno scampolo di verità, magari non capita, non ancora digerita ma che rischia ogni volta d’accendere la notte.

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