Biologico e sostenibilità

di Alessio – fedorpavlovic@yahoo.it

Uno degli articoli del regolamento europeo in materia di agricoltura biologica, il Reg. CE N. 834/2007, recita così: “Gli organismi geneticamente modificati (OGM) e i prodotti derivati od ottenuti da OGM sono incompatibili con il concetto di produzione biologica e con la percezione che i consumatori hanno dei prodotti biologici”. In poche parole, biologico è bello, OGM è brutto, ma chi lo decide? Queste non sono affermazioni fatte dopo aver letto e analizzato i risultati delle ricerche scientifiche pubblicate in materia ma, come si legge nel regolamento, in base alle sensazioni dei consumatori che mettono agli antipodi le due categorie. Il consumatore, e non la scienza.

È così che funziona il mercato dell’agricoltura biologica che, finanziato dai fondi della comunità economica europea, continua a crescere di anno in anno (almeno fino a che non finiranno le sovvenzioni). Le contraddizioni e le incertezze in materia di agricoltura biologica fioccano da ogni parte. Le prime a causa del sensazionalismo mediatico che ricevono le dichiarazioni di personaggi poco attenti, o volutamente maldestri, a evitare di dare notizie false, o appositamente manomesse; le seconde sono invece dovute alle difficoltà nel trovare condizioni sperimentali adeguate per condurre studi in materia nel pieno rigore scientifico. In altre parole, se volessimo paragonare gli effetti sulla salute di due prodotti agricoli, uno coltivato secondo le tecniche tradizionali, l’altro seguendo i principi dell’agricoltura biologica, dovremmo essere sicuri di escludere dal nostro paragone tutte le variabili che potrebbero pregiudicare il paragone tra i due sistemi produttivi. Il problema metodologico è ben illustrato nel libro, pubblicato per Chiare Lettere nel 2010, “Pane e Bugie” di Dario Bressanini – ricercatore dell’Università dell’Insubria, ed è spesso uno dei motivi per cui molti articoli, riportati in letteratura, sono scartati dalle revisioni sistemiche che hanno lo scopo di riassumere e organizzare le conoscenze raggiunte in materia [1 e 2].
Le tematiche attorno alle quali il dibattito sul biologico è più acceso, sono senza dubbio la “sostenibilità”e in generale gli impatti ambientali della produzione biologica, con particolare attenzione alla tutela della biodiversità. Questi temi rivestono un ruolo fondamentale e sono parte integrante dei principi alla base della produzione biologica. Di seguito viene riportata la lista degli obiettivi principali della produzione e della trasformazione biologica rilasciata dalla IFOAM (International Federation of Organic Agriculture) nel 1998:

  1. Produrre cibo di alta qualità in quantità sufficienti
  2. Interagire in maniera costruttiva e migliorativa di cicli e sistemi naturali
  3. Considerare l’impatto sociale e ecologico della produzione biologica
  4. Incoraggiare e migliorare i cicli biologici all’interno delle fattorie che coinvolgono micro-organismi, suolo, flora e fauna.
  5. Sviluppare ecosistemi acquatici preziosi e sostenibili
  6. Conservare e migliorare la fertilità a lungo termine dei suoli
  7. Mantenere la diversità genetica dei sistemi di produzione e delle aree limitrofe, includendo la protezione delle piante e degli habitat naturali
  8. Promuovere un uso sano e avere cura delle risorse idriche e della vita in esse
  9. Utilizzare, quando possibile, risorse rinnovabili in sistemi di produzione organizzati localmente
  10. Creare un bilancio armonioso tra produzione agricola e zootecnica
  11. Dare agli animali allevati condizioni di vita adeguate, sulla base delle loro abitudini innate
  12. Minimizzare tutte le forme di inquinamento
  13. Processare i prodotti organici utilizzando risorse rinnovabili
  14. Produrre prodotti biologici completamente biodegradabili
  15. Produrre tessuti di lunga durata e buona qualità
  16. Garantire a tutti i lavoratori nel campo della produzione biologica una qualità della vita in conformità ai propri bisogni ed un ritorno adeguato e soddisfacente dal proprio lavoro, incluso un ambiente lavorativo sicuro.
  17. Progredire verso un ciclo di produzione, trasformazione e distribuzione che sia socialmente giusto ed ecologicamente responsabile.

La lista è sicuramente piena di virtuosità, ma purtroppo si tratta solamente di obiettivi, e non di risultati conseguiti. Ad esempio, quali sono le implicazioni dell’obbiettivo numero uno della lista, se provassimo ad aggiungere prima del punto due semplici parole: “per tutti”.
La produzione biologica, come noto, ha rese di prodotti agricoli su superficie coltivata decisamente inferiori a quelle dell’agricoltura tradizionale. Ciò significa che per produrre la stessa quantità di cibo che viene prodotta oggigiorno in tutto il mondo, si dovrebbero aumentare le aree destinate all’agricoltura. Questo, per molte nazioni della comunità economica europea come l’Italia, o l’Inghilterra, in cui l’agricoltura occupa già la maggior parte delle arre coltivabili, si tradurrebbe in una diminuzione delle aree boschive e degli habitat naturali. Ma allora la tutela della biodiversità e l’inseguimento di un sistema di produzione  sostenibile sono solo delle “chimere”  di questo sistema agricolo alternativo? Ci stanno prendendo in giro?

Assolutamente no.

Cominciamo con la biodiversità. Le aree agricole biologiche in molti casi sembrano ospitare maggiori varietà e quantità di organismi viventi, come uccelli, insetti, lombrichi (sono anellidi) e piante, rispetto ad aree coltivate tradizionalmente [3]. Tuttavia, le differenze non sempre sono imputabili ai diversi sistemi di produzione; molto dipende dalle pratiche adoperate dai singoli contadini, come ad esempio l’utilizzo di una particolare tecnica di aratura rispetto a un’altra, ed è probabile che un contadino convertito al biologico, sia predisposto ad utilizzare tecniche agricole di minor impatto ambientale in aggiunta a quelle imposte dalla produzione biologica [4]. Qualunque siano le cause di questo fenomeno, una presenza maggiore di aree coltivate biologicamente potrebbe portare per la fauna aviaria migratoria (sono tra le specie più studiate) un aumento degli habitat disponibili al momento della migrazione, con conseguenti ricadute positive per le loro popolazioni (in aiuto al conseguimento degli obiettivi delle Direttive Uccelli e Habitat).
Ritornando sul tema della sostenibilità, bisogna ricordare che la domanda mondiale di cibo è in crescita. Per produrre più cibo dovremo aumentare le aree coltivate, oppure aumentare le rese di prodotti agricoli per unità di superficie (ciò vale soprattutto per i paesi in via di sviluppo, come l’India), o fare entrambe le cose con un occhio rivolto alle varie realtà locali. L’agricoltura biologica non è sinonimo né contrario di sostenibilità, in quanto costituisce una parte di quegli approcci alternativi sviluppati in un’ottica di sostenibilità, come l’agricoltura sinergica, la gestione integrata dei pesticidi, la gestione integrata delle colture, l’agricoltura a basso input, l’agricoltura sostenibile, l’agro ecologia ed altre ancora [4]. D’altra parte, ciò che è “sostenibile” varia sia temporalmente che spazialmente [4]; in questa ottica, il problema della sostenibilità con tutte le sue sfumature, si riesce ad inquadrare meglio.

Per sviluppare un sistema produttivo che sia veramente sostenibile, probabilmente dovremmo ricorrere a tutte le tecnologie e ricorrere a tutte le tecniche di produzione agricola di cui siamo capaci; forse anche agli OGM. Per dirla con le parole di Ziberman et al. [5] : “Mentre l’agricoltura biologica e la rotazione delle colture tradizionali possono avere un ruolo significativo in un futuro sostenibile, non crediamo che le chiavi per la sostenibilità siano le tecnologie del passato […] Non possiamo tornare indietro nel tempo, e continuare a nutrire la popolazione umana attuale”.
Pensateci.

[1] A. Dangour, E. Allen, A. Aikenhead, A. Hayter, K. Lock, R. Uauy. Comparison of putative health effects of organically and conventionally produced foods. Report for the Food Standards Agency. Nutrition and Public Health Intervention Research Unit London School of Hygiene & Tropical Medicine. Systematic Review.

[2] A. Dangour, S. Dodhia, A. Hayter, A. Aikenhead, E. Allen, K. Lock, R. Uauy. Comparison of composition (nutrients and other substances) of organically and conventionally produced foods. Report for the Food Standards Agency. Nutrition and Public Health Intervention Research Unit London School of Hygiene & Tropical Medicine. Systematic Review.

[3] D.G. Holea, A.J. Perkinsb, J.D. Wilsonc, I.H. Alexanderd, P.V. Gricee and A.D. Evansa. Does organic farming benefit biodiversity? Biological Conservation, Volume 122, 1 (2005) pg. 113-130.

[4] Rigby D. and Cáceres D. Organic farming and the sustainability of agricultural systems. Agricultural Systems, Volume 68, 1 (2001) pg. 21.

[5] D. Zilberman, M. Khanna, L. Lipper. Economics of new technologies for sustainable agriculture. Australian Journal of Agricultural and Resource Economics Volume 41, 1 (1997), pg. 6

Alessio

4 commenti

  • ginodicostanzo

    Molto interessante. Mi chiedevo se la minore resa dell’agricoltura biologica fosse meno grave delle aree sottratte all’agricoltura per la produzione di bio-diesel, ma non ho i dati per rispondere. Grazie, bell’articolo.

  • pur condividendo molti dubbi sul cosìdeto “biologico” me ne sorgono però anche in riferimento ad alcune critiche:
    1) Non possiamo tornare indietro nel tempo, e continuare a nutrire la popolazione umana attuale: ma la scienza non può avere un ruolo in questo, biologico significa solo tornare ad un mondo antico che mai è esistito? Nel passato, secoli, la produzione agricola non è stata gestita da contadini allegri che amavano la terra ma da latifondisti che saccheggiavano le risorse, se poi non avevano i pesticidi non era colpa loro.
    2) Questo, per molte nazioni della comunità economica europea come l’Italia, o l’Inghilterra, in cui l’agricoltura occupa già la maggior parte delle arre coltivabili, si tradurrebbe in una diminuzione delle aree boschive e degli habitat naturali: Quale è la percentuale no-food di queste coltivazioni? se penso al Veneto qui, mi pare, la maggior pate delle coltivazioni non sono destinate all’alimentazione. In secondo luogo perché la ricerca scientifica, la capacità dell’uomo di trasformare la natura, non può portare a una migliore resa del così detto “biologico”?
    Certamente molto spesso quando penso a biologico e naturalismo mi viene in mente il nazismo: verde sì ma per gli ariani, tutti gli altri utili come schiavi e per concimare il terreno.

  • ginodicostanzo

    Condivido le perplessità di Romano.

  • Grazie ad entrambi per i commenti.
    Per quanto riguarda le tue perplessità Romano, non credo di aver colto cosa volevi dire con il primo punto. La frase che ho citato nel post si riferisce in maniera esplicita alle tecnologie del passato, il cui utilizzo è necessario per giungere ad una condizione di sostenibilità agricola (quindi a rispetto per l’ambiente, equità sociale, sufficienza alimentare e molto ancora), che quindi escludono sistemi come latifondismo o mezzadria. Per quanto riguarda il secondo punto, puoi consultare tu stesso i dati sul sito della FAO. In basso ti riporto il link in cui puoi trovare il database mondiale della produzione agricola. In Italia la stargrande maggioranza delle coltivazioni agricole sono per il mercato food, in maniera diretta o indiretta (alimentazione animale). Ovviamente ci sono anche grandi aree dedicate alla arboricoltura, ma se i tuoi dubbi sono rivolti alle coltivazioni destinate alla produzione di biocarburanti di prima generazione, sappi che l’Italia è un grande importatore di olio di palma e olio di colza per la produzione di questi bio-carburanti. Non dico che questo sia sostenibile, mi limito semplicemente a riportarti i dati di produzione del 2008.
    http://faostat.fao.org/site/339/default.aspx
    Questo è il link.
    Grazie ancora per avermi letto e a presto.
    Alessio

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