Bird, 100 anni fa (e volando per sempre)

tre tappe per conoscere o ritrovare Charlie Parker

Qui in “bottega” volevamo ospitare una ricca, succulenta scor-data per il centenario della nascita di Charlie Parker, scrivendo noi qualcosa ma soprattutto rubacchiando qua e là. Ma poi Pabuda ci ha avvisato che su www.mescalina.it c’era già (quasi) tutto … e pure ben costruito. Dunque questa sarà la prima tappa (perchè faticare se qualcuno ha già fatto un gran bel lavoro?) del nostro dosssier. La seconda tappa ospita lo scritto – breve ma sofferto – di un vecchiaccio (costui si firma db) che riflette sul nodo dove si intrecciano il mito, l’uomo reale e il musicista geniale. Per compensare il vecchietto (chissà, potrebbe essere noioso) ci voleva un zuvinot, un giovincello proiettato in avanti, e così abbiamo ingaggiato “il cugino di Dizzy” che ci porta al Birdland di oggi.

PS: auguri a Francesco – papà di Matilde, stupenda bimba appassionatissima di balene – che proprio domani, 29 agosto, festeggia 50 anni; il regalo di db non poteva che essere una selezione di Bird; per l’esattezza questa: Charlie Parker: Jam Session {Full Album} (un’ora e un minuto come antipasto per chi ancora non si è fatto conquistare orecchie, testolina e cuore…).

 

PRIMA TAPPA

Centenario della nascita di Charlie ‘Bird’ Parker

Con questo sommario:

Biografia

Vale aggiungere  – db & jazzsoci sommessamente – che fra le “rievocazioni” di questo periodo è assai bella questa di Helmut Failoni: Pronto, Charlie Parker? Un secolo di jazz e genio – PressReader

La seconda tappa: il vecchiaccio (db) riflette

«Ma basta aprire gli occhi all’arcobaleno d’aprile / e le orecchie, soprattutto le orecchie, a Dio / che con un riso di sassofono creò il cielo e la terra in sei giorni. / E il settimo giorno, dormì del grande sonno negro». Così scriveva Leopold Sedar Senghor e mi piace pensare che il sax fosse quello di Bird.

Nel suo massimo splendore il jazz era pieno di eroi, eroine e purtroppo eroina. Vivere di musica può bastare ad alcuni artisti, non a tutti e tutte. E si può morire in fretta: Billie Holiday a 44 anni, John Coltrane a 41, Eric Dolphy a 36, Charlie Parker a 35 (e Albert Ayler a 34: suicida o forse ucciso, come Lee Morgan; Clifford Brown ancora prima, a soli 25 anni). Per trasformarsi subito in miti. Bird come forse nessuno. «Charlie Parker sembrava Buddha / Charlie Parker, morto di recente / mentre rideva di un giocoliere in tv / dopo settimane di tensione e malattia / era chiamato il Musicista Perfetto». Così scrisse Jack Kerouac, concludendo: «Charlie Parker prega per noi».

Fu una catastrofe, sentenziò-pianse-ironizzò Charles Mingus: «I musicisti al Birdland aspettavano che uscisse l’ultimo disco di Bird per sapere cosa avrebbero suonato l’anno prossimo. Che faranno ora che lui è morto?».

La costruzione narrativa intorno all’arte tende quasi sempre a costruire un mito. E il genio maledetto è una figura tipica. Chi se non Bird era maledetto? Non bastasse il razzismo degli Usa, incrociò alcool, eroina e manicomio. Nel 1954 morì l’amata figlia Pree: ultimo chiodo per la sua bara.

E del “folle” si parla più che della sua arte. Persino quando Bird muore i riflettori puntano altrove (anche sulla baronessa Pannonica de Koenigswarter che lo ospitava, mecenate del jazz) più che sulla sua musica.

Il mito dilaga anche nelle migliori narrazioni: nel libro «Il persecutore» di Julio Cortazar o nel film di Clint Eastwood come nei continui omaggi di Munoz & Sampayo. E’ facile – si sa – essere tifosi; ragionare, liberare la mente costa fatica in più anche se “la paga” è alta.

Così io mi fermo qui e invito soprattutto chi non conosce la sua musica ad ascoltare un po’ di Charlie Parker. Se la velocità e il genio di Bird vi entrano nella testolina – e in tutto quel che c’è intorno – allora si può andare oltre e vale parlare di tutto, compresa la maledizione. Ma prima la musica.

PS: da parte mia domani sera per il centenario della nascita di Charlie Parker accetterò la proposta del Combo Jazz Club di Imola che alle 21 nella Casa del Fiume di Borgo Tossignano – curioso: lì ho festeggiato i miei 60 anni – presenta HAPPY “BIRD” DAY (“A ROOM AT CAMARILLO”) con la chitarra di Francesco Merli, il contrabbasso di Roberto Bartoli e la batteria di Giacomo Scheda. “Ohibò” dirà qualche bipede pignoleggiante “si omaggia Bird senza un sax?” e io rispondo: «bisogna essere pazzi per volare, chi non proverà a terra resterà, eh oh ih uh ah».

La terza tappa: il giovincello ci porta al Birdland

«Max Is Making Wax» (or «Bop ba ba di ba do di la be de bop»)

ovvero il tune di Parker che, secondo molte fonti, avrebbe dato il nome al genere Be-bop

un post inviato dal Cugino di Dizzy (oltreoceano)

Lo ammetto subito, così da evitare di essere scoperto al secondo capoverso: non sono né un profondo conoscitore né un accanito ascoltatore di Charlie Parker.

Della sua discografia, pubblicata tra il 1950, anno di “Charlie Parker Sextet”, fino ad “Ornitology” – pubblicato nel 1966 con registrazioni fatte tra il 1946 e il 1950 – non c’è traccia nella mia collezione.

Ma anche se la musica non ci accomuna, c’è una cosa che mi lega sentimentalmente a Bird: il bel gesto di tre giovani e intraprendenti newyorkesi che, nel 1949, decisero di acquistare un locale a un isolato ad ovest della cinquantaduesima strada.

Lo comperarono dall’allora proprietario, Joseph Catalano, meglio conosciuto con il soprannome di “Joe the Wop”; Wop era il termine dispregiativo usato per etichettare gli immigrati, o i figli di immigrati, di origine italiana.

I tre nuovi proprietari, una volta chiuso l’accordo, si misero subito al lavoro per riadattare il club affinché potesse ospitare serate con grandissimi ensemble jazz.

E così nacque il Birdland.

La scelta del nome, come dichiararono gli stessi proprietari, era stata fatta per omaggiare un artista di indiscusso spessore, riconosciuto – insieme a Dizzie Gillespie – come uno dei fondatori del genere Be-pop.

E’ molto più probabile che la scelta del nome fosse legata a motivi commerciali per sfruttare la popolarità di Bird e procacciare così più clienti.

A prescindere dai motivi, il successo del Birdland fu indiscusso: nei primi cinque anni di attività circa un milione e quattrocento persone pagarono la quota di ammissione di $ 1.50 per ascoltare artisti del calibro di Monk, Davis, Coltrane, Powell, Getz, Gillespie e molti altri.

Charlie Parker fu invitato e suonò la sera dell’inaugurazione, ma poi gravitò pochissime volte attorno al locale. Ci suonò, grazie ad alcuni amici vicini ai proprietari del club, qualche settimana prima della sua tragica e prematura scomparsa nel 1955.

Nel 1977 la Columbia ha stampato una delle rare registrazioni di Bird fatte nel club, “One Night in Birdland” che contiene le sessioni del Charlie Parker Quintet fatte il 15 e 16 maggio 1950.

Fra diverse chiusure, riaperture e fallimenti (in quello del 1964 tra i creditori del locale figurava anche Gerry Mulligan per 3.500 dollari), il Birdland è sopravvissuto ed esiste ancora.

Per ora ancora chiuso per pandemia, continua la sua programmazione con concerti live in streaming, come altri club hanno iniziato a fare da qualche mese nella city, a partire dal Vanguard e il Blue Note.

Per quanto mi riguarda l’esperienza digitale non sostituisce il piacere di una live session e allora, in attesa di vedere cosa ci aspetterà in questo nuovo mondo, preferisco come sempre il caro e vecchio giradischi.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

Redazione
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