Bloccare la vendita di capannnoni con cemento-amianto spappolato

Esposto di VITO TOTIRE (*) alla Procura di Rovigo e alla Procura di Bologna (e per conoscenza alla sindaca di San Lazzaro di Savena)

Oggetto: liceità di compravendita di edifici contenenti amianto

PREMESSA

Prendiamo atto della ordinaria compravendita di materiali o edifici contenenti amianto; a nostro avviso questa prassi è vietata in Italia dalla legge 257/92. Nel caso degli immobili della GRIMECA ci pare che la questione appaia ancora più rilevante vista la quantità e l’estensione delle coperture nel sito (Lotto n. 3, san Lazzaro di Savena, provincia di Bologna).

Si sottolinea come gli organi ispettivi in Italia, in ossequio alla legge 257/92, abbiano regolarmente e frequentemente sequestrato merci contenenti amianto. Rispetto invece ad alcune tipologie di merci, segnatamente gli edifici (ma anche altre: per esempio natanti) questo divieto pare “magicamente” scomparso. Certamente altri Paesi europei – in particolare la Francia – hanno dedicato a questo tema una ulteriore ed esplicita norma (in Francia la legge Cassez) che impone al venditore di garantire – contestualmente al rogito – l’assenza di amianto nell’edificio venduto. Tuttavia in Italia, anche senza ulteriori ed esplicite norme analoghe alla legge Cassez, la questione dovrebbe risultare chiara ed evidente. Sia dal punto di vista delle norme giuridiche che dal punto di vita degli obiettivi di sanità pubblica. Una parte rilevante dei mesoteliomi e della altre patologie da amianto accusate dalla popolazione trovano origine nelle fibre liberate da strutture edilizie, tanto più se degradate.

I “FATTI”

Con annunci ad hoc , anche a mezzo stampa (vedi Il Resto del Carlino 26/4/2018), il curatore fallimentare mette in vendita quattro lotti di proprietà Grimeca, collocati a Costa di Rovigo, Lendinara, San Lazzaro di Savena (in via Remigia 42) e Mantova. Il lotto 3 a San Lazzaro di Savena vede la presenza di una grande superficie e quantità di cemento-amianto in condizioni avanzate di vetustà e degrado. Il sito è di per sé meritevole di ordinanza sindacale di bonifica non ancora emanata, verosimilmente per la difficoltà di individuare un interlocutore diciamo non temporaneo. L’area di questo ultimo sito ha estensione di 37.000 mq. di cui 24.000 occupati da edifici (tra cui due grandi capannoni).

Quello che si contesta con questo esposto è che edifici con presenza di cemento-amianto possano essere oggetto di vendita all’asta e dunque di compravendita e commercializzazione. Considerato peraltro che il sito di San Lazzaro è (da lungo tempo) nelle condizioni che necessitano di bonifica immediata, ci si chiede come sia possibile che i tempi della bonifica possano essere procrastinati all’esito dell’asta e alle iniziative future dello “sfortunato” acquirente.

OSSERVAZIONI

Partendo dalla certezza della presenza di cemento-amianto negli edifici della Grimeca siti nel Comune di San Lazzaro di Savena, abbiamo inviato una richiesta di informazioni a Grimeca (grimeca@legalmail.it) il primo giugno 2018 – senza, al momento, risposta – per sapere se un problema analogo sia presente anche nelle altre sedi territoriali poste in vendita. D’altro lato pare che i dati pubblicati via internet e sulla stampa siano estremamente generici a differenza di altre situazioni o circostanze in cui la presenza di cemento-amianto è esplicitamente descritta.

Come già accennato la situazione di San Lazzaro di Savena ha le caratteristiche di vetustà e di degrado che motiverebbero l’emanazione di una ordinanza di bonifica; non è un caso che altri capannoni-siti nella stessa via Remigia e presumibilmente coevi siano stati già bonificati. Il cemento-amianto è infatti stato esposto a intemperie ed escursioni termiche per decenni quindi – come documentato dalla letteratura scientifica – certamente ha già diffuso in ambiente molte fibre il cui numero , con il passare del tempo, tende a crescere. Non siamo a conoscenza del tipo di amianto presente, vale a dire se oltre al crisotilo sia presente anche quello anfibolo. La eventuale presenza di anfibolo renderebbe ancora più paradossale la compravendita considerato che, se del crisotilo è definitivamente vietata la commercializzazione dall’aprile 1994, la commercializzazione degli anfiboli era vietata ancora prima.

Non sappiamo se i potenziali acquirente siano consapevoli della presenza di amianto visto che in Italia si continua a vendere immobili non solo se l’amianto è presente ma senza neanche citarne la presenza negli annunci economici pubblicati dai giornali.

AGGRAVANTE”

Nella vendita fallimentare esiste, a nostro avviso, una “aggravante” (intesa non nel senso strettamente giuridico del termine ma nel senso psicosociale e ambientale). Vale a dire: la supervisione della vendita da parte di un Tribunale suona come avallo e legittimazione a una procedura che invece non risulta consentita dalle leggi in vigore nel nostro Paese. Facciamo – non alla Procura ma ai “decisori politici” – un’altra osservazione: una così evidente disparità fra Paesi della UE non determina una situazione di dumping? Sta di fatto che un’azienda o un soggetto privato incerti se acquistare un capannone a Ventimiglia o a Menton si trovano nella contraddittoria situazione di essere certi di un acquisto “asbestos free” solo se in territorio francese mentre rischiano di comprare componenti in cemento-amianto se un immobile è collocato in territorio italiano. Una contraddizione che dovrebbe essere posta urgentemente alla attenzione della Ue.

DIVIETO

Ormai da diversi lustri la nostra associazione va asserendo in varie sedi (seminari, assemblee pubbliche, segnalazioni ed esposti) che a nostro avviso –la legge 257/92 vieta la compravendita di immobili nella misura in cui è vietata la vendita e commercializzazione di amianto e materiali che lo contengono. Non pare si possa asserire che un edificio industriale con centinaia o migliaia di metri quadrati di coperture in cemento-amianto non contenga amianto. Parimenti pare assurdo agli occhi dei cittadini italiani che, per fare un esempio, un contenitore per liquidi alimentari di fabbricazione cinese venga (più che legittimamente ) sequestrato perché contiene – chiuso ermeticamente – un anello di amianto crisotilo e invece vengano commercializzati migliaia di metri quadrati di coperture di cemento amianto con (eventuale) presenza persino di amianto anfibolo (crocidolite, più raramente amosite).

IL TEMA E’ STATO COLPEVOLMENTE RIMOSSO PER OPPORTUNISMO, PER NON TURBARE IL MERCATO IMMOBILIARE;

La legge 257/92 è ancora in vigore: però non viene rispettata. Non possiamo infatti considerare la legge superata dal decreto 14.12.2004 (Gazzetta Ufficiale 8.2.2005) che andiamo brevemente a illustrare e commentare. Il detto decreto ha il seguente titolo: «Divieto di installazione di materiali contenenti amianto intenzionalmente aggiunto». Pare interpretabile come l’avallo a evitare interventi di bonifica fino a quando il gestore dell’immobile non lo ritenga opportuno. A ogni buon conto trattasi di decreto che soccombe (in virtù del criterio di gerarchia delle fonti) a fronte di una norma di legge votata dal Parlamento, nel caso si individuasse un contrasto tra decreto e legge:

Ambiguo e poco comprensibile (per le abituali e medie capacità cognitive umane) il decreto recita letteralmente: «L’uso delle fibre accanto elencate e dei prodotti contenenti tali fibre intenzionalmente aggiunte è vietato. L’uso dei prodotti contenenti le fibre di amianto accanto elencate e che sono già installati o in servizio prima della entrata in vigore del presente decreto è autorizzato fino alla data della loro eliminazione o fine della vita utile».

Non sappiamo se dalla cervellotica articolazione di questo decreto qualcuno possa essersi sentito autorizzato alla compravendita di materiali contenenti amianto. Sta di fatto che comunque di decreto si tratta a fronte di una norma di legge (appunto la 257/92) estremamente chiara e che comunque appare in netto contrasto con il decreto 14.2.2004. Va sottolineato che dal varo della legge sono trascorsi ormai 26 anni e che auspichiamo una lettura autentica della norma possa avere anche effetto retroattivo anche per rendere giustizia a chi ha spesso acquistato inconsapevolmente immobili contenenti amianto, in particolare a uso abitativo e dunque destinati anche ad accogliere bambini con quello che ciò comporta in termini di potenziale e aggravato impatto sulla salute.

IPOTESI

A nostro avviso l’unica soluzione consentita dalla legge 257/92 è la vendita previa bonifica. Il nostro ricorso alla magistratura ha il senso di fare appello a una istituzione che è in grado di evitare le errate e gattopardesche interpretazioni della norma che il ceto politico ha voluto insinuare e che il mercato – in particolare quello immobiliare – ha di fatto imposto sino al punto che nella vendita di immobili le “piccole” componenti in amianto paiono addirittura passare del tutto inosservate. In occasione di compravendite quasi tutti gli agenti immobiliari italiani alla domanda circa la presenza, eventuale, di amianto nel linoleum ammettono di non essere in grado di rispondere; né sono in grado spesso di rispondere sulla presenza di fibrocemento non individuabile come chiaramente asbestos-free (perché magari certificato o collocato ampiamente dopo il 1992) dall’acquirente che ponesse la domanda.

Il decreto 14.2.2004 oltre ad essere in contraddizione con la legge 257/92 si colloca nella prassi del disconoscimento anche della lingua italiana (oltre che della logica) e pare voler insinuare la fondatezza di un criterio evanescente ed inquietante: quello della “durata naturale di vita degli oggetti” che parrebbe a sua volta sottintendere l’assenza di obblighi di bonifica.

La nostra ipotesi è dunque che immobili e/o capannoni e merci di ogni altro genere possano essere messe all’asta e/o venduti solo previa bonifica.

PREMESSA ALLLE CONCLUSIONI

Non avremmo avuto occasione e motivo di rivolgerci alla Procura della Repubblica se il legislatore si fosse attenuto al rispetto della legge che invece si è tentato di aggirare (anzi, che si è riusciti ad aggirare per 26 anni) anche ricorrendo a fumose formulazioni linguistiche. Nessuno può argomentare che esista una differenza in termini di nocività fra l’amianto “intenzionalmente aggiunto” (da chi? da quando?) e quello comunque presente. Forse un margine di uso della norma , PUR NELLA SUA PERSISTENTE ARBITRARIETA’ , POTREBBE RIGUARDARE LE OFIOLITI ma non pare congruo aprire qui questa ulteriore vexata quaestio.

L’ipotesi secondo cui i divieti si riferirebbero solo ad “amianto appositamente aggiunto” dall’ultimo venditore è grottesca e offensiva nei confronti dell’intelligenza umana. Si tratta di un criterio che pretenderebbe di distinguere la pericolosità e nocività della merce in base a un dettaglio temporale assurdo. Un venditore per esempio sarebbe libero di vendere una merce con amianto crocidolite se non lo ha intenzionalmente aggiunto di persona e non potrebbe vendere invece amianto crisotilo personalmente e appositamente aggiunto! Va detto per inciso che l’amianto “intenzionalmente aggiunto” da poco , caso mai, si sgretola meno di quello di decenni prima…

Ci troviamo dunque di fronte a una macroscopica manipolazione della ratio delle legge 257/92 che sta pesantemente ricadendo sul diritto alla salute della collettività.

CONCLUSIONI

Vogliano le spettabili Procure della Repubblica di Rovigo e di Bologna – al fine della tutela della salute pubblica e del rispetto delle norme di legge in vigore nel nostro Paese – prendere in esame l’ipotesi della non liceità della compravendita di edifici con presenza (in questo caso rilevante) di amianto in condizione di vetustà e degrado e l’eventuale sussistenza di reati;

Vogliano le spettabili Procura della Repubblica prendere in esame l’eventualità di fermare la gara d’asta e di chiedere al curatore la riformulazione del bando con vendita degli immobili solo dopo adeguata e integrale bonifica, in ossequio all’articolo 1 (comma 2) della legge 257/92 «Norme per la cessazione d’uso dell’amianto».

Si nomina sin da ora quale difensore di fiducia l’avvocato Guglielmo Giuliano del Foro di Bologna (avv.guglielmogiuliano@ordineavvocatibopec.it) con studio in via Boldrini 5/2.

Bologna, 8.6.2018

(*) Vito Totire è medico del lavoro, presidente nazionale AEA, Associazione esposti amianto e rischi per la salute

Redazione
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