Scor-data: 25 novembre 2007

Bolivia: approvata la nuova Costituzione

di David Lifodi (*)  

Il 25 novembre 2007, alla presenza dei 145 parlamentari dell’Assemblea Costituente presenti (su un totale di 255 rappresentanti), veniva approvata a Sucre la nuova Costituzione boliviana, che sarà definitivamente ratificata il 10 dicembre 2007. Si trattò di uno dei primi atti del presidente Evo Morales, ma l’approvazione della bozza e poi della Costituzione definitiva segneranno anche uno dei punti più drammatici nella storia del paese, soprattutto a causa della strategia della tensione scatenata dalla destra golpista.

L’Assemblea Costituente si era riunita in una scuola militare di Sucre, fino a cento anni fa capitale della nazione, e dove i lavori per la nuova Costituzione erano stati interrotti da una folla inferocita che protestava dopo aver capito che la città non sarebbe tornata ad essere la capitale del paese. Questa è la motivazione ufficiale, ma in realtà i rivoltosi erano stati sobillati dalla destra che, fin dall’inizio dei lavori dell’Assemblea Costituente boliviana, nell’agosto 2006, aveva cercato di bloccare in ogni modo la nuova Costituzione. Raggruppata nei comitati civici e nelle prefetture che erano nelle mani dell’opposizione, la destra poteva contare su una grande influenza anche al Tribunale Costituzionale, fino ad imporre che il nuovo testo della Costituzione avrebbe dovuto essere approvato dai due terzi dell’assemblea, cioè da una maggioranza altamente qualificata. Inoltre, l’opposizione puntava, irresponsabilmente, alla balcanizzazione dello stato boliviano, allo scopo di renderlo ancora più dipendente dal capitale finanziario e dalle multinazionali, a partire dal vincolare le competenze statali ai potenti gruppi economici dell’Oriente boliviano separatista. È così che gruppi neofascisti e apertamente razzisti, tra questi il Movimiento Nación Camba de Liberación e il Comitato civico di Santa Cruz, capitale economica dell’Oriente boliviano, decisero di scatenare il caos sul mancato trasferimento dei poteri statali alla città di Sucre. E ancora, la destra ultraconservatrice aveva provato a giocare sulle paure e sul razzismo dell’Oriente boliviano, sostenendo che la nuova Costituzione aveva un taglio indigenista radicale. Per anni il presidente del Comitato Civico di Santa Cruz, Branko Marinkovic, ha insistito nell’incitare i cruceños a disconoscere la nuova Costituzione, e lo stesso hanno fatto i prefetti di tutti i dipartimenti dell’Oriente boliviano. Marinkovic aveva annunciato che Santa Cruz avrebbe lanciato un suo statuto autonomista, mentre il sindaco della stessa Santa Cruz, Percy Fernandez, affermava: “Bisognerà dipingersi e mettersi le penne per esistere, in questo paese”. I dichiarati richiami all’autonomia militante, uniti alle dichiarazione da gentleman di Jorge Quiroga (ex presidente del paese ed esponente di spicco di Acción Democrática Nacionalista del dittatore Hugo Banzer, prima di mettersi in proprio con un altro partito di ultradestra, Poder Democrático Social), il quale aveva sostenuto più volte che “la nuova Costituzione è un pezzo di carta che vale tanto quanto la carta igienica usata”, avevano fatto temere che l’Assemblea Costituente e la nuova carta costituzionale fossero ad un passo dalla morte. In realtà, dopo i tumulti di Sucre e l’approvazione della bozza della nuova carta costituzionale, la carta magna fu ratificata definitivamente a Oruro il 10 dicembre 2007 al termine di una vera e propria maratona notturna. Caricati in tutta fretta sugli autobus e condotti in pieno altopiano andino (Oruro è ad oltre 4000 metri sul livello del mare), una delle roccaforti del Movimiento al Socialismo (Mas) e degli indigeni aymara, i rappresentanti dell’Assemblea Costituente fedeli a Morales (165, poco più del quorum necessario di due terzi imposto dalla destra) approvarono  in 16 ore i 408 articoli della Costituzione tra il tripudio di aymara, quechua e di tutta quella Bolivia popolare stufa delle minacce dei terratenientes e dei separatisti dell’Oriente. Tra l’altro, una delle principali accuse della destra a Morales, quella di aver varato una Costituzione socialista, è infondata, poiché la nuova carta non parla di socialismo. Di certo sono previste una serie di misure che hanno fatto infuriare gli oppositori di Morales, ma necessarie per garantire alla Bolivia un futuro degno e toglierla dalle schiavitù economica, politica e sociale imposta dalle multinazionali. Ad esempio, è ritenuto un tradimento della patria “l’alienazione di risorse naturali a favore di potenze, imprese, o persone straniere”, mentre la proprietà privata è obbligata “a compiere una funzione sociale”. Inoltre, la Costituzione garantisce le autonomie regionali (contrariamente a quanto intendevano far credere i separatisti) e indigene e proibisce l’installazione di basi militari straniere. Anche quest’ultima misura è altamente significativa in un paese che, al pari di molti altri in America Latina, era considerato di proprietà statunitense: il caso delle basi militari in Paraguay e Colombia, peraltro con il consenso delle rispettive presidenze, insegna. La nuova Costituzione punisce la corruzione, difende gli interessi patrimoniali dello stato boliviano e lotta contro le forme di xenofobia e discriminazione. Viene dedicata una particolare attenzione alla democrazia partecipativa ed è previsto il limite alla formazione di monopoli, oligopoli nel mercato e concentrazioni economiche. Infine, la Costituzione prevede l’elezione a suffragio universale dei giudici della Corte Suprema e riconosce la giustizia comunitaria indigena.  Dopo un anno e mezzo di lavori, e sei mesi di proroga, come promesso da Morales a seguito della sua elezione il 18 dicembre 2005, la nuova Costituzione è divenuta realtà. Eppure, dopo i violenti scontri e le provocazioni della destra del 25 novembre 2007, sembrava impossibile che la nuova carta costituzionale potesse essere approvata. In un articolo scritto per Selvas.org, portale italiano di osservatorio andino, e intitolato “I mille volti della sedizione”, il senatore boliviano Antonio Peredo Leigue (fratello di Coco e Inti Peredo, guerriglieri compagni di Che Guevara), scriveva : “Il comitato civico presieduto da Marinkovich dichiara guerra, incolpando il governo per la violenza che loro stessi hanno scatenato e convoca un’assemblea per informare i suoi iscritti che non ci sarà pace durante il lavoro del governo attuale”. Ciò che l’opposizione non ha mai tollerato è la presenza di un indio a Palacio Quemado (il palazzo presidenziale), per questo ha scelto la strada della cosiddetta “venezuelizzazione” del conflitto, e cioè una destabilizzazione costante pari a quella degli antichavisti contro Chávez prima e Maduro adesso.

Di quei giorni resta l’esultanza di quel popolo indio boliviano che aveva rialzato la testa riscattando secoli di discriminazione e povertà.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”. Molti i temi possibili. Ad esempio, nel mio babelico archivio, sul 25 novembre avevo ipotizzato: nel 1970 la misteriosa morte di Albert Ayler, nel 1985 la morte di Elsa Morante, nel 1986 lo scandalo «Iran-Gate» E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

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