Bolivia: giù le mani dal Parque Isiboro Sécure

 di David Lifodi

Questa è la storia di un pasticcio su cui non avrei mai voluto scrivere, ma non mi sembrava neanche giusto tacere o far finta di niente. Il pasticcio in questione riguarda la probabile costruzione di un’autostrada all’interno del Territorio Indígena Parque Isiboro Sécure (meglio conosciuto come Tipnis), e l’ideatore di questo progetto non è il classico esecutivo latinoamericano che governa sotto dettatura delle multinazionali, ma quello boliviano del presidente Evo Morales, che pure ha restituito dignità e giustizia sociale ad un paese fino a qualche anno fa costretto a subire lo sfruttamento e gli esperimenti del neoliberismo estremo.

Il Parque Nacional  Isiboro Sécure fu creato nel Novembre 1965, si estende principalmente sui dipartimenti di Beni e Cochabamba, è conosciuto per la sua ricchissima biodiversità che vanta centinaia di specie animali e vegetali, infine è abitato da tre popoli indigeni (mojeño, yurakaré e chimán). E allora perché costruire un’autostrada di 60 chilometriche attraverserà il parco, distruggerà l’ecosistema naturale circostante e costringerà le comunità indigene a spostarsi altrove? E ancora: perché al Palacio Quemado di La Paz(la sede presidenziale) si insiste su questo progetto, a costo di contraddire una della costituzioni più all’avanguardia di tutta l’America Latina, che si impegna a tutelare i diritti indigeni, a rispettare la natura e si fa garante del buen vivir, concetto caro proprio alle comunità indie? La famigerata autostrada in questione, che collegherebbe Villa Tunari a San Ignacio de Moxos, se costruita, violerebbe contemporaneamente non solo la Costituzione dello stato e l’idea di plurinazionalità, ma anche le leggi in materia ambientale, gli accordi internazionali e i diritti riconosciuti ai popoli indigeni. Per questi motivi le comunità hanno promosso una massiccia mobilitazione culminata con una marcia che, per il momento, prosegue tra offerte di dialogo, incomprensioni e tavoli negoziali con il governo. Le notizie degli ultimi giorni dicono che Morales sembra orientato a realizzare una consultazione popolare con gli indigeni e pare disposto a valutare alternative che abbiano un impatto ambientale ridotto, ma gli alti vertici del governo (dal compañero presidente al ministro con la delega ai movimenti sociali César Navarro, fino all’influente cancelliere David Choquehuanca) hanno rilasciato dichiarazioni non proprio amichevoli in merito alle crescenti proteste indigene: “L’opposizione cavalca la marcia indigena per destabilizzare il governo”e “i dirigenti indigeni sono manovrati dall’Ambasciata Usa in Bolivia” sono alcune tra le frecciate più velenose. Sembra di vedere la stessa traiettoria delle polemiche tra la Conaie (la Confederacion de Nacionalidades Indigenas) ed il presidente Correa in Ecuador, da cui è derivato un forte raffreddamento, o per meglio dire un’ostilità aperta, proprio nei confronti di chi siede attualmente al palazzo presidenziale grazie alla spinta decisiva dei movimenti sociali. E’ evidente che le comunità indigene a capo della protesta non meritano accuse del genere, per quanto possano derivare dalla reale sindrome d’assedio Usa che colloca la Bolivia nell’asse del male sudamericana. Inoltre, nel Giugno del 2009, fu proprio Morales a consegnare la proprietà collettiva del Tipnis ai popoli mojeño, yurakaré e chimán. Un primo passo in direzione dello scempio ambientale (ma che rischia di avere ricadute di carattere politico) è stato compiuto con le nomine della nuova ministra e vicemininistra all’Ambiente, rispettivamente Julieta Mabel Monje e Cinthia Silva, che solo due giorni dopo aver ricevuto l’incarico hanno posto la loro firma sulla valutazione d’impatto ambientale. Qui si lascia il campo degli ideali e si entra in quello degli affari e della geopolitica. Non solo: si scopre che dietro il Tipnis sta il gigante sudamericano per eccellenza, il Brasile. Ex funzionaria di Abc (Administradora Boliviana de Carreteras), Cinthia Silva aveva tutto l’interesse ad accelerare l’opera, si capisce. Spettatore fortemente interessato è il Brasile, il cui fine ultimo è quello di attraversare la Bolivia per aumentare la capacità di esportazione delle sue merci: altro che la volontà di collegare Villa Tunari a San Ignacio de Moxos!  Lo spiega bene la rivista on line Rebelión, che parla dell’intento brasiliano di raggiungere i mercati del Pacifico tramite l’autostrada del Tipnis, ritenuta economicamente più vantaggiosa rispetto alle rotte tradizionali. Per questo motivola Bolivia si occuperebbe delle opere di manutenzione dell’autostrada, la cui costruzione spetterebbe alle imprese brasiliane, con il paese verdeoro impegnato, contemporaneamente, a fornire prestiti alla nazione andina. In quest’ottica, proprio l’impresa brasiliana Oas si è aggiudicata l’appalto dei lavori per la costruzione dell’autostrada, e l’ investimento ammonterebbe a circa 415 milioni di dollari. Il curriculum di Oas non è dei più brillanti: ritenuta tra le meno attente ai costi d’impatto ambientale, fa parte del consorzio brasiliano Geração Energia con le sorelle Furnas ed Eletrobrás, tutte impegnate in patria nei contestatissimi lavori per la mega diga di Belo Monte (stato del Pará) e per la costruzione della centrale idroelettrica Iñambari nell’Amazzonia peruviana. Infine, su questo intrigo multiregionale, pesa la benedizione del potente Bndes (il Banco Nacional de Desarrollo Económico y Social), sponsor principale dell’Iirsa (l’Iniziativa per l’Integrazione dell’Infrastruttura Regionale Sudamericana, una serie di progetti che prevedono la costruzione di strutture di comunicazione terrestri, fluviali, e marittime a cui si lavora da diversi anni), e la dichiarazione diLa Paz del 2007, denominata “Construyendola Integración dela Infraestructura para Nuestros Pueblos Corredor Interoceánico Bolivia, Brasil e Chile”. In un contesto del genere, in cui di fattola Bolivia è legata mani e piedi a trattati firmati con altri paesi e su cui, forse, sarebbe stato meglio effettuare una consulta previa con la popolazione, le normali attività di sussistenza quali pesca e caccia saranno stravolte, al pari delle coltivazioni tradizionali come il riso, con il rischio, in più, che entrino la soia e la canna da zucchero a stravolgere un ecosistema già assai fragile. A quello che Evo Morales continua a definire un progetto da condurre nel segno del progresso per i popoli indigeni, le comunità hanno risposto che preferiscono veder tutelati i propri diritti comunitari ed hanno ricordato al presidente come il Tipnis sorga in un territorio emblematico per il paese, quello dove l’Assemblea  Costituente ha mosso i suoi primi passi fino all’approvazione di una Costituzione garante del rispetto della natura e delle comunità ancestrali.

Può darsi che il governo Morales insista sull’autostrada del Tipnis, come del resto sulle trivellazioni e sull’estrazione petrolifera, per poter mandare avanti progetti di sviluppo sociale quali i buoni Juancito Pinto per gli studenti ola RentaDignidadai cittadini della terza età (questa sembra essere una delle motivazioni ufficiali), ma restano comunque le forti perplessità per una grande opera che finirà per beneficiare i soliti noti e non certo quel popolo indigeno e quei settori popolari da cui proviene lo stesso presidente boliviano.

Redazione
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9 commenti

  • per approfondimenti e aggiornamenti leggere qui il post di romina e i vari commenti.

    http://www.ilcambiamento.it/foreste/bolivia_costruzione_strada_riserva_india_tipnis.html

  • Aggiungo:
    Va ringraziato l’autore per l’interesse. Ve ne fossero molti come lui la notizia non resterebbe relegata ad un circolo carbonaro.

    Vanno peró dette alcune cose, che si possono leggere anche nei commenti al link citato sopra.

    La piu importante é che é sbagliato, a mio parere, dire che la strada non beneficia “i settori popolari da cui proviene lo stesso presidente boliviano”.
    In realtá la strada si fa per loro. Le motivazioni internazionalistiche (interessi brasiliani), sono secondarie. I veri beneficiari sono i settori dei colonizzatori e cultivatori di coca quechua aymara, grandi elettori di Morales.

    Va infine precisato che la consegna del titolo collettivo da parte di Morales nel 2009 ha sancito: (a) un riconoscimento di area indigena vigente dal 1990, (b) la risoluzione INRA del 1997 che stabiliva definitivamente la proprietá collettiva del territorio indigeno. Non é quindi “farina” di Evo il TIPNIS. Morales nel 2009 ha piuttosto delimitato l’area, togliendo agli indigeni quasi 200.000 ettari del TIPNIS che ha consegnato ai colonizzatori, sancendo cosí un riconoscimento di fatto all’invasione del territorio indigeno.

  • Ciao Pedro, ho letto il link che hai messo, i commenti e la tua risposta qui sotto: grazie per le precisazioni e gli aggiornamenti. Probabilmente nella parte finale dell’articolo mi sono espresso male. Anche io, da varie fonti, avevo ricavato che i grandi beneficiari del progetto sarebbero stato colonizzatori e cocaleros, ma intendevo dire che l’indio Morales non si era fatto troppi scrupoli a perseguire con ostinazione un progetto su cui erano emerse forti perplessità degli stessi indigeni. Continuerò a seguire la situazione e, se ci sono novità, ne scriverò volentieri: restiamo in contatto! David

  • Caro David, ripeto. Ci fosse molta piú gente come te e Romina che diffondono notizie di questa importanza, e di ampissimo valore anche simbolico. Come ho detto, per chi conosce poco la Bolivia, ed Evo Morales (o si é “informata” da carotenuto), credo si tratti di un’importante e didattica chiave di lettura per capire, sui fatti, il governo di Morales.

    Che la dirigente indigena guarani Justa Cabrera, perseguitata a suo tempo dalla destra reazionaria degli impresari di santa cruz, abbia detto “questo é il governo piú razzista” e dichiari oggi, ad un mese dall’inzio della marcia, “…io accuso il presidente Evo Morales di violare i diritti umani, di violare la pacha mama…si é vestito da pecorella ma era in realtá un lupo feroce…” credo debba far riflettere.

    Per questo ti mando anche un link ad una interessante e lucida analisi, anche storica, della situazione.
    E’ in castigliano, andrebbe tradotta (e forse spiegata in alcune sue parti). Intanto, per chi non ha difficoltá con la lingua, va letta:
    http://eju.tv/2011/09/la-cuestin-indgena-en-la-ideologa-del-estado-plurinacional/

  • Mi ha informato un’amica di questa raccolta di firme online per appoggiare l’interruzione dei lavori di uno dei grandi progetti “desarrollisti” di Evo MOrales, la strada che distruggerá il parco nazionale territorio indigeno Isiboro Secure (TIPNIS), forse l’area protetta con la maggior biodiversitá della Terra:

    http://www.avaaz.org/es/save_tipnis/?sbc

    • Ciao Pedro, grazie per il link all’articolo che hai postato l’altro giorno e per la segnalazione di questa raccolta firme. Ti segnalo un articolo anche io: http://www.kanankil.it/america-latina/segnalazioni/334-bolivia-2000-dias-de-evo .Questo non si riferisce al Tipnis, ma è un commento in generale sull’operato di Evo. Ti consiglio poi di guardare tutto il sito http://www.kanankil.it, dove puoi trovare riflessioni di alto livello sulla realtà latinoamericana. Ho letto anche una valutazione di Garcia Linera sull’andamento della rivoluzione boliviana, pubblicato da LeMonde Diplomatique/Il manifesto. Non so se l’hai letto: per me ci sono alcune cose condivisibili, altre un po’ meno.
      A presto, David

  • Ti ringrazio.

    Appena avrò tempo risponderò in forma dettagliata. Tra l’altro Stafanoni è un giornalista che apprezzo e che è certamente uno dei pochi giornalisti “stranieri” che conosce bene la realtà boliviana e ne fa spesso un ritratto assai più reale di molti altri.

    L’ho già detto. Il problema del TIPNIS è, alla fine, una semplice chiave di lettura di avvenimenti, fatti, storie, posizioni politiche ed economiche esistenti anche prima dei fatti del TIPNIS ma invisibili per le scarse conoscenze della realtà boliviana.
    A questa invisibilità ha contribuito, se vogliamo, il forte desiderio di vedere nel Mondo qualcosa di nuovo, positivo, progressista. Ho scritto anche questo in altre occasioni: di fronte ad una situazione internazionale, ed italiana specialmente, particolarmente negativa, foriera quasi solo di avvenimenti negativi, degradanti, è comprensibile che ci si aggrappi a quello che viene presentato come il nuovo, il bello, il migliore (mondo).
    Non è purtroppo così. Il compito di confutare, anche smantellare se vuoi queste speranze è ingrato, difficile. Regredire da un bel sogno alla materialità tangibile, concreta dei “piedi per terra” è sgradevole e, soprattutto, sgradito, spesso addirittura rifiutato (per questo ho accennato alle molte webcensure a cui sono stato sottoposto da carotenuto e melandri).

    Ti dirò poi che, indipendentemente dai fatti de TIPNIS, io credo che Morales e il suo “buen vivir” siano stati solo un miraggio, un “espejismo”, uno specchietto per allodole, soprattutto foranee. Forse la mia visione è un po’ pessimista ma ricordo che, quando ancora Cartenuto pubblicava qualche mio commento (era stato appena eletto Morales alla fine del 2005), avevo espresso, credo con argomenti non con slogan – beninteso, senza per questo aver la presunzione di aver ragione -, le mie perplessità. Ricordavo per esempio qualcosa sulla volontà di un cambio “ a sinistra” dei tanti elettori di Morales. Citavo il caso del dipartimento di Cochabamba, dove gli stessi voti di Morales per la presidenza li prese, nelle simultanee elezioni dipartimentali, Reyes Villa come governatore-prefetto, pur rappresentando questi, almeno schematicamente, il vecchio potere di destra legato anche ai militari. Da li in poi, la corruzione del potere, le nuove elite opportuniste dei nuovi ricchi ne hanno fatta di strada.
    Non mi dilungo però ora in questo. Se avrò tempo cercherò di dare una risposta specifica all’articolo di Stafanoni.

    Ora si avvicina un possibile scontro tra i colonizzatori e indigeni.
    I colonizzatori (eufemisticamente definiti dal governo gruppi interculturali in “vigilia”), grandi elettori di Evo ed entusiasti supporter della strada, appoggiati dalla polizia ( le organizzazioni squadriste dei colonizzatori hanno sequestrato una camionetta di una ONG che portava viveri agli indigeni. La polizia stessa ha sequestrato una camionetta della APG, Assemblea del Popola Guarani, dicendo che era rubata, anche se grottescamente la stessa auto fu regalata un paio d’anni or sono da un ministro tutt’ora in carica, ecc.) si preparano allo scontro con una minacciosa contromarcia.

    La marcia dei popoli indigeni va però sommando appoggi, unendo anche le organizzazioni dei popoli andini quechua aymara e sembra anche le organizzazioni dei minatori. Speriamo che lo scontro, forse cercato dal governo, non si traduca nell’ennesimo bagno di sangue dell’epoca Morales.

    Detto questo ti lascio per ora, caro David e/o DB, a queste due testimonianze più eloquenti di mille mie parole.

    La prima è di Loyola Guzman. Chi è Loyola Guzman? L’unica guerrigliera donna con il Che. Una donna che ha fatto parte anche dell’assemblea costituente con il MAS, il partito di governo.

    La seconda è di Filemon Escobar. Chi è Filemon? E’ il fondatore del MAS, il partito di governo.

    Insomma non certo curriculum di servi dell’imperialismo.

    Loyola dice: “che il governo non prenda in giro l’intelligenza di chi difende il TIPNIS”.
    Filemon afferma che Morales “passerà alla storia come un criminale che liquida gli indigeni” .

    Ecco i testi completi.

    http://www.erbol.com.bo/noticia.php?identificador=2147483949786

    http://eju.tv/2011/09/filemn-llama-perverso-y-malo-a-evo-y-asegura-que-pasar-a-la-historia-como-un-criminal/

    Infine sul vicepresidente García Linera:

    http://www.erbol.com.bo/noticia.php?identificador=2147483949781

  • E’ finita. E’ finita come oramai si prevedeva.

    La repressione poliziesca.

    Gli indigeni sono stati arrestati,feriti e deporati in camion e autobus militari. Ci sono “desaparecidos” e forse almeno un bambino morto.
    Il canale statale l’ha chiamata “evacuazione”.

    Informeró piú tardi con dattagli.

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