Bologna: il gran casino dei prati di Caprara

gli articoli di Vito Totire (*) e di Salvatore Papa (**)

Le modalità di diffusione della notizia fanno pensare (anche) a un tentativo di usare la questione contro il movimento che si oppone alla cementificazione. Al di là di una nostra sana “sospettosità” nei confronti di una amministrazione comunale che riteniamo inefficiente in materia di prevenzione ambientale, prendiamo atto della esistenza di un piano di bonifica. C’è da fidarsi? Certamente no, visto che l’amministrazione comunale ha rivelato di aver condotto piani e progetti per il futuro dell’area in collaborazione con il Demanio: ecco: questa “collaborazione” non è stata finora una prova di efficienza e di tempestività;

PER ESEMPIO SULLA MEGATETTOIA IN CEMENTO AMIANTO CHE E’ STATA BONIFICATA SOLO NEL 2017 PUR ESSENDO IN CONDIZIONI DI AVANZATO DEGRADO E VETUSTA’ DE DIVERSI LUSTRI.

Ci risultano peraltro contraddizioni e opinioni contrastanti fra Comune e Demanio circa i tempi per la bonifica che alla fine è stata colpevolmente tardiva.

ORA SI “SCOPRE” CHE C’ERANO ANCHE ORDIGNI E RESIDUI BELLICI!

Ma da quando? E se risalgono alla seconda guerra mondiale, davvero erano tutti all’oscuro? Anche il Demanio? Quale è la provenienza degli ordigni ? Lanciati o seppelliti volontariamente?

Ci sono “soltanto” ordigni in involucri che hanno “tenuto” o il contenuto si è diffuso nel suolo?

E’ necessario un piano di caratterizzazione? L’amministrazione comunale ha esplicitamente fatto riferimento a colorazione anomala del sottosuolo che farebbe pensare a inquinamento chimico. E quali sarebbero le sostanze chimiche inquinanti? La falda è protetta? Non che questa sia una preoccupazione per il Comune di Bologna visto che si fa bere amianto ai cittadini e che la linea dell’ente locale è stata, fino ad ora: “quel che non strozza ingrassa”;

A proposito dei residui bellici a noi pare che l’evento più temibile potrebbe essere la presenza e diffusione di un solvente spesso usato in guerra come propellente per missili, il TOCP (triortocresilfosfato ) che a metà degli anni novanta del secolo scorso evidenziò – nella campagna veronese – una diffusa intossicazione di animali e persone con gravissimi disturbi neurologici periferici.

Non vogliamo asserire analogie – è tutto da verificare – con il sottosuolo Sabiem ma occorre ricordare che lì il progetto edilizio fu accantonato per incompatibilità igienico-sanitaria.

ABBIAMO CHIESTO – ASSIEME AD ALTRI – UN’ISTRUTTORIA PUBBLICA SUL FUTURO DEI PRATI DI CAPRARA.

CHIEDIAMO ANCHE – CON PIU’ URGENZA – UN’UDIENZA CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE ATTUALE, ANCHE IN RELAZIONE ALLE INQUIETANTI INFORMAZIONI DIFFUSE DALLA AMMMINISTRAZIONE COMUNALE (INQUINAMENTO DEL SUOLO? DI CHE NATURA? DI QUALE ESTENSIONE?).

Bologna, 30.6.2018

(*) Vito Totire per conto di AEA, Associazione esposti amianto e rischi per la salute, del circolo “Chico” Mendes e del Centro “Francesco Lorusso”

Cosa sta succedendo ai Prati di Caprara di Bologna

Il progetto del Comune, la questione dello stadio e le proposte del comitato Rigenerazione No Speculazione

di Salvatore Papa (**)

I Prati di Caprara sono un enorme bosco di 47 ettari a ridosso dell’Ospedale Maggiore di Bologna. Per lungo tempo, a partire da prima dell’Unità d’Italia, furono utilizzati per gare ippiche e altri sport (furono anche il primo terreno di gioco del Bologna), fino al 1913 quando divennero a tutti gli effetti un’area militare. Negli ultimi anni, dopo decenni di inutilizzo, sono passati dall’Esercito al Demanio dello Stato ed è in via di definizione l’acquisizione da parte del Comune di Bologna che oggi lì vorrebbe costruire un nuovo quartiere, con 1.300 unità abitative, una scuola, un parco e, forse, un outlet della moda. Per far questo bisogna però – secondo la Giunta comunale – “bonificare” l’area dagli eventuali ordigni bellici ancora presenti e sono per questo motivo iniziati gli abbattimenti degli alberi che hanno già raso al suolo una parte consistente di bosco. Un progetto che coinvolge più ampiamente anche la ristrutturazione dello Stadio e l’area Cierrebi, un ex circolo sportivo di Carisbo che dovrebbe essere sostituito da un ipermercato. Qui l’intervento del Sindaco Merola durante il question time del 24 aprile scorso in cui spiega la sua posizione in risposta alla domanda di Emily Clancy di Coalizione Civica.

Ma non tutti sono d’accordo. Essendo quella una parte della città con una pessima qualità dell’aria e con gravi difficoltà di circolazione e di sosta, secondo molti residenti (sono più di 4.500 le firme raccolte contro il progetto) il parco è indispensabile per riequilibrare la situazione ambientale e il progetto del Comune rischia di aggravare pericolosamente la situazione di una zona già sovraccarica di traffico e smog. Anche perché fu proprio lo stesso Merola qualche anno fa a dichiarare che quello sarebbe rimasto “un’enorme foresta di alberi, grande più dei Giardini Margherita, ma davvero selvatica, senza panchine o giochi per bambini: un bosco da lasciare in eredità a chi verrà dopo di noi”. A condurre la battaglia fuori dai palazzi il comitato Rigenerazione No Speculazione che lamenta l’assenza di un processo partecipativo e per questo negli ultimi tempi ha intensificato le attività, promuovendo oltre alle assemblee e alle proteste per fermare i lavori, un calendario di eventi che includono visite guidate nel bosco, performance estemporanee, biciclettate clandestine, corse campestri e una contro rassegna di Bologna Estate.
Per capirne di più abbiamo intervistato
Roberta Bartoletti, attivista del Comitato.

Una foto dell'iniziativa La Città Si-Cura. Campagna La Città Publica promossa da Coalizione Civica il 20 maggio scorso durante la quale il parco è stato simbolicamente intitolato a Federico AldrovandiUna foto dell’iniziativa La Città Si-Cura. Campagna La Città Publica promossa da Coalizione Civica il 20 maggio scorso durante la quale il parco è stato simbolicamente intitolato a Federico Aldrovandi

 

Cos’è Rigenerazione No Speculazione, quando è nato e da chi è formato?
È un gruppo di cittadini di Bologna che si è costituito in comitato il 6 aprile 2017 a seguito di una partecipata assemblea pubblica autoconvocata, con l’obiettivo di prendere posizione critica sul progetto di ristrutturazione dello Stadio comunale di Bologna, che prevede interventi commerciali ed edilizi che coinvolgono l’intero quadrante che va dallo Stadio, all’area ex Cierrebi fino ai Prati di Caprara, e che muterebbero drasticamente la qualità della vita non del quartiere e della città.

Il sindaco Merola aveva dichiarato che i Prati di Caprara dovevano restare un bosco. Poi cos’è cambiato? E lo Stadio cosa c’entra in tutto questo?
Nel 2008 sembrava che la promessa di realizzare ai Prati di Caprara il parco più grande di Bologna, più grande dei Giardini Margherita, fosse ormai realtà. Sono seguiti anni di stallo, nella contrattazione tra Demanio e Comune, che hanno portato alle previsioni urbanistiche del Piano Operativo Comunale sulle ex aree demaniali, che ai Prati di Caprara consente la realizzazione di circa 1.300 nuovi alloggi, parcheggi, un nuovo plesso scolastico (a Est) e strutture commerciali (a Ovest). In pratica, i Prati di Caprara sono destinati a diventare un nuovo quartiere di Bologna, come se oggi ci fosse un’area degradata che solo la cementificazione può riqualificare. Il piano di realizzare 1.300 nuovi alloggi è evidentemente difficile da realizzare, visto lo stato del mercato immobiliare e le recenti tragiche vicende della Trilogia Navile e del Lazzaretto, solo per fare due esempi noti.
All’inizio del 2017 il progetto di Saputo di occuparsi del restyling dello Stadio ha rimesso in gioco sia i Prati (in particolare Ovest) e la zona del centro sportivo Cierrebi in quanto aree di compensazione, ossia aree dove recuperare i costi della ristrutturazione e realizzare ulteriori profitti (basti pensare che l’operazione cittadella della moda ai Prati Ovest da sola vale, secondo la stampa, 170 milioni di euro, ben più della singola partita di ristrutturazione del Dall’Ara).
Se il Comune, nelle sue previsioni di nuova edilizia scolastica, prevede un nuovo plesso ai Prati di Caprara Est per oltre 500 alunni (elementari e medie), crediamo sia ancora più urgente, per la salute di questi ragazzi, che si tratti di una scuola nel bosco, una Longhena sulla via Emilia insomma (la Longhena è una scuola primaria sui colli di Bologna,
ndi), e non una scuola incastrata tra 1.300 alloggi e un mega centro commerciale, in un’area che già oggi è congestionata dal traffico.

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Aria Pesa cos’è e cos’ha rilevato?
Aria Pesa è una rete civica di cittadini, comitati e gruppi di attivisti che ha promosso una campagna di rilevazione partecipata della qualità dell’aria. Ricordiamo che siamo sulla via Emilia, a pochi metri dalla porta San Felice dove già la centralina Arpa rileva dati preoccupanti sulla qualità dell’aria. La prima azione di Aria Pesa è stata una misurazione dei biossidi di azoto in oltre 300 punti in città a inizio 2018, che ha rilevato come uno dei 10 punti più inquinati per biossidi di azoto sia proprio in via Saffi, malgrado si trovi al confine est dei Prati, immaginiamoci se il bosco fosse tagliato cosa accadrebbe.
Ugualmente, il parco lineare che viene oggi previsto dal Poc (Piano Operativo Comunale), che quantitativamente misura 20 ettari (a fronte dei 47 dei Prati Est e Ovest) consiste sostanzialmente nella fascia di rispetto dei canali Ravone e Ghisiliera che fiancheggiano a nord i Prati; al di là degli ettari previsti, la stessa dimensione lineare del parco rappresenta un drastico impoverimento dei servizi ecosistemici oggi offerti dal bosco dei Prati, già danneggiati dal cantiere della scuola che è stata collocata nel mezzo del bosco, interrompendo corridoi ecologici e indebolendo la compattezza ecologica del bosco attuale. Non parliamo poi di cosa significherebbe abbattere alberi di alto fusto (frassini, pioppi, olmi, salici ecc. e non solo le tante bistrattate robinie, per non parlare del nucleo di pregiati e maestosi cedri del Libano) con il loro sottobosco ricco di biodiversità, e sostituirli con alberini allineati su prati tagliati a raso. Un parco non è un bosco. Dal punto di vista ecologico la differenza è siderale.

Perché il progetto del Comune ai Prati di Caprara andrebbe a scapito della salute dei cittadini?
Distruggere il bosco sarà un danno per la città, con effetti gravi in termini di costi di spese di salute: la vegetazione del bosco urbano assorbe già 3 tonnellate di particolato all’anno e 1,4 tonnellate di No2, pensate cosa significa perdere questi benefici e sostituirli con una nuova pressione antroprica e di traffico, legato alle nuove residenze, parcheggi e attività commerciali. Inoltre a chi dice che abbiamo tanti parchi in collina, ricordiamo che la quasi totalità dei bolognesi vive in città, e respira l’aria della via Emilia e dintorni tutti i giorni feriali. Gli alberi “servono” soprattutto dove la gente respira quotidianamente.

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Il Sindaco dice che essendo un’ex area militare gli abbattimenti degli alberi sono necessari per verificare se ci sono mine, bombe ecc.
Gli stessi abbattimenti in corso nei 2 ettari del cantiere della scuola, giustificati dalla bonifica bellica, dipendono dalla scelta di edificare: le procedure di bonifica sono correlate agli usi cui si vuole destinare l’area, se in una porzione dei Prati, che ci auguriamo sia il più ampia possibile, si mantenesse il bosco le procedure di bonifica potrebbero essere meno invasive e preservare al massimo il patrimonio naturale che esiste. Poi ribadiamo che eventualmente si tratta di bombe (non certo di mine) lanciate dagli aerei alleati nei bombardamenti degli anni ’40, che stanno sepolte in profondità senza dar fastidio finché qualcuno non decide di costruire (come recentemente nel cantiere del nuovo supermercato in via Zanardi).

Poi alcuni cittadini si lamentano del degrado del parco spontaneo, che ospiterebbe alcuni accampamenti abusivi…
Una delle principali obiezioni che viene dalla cittadinanza è che attualmente i Prati di Caprara ospitano accampamenti abusivi, che vengono percepiti come degrado e fonte di insicurezza. È evidente che l’abbandono cui i Prati sono stati condannati ha favorito l’occupazione abusiva, e crediamo che l’unica strada per risolvere questo problema sia quello di restituire finalmente i Prati di Caprara alla città, consentendone usi legittimi e consoni alla sua vocazione ambientale. Per questo abbiamo in programma una serie di iniziative, dal pic nic allo yoga, dalle gare podistiche alle biciclettate, che dimostrino che il bosco è già potenzialmente un patrimonio di tutti, e che cominciamo ad usarlo in modo appropriato il degrado sarà progressivamente presidiato.

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Avete già raccolto oltre 4 mila firme. Cosa proponete?
Noi chiediamo all’amministrazione comunale di cambiare le previsioni urbanistiche sui Prati di Caprara e sul quadrante Ovest. Lo chiediamo sotto le finestre del consiglio comunale, lunedì 28 maggio dalle ore 17,30.
Chiediamo che si riconosca il patrimonio comune di cui disponiamo oggi (un bosco urbano che offre servizi ecologici di valore inestimabile) e non si faccia finta di privarsi di un’area degradata. Chiediamo che non si svenda il patrimonio pubblico ai privati consentendo profitti privati a fronte di enormi costi pubblici (sicuramente in termini di salute pubblica). Chiediamo che si ascolti la cittadinanza, che fino ad oggi è stata protagonista assente da tutti i tavoli che decidono i progetti su quell’area. Non siamo ascoltati perché gli interessi in gioco sono troppo forti, e per questo abbiamo chiesto un’istruttoria pubblica sui Prati di Caprara che consenta finalmente ai cittadini di prendere parola e chiedere conto sulle scelte finora fatte, e abbiamo contestualmente chiesto una udienza conoscitiva immediata sui Prati di Caprara delle commissioni consiliari competenti (territorio e ambiente e salute) che consenta di condividere con i consiglieri comunali informazioni rilevanti per la definizione delle politiche pubbliche, emersi dal percorso partecipativo autogestito dal comitato, ParteciPrati.
La battaglia sarà lunga e difficile, ma è necessaria.

(**) ripreso da zero.eu/bologna – Foto di Eikon studio

 

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