Bologna, morire in questura

Presto per parlare di suicidio – per Cheikou Oumar Ly – ma in ogni caso un piano di prevenzione è possibile e urgente

di Vito Totire (*)

Abbiamo dato mandato – come Circolo Chico Mendes e Centro Francesco Lorusso – all’avvocato Guglielmo Giuliano di avviare la procedura di costituzione di parte civile per la tragica vicenda consumatasi nella questura di Bologna. (**)

Prendiamo atto del fatto che è stata disposta l’autopsia per valutare gli aspetti fisici e macroscopici della luttuosa vicenda ma crediamo che un elemento fondamentale sia la “autopsia psicologica post-suicidaria”, un criterio di indagine che a Los Angeles fu avviato 40 anni fa mentre in Europa si stava a guardare e a catalogare questi eventi luttuosi come “inevitabili”.

Nel 2017 i suicidi nelle carceri italiane sono 44 e i morti 92: il rapporto fra suicidi e decessi è cresciuto molto negli ultimi anni dalla parte dei suicidi che dal 2000 a oggi sono stati 977 (i decessi 2703);

Le questioni relative all’ultimo tragico evento sono:

  1. le condizioni di agitazione non suggerivano forse una proposta di ricovero volontario in ambiente protetto sanitario e demilitarizzato, con obiettivo di “decompressione”?
  2. interventi di questo tipo dovrebbero essere fatti da personale formato con la collaborazione di mediatori culturali; o vogliamo continuare a ritenere che l’unico approccio efficace a comportamenti violenti sia la contenzione fisica?
  3. sono stati somministrati farmaci?
  4. in che cosa si è concretizzato il necessario piano di prevenzione? Una persona privata della libertà deve essere considerata a pieno titolo un “nuovo giunto” da porre sotto osservazione psicologica.

Da lungo tempo andiamo proponendo che tutti i luoghi in cui si esercita il potere di privare una persona della propria libertà debbano essere ispezionati dalla Ausl ai sensi della legge di riforma penitenziaria del 1975. Ma sul CIE (per i migranti), sulle REMS (le residenze nate dopo la legge sulla chiusura degli Opg), sui luoghi dei Tso (i trattamenti sanitari obbligatori), LE ISTITUZIONI HANNO RISPOSTO ALLE NOSTRE PROPOSTE CON UN ASSORDANTE SILENZIO.

Ora il cosiddetto “garante regionale delle persone detenute” va a visitare la cella della questura. Ci va il “giorno dopo”.

Basta con le illusioni custodialistiche: il problema della prevenzione non è solo questione di telecamere (CHE CI DEVONO ESSERE MA SONO L’ULTIMA SPIAGGIA). Lo dimostra anche l’evento OMICIDIO-SUICIDIO che ha riguardato la farmacista GUIDETTI, troppo velocemente archiviato e che invece MERITA DI ESSERE RIPRESO E APPROFONDITO.

IL PROBLEMA E’ ADOTTARE UN VERO PIANO DI PREVENZIONE DEL SUICIDIO E DELL’AUTOLESIONISMO – a livello locale e a livello nazionale- PER QUEL CHE RIGUARDA LE ISTITUZIONI TOTALI, MA ALLARGATO AL SOCIALE IN SENSO LATO (si veda a questo proposito il disagio comportamentale di chi gestisce queste istituzioni, come dimostrano i suicidi di appartenenti alle forze dell’ordine anche questi passati spesso sotto silenzio o affidati a commenti di circostanza e di stupore sempre del “giorno dopo”) E CHE SI FONDI SU UNA RETE DI OSSERVATORI E OPERATORI ESPERTI E MOTIVATI.

Bologna, 27.9.2017

(*) Vito Totire, medico del lavoro/psichiatra, portavoce del circolo Chico Mendes e del Centro per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria Francesco Lorusso

(**) cfr Bologna: un suicidio?

L’IMMAGINE – scelta dalla redazione della “bottega” – E’ DI JACEK YERKA.

Redazione
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Un commento

  • Daniele Barbieri

    RICEVO questo comunicato dell’Associazione “3 Febbraio” di Bologna [db]
    Abbiamo appreso con sconcerto che Oumar Ly Cheikou, dopo essere stato arrestato per aver commesso maltrattamenti in famiglia, si è suicidato nella cella di sicurezza della questura di Bologna nella tarda serata di venerdì scorso.
    Le indagini sul fatto sono tuttora in corso, ma dalle prime ricostruzioni emergono incongruenze che lasciano quantomeno perplessi.
    E’ inaccettabile che in luoghi adibiti alla sicurezza, secondo i criteri istituzionali, si entri vivi e se ne esca morti, ed è questo quello che è successo ad Oumar.
    Da sempre ci battiamo per la dignità ed il rispetto per la vita, valori che sempre più spesso sono calpestati e ignorati da istituzioni per razzismo ed indifferenza diffusa.
    Esprimendo la nostra solidarietà e vicinanza alla moglie ed al piccolo figlio dello scomparso, chiediamo con loro verità e giustizia per quanto accaduto.
    Associazione “3 Febbraio”- Bologna

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