Transgender Day of Remembrance

Riprendo (dal quotidiano “Il manifesto“)  “Desideri e identità a transito limitato” un mio articolo del 19 novembre 2004. Qui in coda spiego il perchè (ma forse è superfluo) di questo recupero. (db)Domani veglie e iniziative in tutto il mondo per il Transgender Day of Remembrance. Sono tre al mese in media le persone transessuali ammazzate, le persecuzioni accomunano nord e sud. Con qualche fragile segnale in controtendenza. Ne parliamo con Porpora Marcasciano

«Sono Reshae Mc Cauley, donna transessuale di 30 anni. La sera del 7 dicembre 2003 ho visitato un locale notturno, lo Z109. Il mio corpo è stato rinvenuto da mia madre, Kim, la sera seguente». Sarà uno dei cartelli che i passanti leggeranno domani in piazza Ravegnana sotto le Torri di Bologna. Oppure quest’altro: «Mi chiamo Gennaro Rizzo. Trentenne residente a Cercola. Il 13 luglio il mio corpo, in abiti femminili, è stato trovato vicino a un ponte nei pressi di Caserta. Mi avevano pugnalato diverse volte». E le storie, raccontate nei cartelli in poche righe, delle 21 persone transgender assassinate nell’ultimo anno: «Sono Precious Armani, afro-americana….» (uccisa ad Atlanta); «Darryl Fearon, 17 anni di New York»; «Mi chiamo Mickey Ward-El Smith»; «Nessuno conosce il mio nome» (ammazzata in Nuova Zelanda); «Forse mi chiamo Uday Bhan Singh»; «Leandro Bispo Estavao, il nome femminile non è mai stato segnalato dai media» (il 20 luglio vicino Bergamo qualcuno le ha tagliato la gola). Domani ha luogo il Transgender Day of Remembrance 2004, con iniziative e veglie in tutto il mondo. Dal `90 a oggi la media delle persone transessuali assassinate è sempre superiore a una ogni mese; «nel 2003 si supera 3 come media mensile: 37, di cui 4 in Italia; nel 2004 le vittime sono già 21 solo nel nostro paese», ricorda Mirella Izzo sul sito di Crisalide (www.crisalide-azionetrans.it ).

Quei dati sono purtroppo la punta di un grandissimo iceberg. «In molti paesi questi delitti passano sotto silenzio, a esempio nelle tante nazioni dove essere transessuali è un reato punibile anche con la morte». A chiarirlo è Porpora Marcasciano del Mit, il Movimento identità transessuali, che, fra l’altro, è impegnata a Bologna, Napoli, Venezia e in Versilia nei progetti di riduzione del danno e ne ha scritto in Porneia: visioni e sguardi sulla prostituzione (Poligrafo 2003). Ma bisogna tener conto, ricordano a Crisalide, che «la popolazione transessuale nel mondo non dovrebbe superare, secondo alcune ricerche, le 200 mila unità» e questo rende ancora più impressionante il numero; senza contare che «le statistiche non contemplano i suicidi, spesso stimolati da pressioni psicologiche esterne».

La guerra silente

Le 37 vittime del 2004 sono solo quelle che si dichiaravano transgender, segnala Marcasciano: «Ma altre conservano il nome di nascita: polizia, tribunali e spesso le famiglie non ci tengono a chiarire… L’anno scorso a Mestre è sparita nel nulla una trans ecuadoregna. Extracomunitarie, clandestine, transessuali dunque cittadine di serie Z». Ammazzate due volte: fisicamente e culturalmente nel rifiuto dell’identità che hanno scelto. Di solito giornalisti e investigatori non s’affannano; la frase fatta – «squallido ambiente» – svela la loro indifferenza che sconfina nell’ostilità.

Orrori moderni. «La guerra è il fenomeno macroscopico ma c’è quella silente, nella vita di tutti i giorni, omofobia e razzismo», ragiona Porpora Marcasciano: «Dobbiamo avere un nemico, questo è il messaggio anche di Buttiglione, Tremaglia, e delle periodiche uscite del Vaticano che ci chiama malati. Noi del Mit li consideriamo complici di uno sterminio. Se si vuole una morale religiosa pesante, se si ripete che c’è posto solo per la famiglia monogamica, inevitabilmente chi non vuole o non può riconoscersi attira su di sé scherno, emarginazione e anche violenza».

In queste ore si apre a Verona uno dei processi contro Forza nuova per l’aggressione ai militanti gay e trans del circolo Pink: Fn la rivendica nei volantini, organizza presidi davanti al tribunale. «Ci sembra grave autorizzarlo», commentano al Mit.

E’ in atto una controffensiva reazionaria, insiste Porpora: la legge contro la procreazione assistita, l’esclusione delle famiglie di fatto, il taglio delle spese destinate alla ricerca sull’Hiv per l’aids. Mentre molti media alimentano ignoranza e confusione, dunque emarginazione. «Non per caso si torna a usare contro di noi l’articolo 85 del Codice penale, che punisce le trans per `mascheramento’, in disuso da quasi 20 anni». L’Italia ovviamente ha qualche problema con la laicità. «La direttiva europea anti-discriminazione qui viene applicata al contrario. Chiedevamo che insieme all’orientamento sessuale si parlasse di «identità di genere» ma questa pur vaga frase ha spaventato anche la nostra sinistra».

Qualcosa di buono

E le buone notizie? «Il clima in Italia è cambiato in meglio con la legge 164 che dal 1982 permette di cambiar sesso. Esiste poi il quotidiano lavoro delle nostre associazioni e una grossa mano dal `97 ce la dà la Cgil con l’Ufficio dei nuovi diritti, a Roma guidato da Gigliola Toniollo. Garantire lavoro e assistenza significa favorire l’inclusione sociale». Bologna è la più visibile: ha una tradizione di spazi ai diritti per le cosiddette minoranze, prima il Cassero poi il Mit. «La Regione Emilia Romagna dal `94 finanzia il consultorio, l’unico al mondo gestito da persone transessuali», riassume Marcasciano: «Abbiamo 320 utenti, vengono anche persone sopra i 50 anni che finalmente trovano il coraggio di uscire allo scoperto, e minorenni accompagnati dalle famiglie». Il Mit lavora in convenzione con la Usl. Quanto a Bologna è stata la prima – e finora la sola – città ad avere avuto in Comune una consigliera transessuale (Marcella Di Folco con i Verdi). E che abbia fatto un gran lavoro non lo dicono solo al Mit.

Anche dal mondo arriva qualche buona nuova? «Quasi tutte le notizie positive vengono dalla Spagna – puntualizza Marcasciano – il coraggio di Zapatero spinge l’Europa. Anche Germania e Paesi Bassi hanno una tradizione di diritti ma sono oscillanti, dipende dai governi».

Altre novità positive si possono leggere sul sito di Crisalide. E’ arrivata una buona legge in Gran Bretagna. La repressione a Cuba sembra al termine. Il 28 aprile in Kuwait un transessuale viene riconosciuto tale (buona notizia a metà: viene considerato «malato»). Cessano le discriminazioni ai Giochi olimpici – anche se qualche cronista della Rai storce la bocca in diretta – e, dopo il caso di Mianne Bagger, anche negli ultra-conservatori tornei del golf. «Il video Hidden Gender racconta diverse esperienze nel mondo: ci sono anche un sindaco in India e un altro in Nuova Zelanda «capaci di cose straordinarie», si entusiasmano a Bologna, che già si prepara a ospitare nel prossimo aprile il quinto congresso mondiale scientifico dell’Henry Benjamin, il più importante istituto di studi (ha sede negli Usa, a Minneapolis) sull’identità di genere e il transessualismo.

Le persone trans – discutiamo con Porpora Marcasciano – chiedono il riconoscimento d’una identità, ma non solo sessuale. «Chi non sente di appartenere al sesso (e al genere) nel quale è nata – risponde Porpora – mette in moto un percorso di trasformazione fisica per sintonizzare il corpo alla percezione di sé che ognuno ha. Le due sigle adottate a livello mondiale sono Mtf ovvero maschio transizionato femmina e Ftm, il viceversa. Si usa molto il termine transgender proprio perché la desinenza solo sessuale è riduttiva. Infatti non si chiede il riconoscimento di un gusto sessuale ma appunto di una identità psichica».

Rock, cinema, pubblicità in apparenza lasciano grande spazio alle identità ambigue. Per lei è un elemento positivo? «Sì ma tutto diventa merce e spettacolo», replica Porpora. «E’ positivo che se ne parli, rompendo l’idea di due soli sessi, granitici e separati; è negativo subissare di stimoli che spiegano poco». Un esempio? Platinette. Non è trans né dice di esserlo ma diventa un simbolo, l’ingranaggio di una macchina solo consumistica. «Se la tv è oggi la principale base informativa di massa, il messaggio complessivo su questi argomenti (trasmissioni educative ci sono, ma sempre meno) esce confuso. Tutto passa come merce o moda».

Lo ricordano anche alcune interviste raccolte da Marcasciano nel volume Tra le rose e le viole: il consumo di sesso ambiguo resta alto «ma negli anni `60 e `70 era un mezzo di comunicazione mentre oggi i corpi sono di nuovo visti come pericolosi, ogni persona diversa da me è sospetta. La paura è cresciuta ma rimane un bisogno che si traduce anche in una richiesta enorme nelle strade, nelle hot-lines… Un po’ artificiale forse, molto virtuale. Mi pare che, al di là delle chiacchiere, resti una sostanziale solitudine del corpo».

UNA  SPIEGAZIONE  (FORSE  SUPERFLUA)

Ho recuperato questo mio piccolo reportage del 2004 perchè da allora mi è parso che su questo groviglio di temi (così difficili e spesso dolorosi ma anche così importanti) da allora l’attenzione invece di aumentare sia in calo;  purtroppo sale invece il livello di paura e razzismi che molti “fabbricanti” della piccola opinione – i grandi mass media in testa –  alimentano. Ieri la conferma: mi è parso che il numero di iniziative pubbliche, di riflessioni intorno al “Transgender Day of Remembrance” non sia stato grande in Italia e che comunque quasi tutti i giornalisti non abbiano speso fatica e tempo per informarsi e informare. Se sbaglio ditemelo. Se invece è così, a maggior ragione codesto (piccolo) spazio resta aperto alla discussione. Poche ore fa “la strega” Monica e fra poche ore un pezzo di Gianluca ci riportano a una discussione più generale sulla sessualità (e le sue mutazioni nei corpi concreti come nell’immaginario collettivo) che pubblicamente quasi non si riesce a fare: in particolare l’Italia tace, insulta, censura chiunque provi a ragionare invece di invocare “guerre sante” particolarmente tragiche e ridicole nell’Italia dove i “vizi privati e le pubbliche virtù” sono sempre più la forma di (buon) governo. (db)

Redazione
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3 commenti

  • Non sbagli: nessuna particolare attenzione.
    Non sbagli di nuovo: la paura e il pregiudizio più che scemare, come il tempo trascorso avrebbe dovuto indurre, stanno prendendo il sopravvento.
    La paura si diffonde, ma non sono paure di reali pericoli, sono le paure che nascono dalle più svariate nevrosi e debolezze che i troppi tendono a superare applicando un’attenzione esagerata a processi di giudizio popolare, religioso e politico, che molto hanno a che vedere con quelli di un tempo per stregoneria.
    Arriva un tempo d’allarme per la paura dell’aids, un’altro perchè l’extracomunitario, il lavoro, la prostituzione, la famiglia… etc.etc… e via così a costruire di volta in volta un aggiunto e comodo capro espiatorio sul quale riversare insicurezza e paura della vita in sè.

    Già, perchè di questa vita non siamo forse noi? E noi non siamo forse di tutti i colori, di tutte le tendendenze e di tutte le forme fisiche naturali o indotte?

    Noi. Ognuno crede di mormorare il “noi” più giusto.
    Noi, che invece siamo anche loro e non qualcuno: tutti loro.Noi.

    Grazie Daniele.

  • Sagge e belle le parole di Clelia.
    Aggiungo solo tre frasette.
    Ogni tanto Wale, un mio amico afro-italiano, si diletta in aritmetica: “Noi più loro fa sempre noi” spiega “mentre noi meno loro fa zero” oppure un gran casino. (db)

  • Essivede che si diletta in aritmetica! Il tuo amico ha detto benissimo in poche parole quello che io avrei detto in sette pagine. Miracoli della scienza, salutamelo!
    c.

Rispondi a clelia pierangela pieri Annulla risposta

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