Brasile: attraverso il Parà un corridoio per i sojeros
di David Lifodi
Costruita negli anni Settanta e fino ai giorni nostri poco battuta, la strada amazzonica BR-163 si è trasformata nella rotta principale per il trasporto della soia dallo stato brasiliano del Mato Grosso (dove maggiore è la sua produzione) al porto fluviale di Santarém.
I 1.400 chilometri dell’arteria stradale che unisce Cuiabá, la capitale del Mato Grosso, a Santarém (stato del Pará), alla confluenza dei fiumi Tapajós e Amazonas, è un boccone troppo grosso da lasciarsi sfuggire per i sojeros, i quali dopo averla ricostruita come canale di trasporto e commercio della soia intendono modificarla e ammodernarla, senza però curarsi dell’inevitabile deforestazione della conca amazzonica, dello sgombero delle comunità locali che abitano ai bordi della strada e dei devastanti effetti provocati dalla monocoltura della soia.Ormai i padroni della terra sono i signori dell’agrobusiness, come dimostra il caso della BR-163,letteralmente resuscitata ai soli fini commerciali. Un reportage di Ipsnoticias.net svela che trenta anni fa nella zona della BR-163 c’era solo la selva amazzonica: questa era lo scenario di fronte al quale si trovarono migliaia di migranti brasiliani attratti dalle offerte della terra dei governi militari di allora. Difficilmente transitabile anche negli anni Settanta, la BR-163 è ancora non asfaltata per circa 200 chilometri, ma nonostante questo e la pessima manutenzione è percorsa da centinaia di camion che quotidianamente trasportano il mais e la soia sfidando l’alto rischio di incidenti. La BR-163 arriva direttamente al terminal della multinazionale Usa Cargill al porto fluviale di Santarém, dove viene imbarcata per farle attraversare il Rio delle Amazzoni e l’Oceano Atlantico e smerciarla in Cina e nei mercati europei. La potente Associazione dei Produttori di Soia del Mato Grosso ritiene la BR-163 fondamentale a livello statale e nazionale per l’esportazione della soia, senza curarsi della deforestazione, dell’appropriazione illegale della terra e dei conflitti sociali che provocheranno le opere previste per l’ammodernamento della strada, ma, soprattutto, per l’incentivazione derivante dalla coltivazione della soia in maniera massiccia. Il corridoio della soia per eccellenza, che i sojeros intendono ampliare anche tramite la costruzione di una ferrovia nella cittadina di Miritituba, anch’essa nello stato del Pará, è ormai la BR-163, fino ad ora poco transitata anche perché utilizzata per il solo traffico locale e non adatta al crescente aumento del transito su larga scala. L’intero Pará rischia quindi di trasformarsi in un gigantesco corridoio della soia, ma Miritituba, già dal 2014, è costretta a convivere con la multinazionale agroindustriale statunitense Bunge che ha provocato un impatto negativo dal punto di vista sociale e ambientale. Inoltre, sempre i terminal delle transnazionali, hanno stravolto l’economia e gli ecosistemi di Santarém. Dal 2003, quando Cargill si è installata nel porto fluviale della città, l’intera zona è stata notevolmente trasformata.Nato come centro di immagazzinamento e trasporto della soia, il terminal si è pian piano allargato, andando ad impattare sulla vita di piccoli agricoltori e pescatori artigianali. “Per Santarém l’arrivo di Cargill è stato una disgrazia”, evidenzia Edilberto Sena, sacerdote e presidente del movimento Tapajós Vivo, che racconta ad Ipsnoticias.net come l’arrivo della multinazionale Usa fosse stato presentato dalle autorità, al pari dello sviluppo del porto, come un’occasione per generare nuovi posti di lavoro in questa città di 300mila abitanti.Per quanto riguarda l’esportazione della soia, il porto di Santarém è stato preferito a quello di Santos, poiché, per arrivare al porto cinese di Shangai, la distanza diminuirebbe da 24.000 chilometri a 19.500. Dal 2020, grazie ad un investimento di almeno 800 milioni di dollari, le transnazionali progettano di esportare 20 milioni di tonnellate all’anno di soia attraverso la conca amazzonica brasiliana. Già adesso, tramite la BR-163, giungono al terminal di Cargill circa 350 camion al giorno carichi di soia. La stessa costruzione del terminal è stata appoggiata dalle autorità locali nonostante le forti proteste dei movimenti sociali. Ancora di più risulta evidente, e non da ora, che il Brasile ha scelto di seguire la strada dell’agronegozio, con buona pace dell’inquinamento dei fiumi, dei fertilizzanti chimici che danneggiano i raccolti e della violazione, più in generale, dei diritti socioambientali. Inoltre, l’impresa brasiliana Embraps (Empresa Brasileira Puertos Santarém) ha in procinto di costruire altri sei terminal nel porto di Santarém, quattro dalla parte di Cargill e due nelle vicinanze del lago Maicá, da cui si snodano 50 chilometri di laghi e canali dal Río Tapajós alla confluenza con il Rio delle Amazzoni.
In Brasile ormai i produttori della soia sempre più frequentemente si sostituiscono ad uno stato che comunque li asseconda: tornare indietro non sarà facile.