Brasile: giochi sporchi contro Dilma

di David Lifodi

È il Brasile, ma assomiglia terribilmente al Venezuela, all’Honduras e al Paraguay dove le destre hanno tentato il colpo di mano e, a Tegucigalpa e Asunción, sono riuscite ad attuare il golpe. Nel paese più grande dell’America Latina, soprattutto nei mesi immediatamente successivi alla vittoria elettorale di Dilma Rousseff, l’opposizione di destra, appoggiata dal latifondo mediatico di Globo e di altri giornalacci, si è cercato di creare le premesse affinché la presidenta non giungesse alla cerimonia di insediamento del 1 gennaio 2015.

Ad aprire le ostilità quell’Aécio Neves che, pur complimentandosi ipocritamente con Dilma, non ha mai riconosciuto ufficialmente la sua vittoria, avvenuta con oltre tre milioni di voti in più del rivale. In tutto questo va sottolineato il paradosso di un’oligarchia che non accetta Dilma al Planalto nonostante le sue politiche molto moderate, tanto da ricevere spesso gli elogi dei circoli della grande finanza mondiale. Eppure Aécio Neves è pericoloso: nonostante l’ex governatore del Minas Gerais abbia condotto la sua campagna elettorale all’insegna dell’etica e della moralità, è stato coinvolto, in passato, in oltre una decina di casi di corruzione, tanto da apparire come uno dei personaggi più sinistri della politica brasiliana. In qualità di governatore, Neves avrebbe deviato risorse economiche destinate alla sanità dello stato per impiegarle in attività personali. Non solo: il documentario Helicoca racconta la storia dell’imprenditore del settore alimentare Zezé Perrella, il cui elicottero atterrò nel novembre 2013 nella provincia di Espírito Santo con oltre 445 chili di pasta base di cocaina. Perrella, che tra le altre cose è dirigente anche della squadra di calcio del Cruzeiro, è stato eletto come deputato provinciale del Partido da Social Democracia Brasileira (Psdb) con la sponsorizzazione di Neves, nonostante nel 2011 fosse stato denunciato per aver omesso, nella sua dichiarazione dei redditi, una hacienda dal valore di 410 milioni di pesos, probabilmente quella dove era atterrato l’elicottero con la coca. Neves è potente e pericoloso, come lo è Gilmar Mendes, uno dei persecutori storici del movimento Sem terra, membro della Corte Suprema e del Tribunale Supremo Elettorale, e che si è dato da fare per indagare sui finanziamenti della campagna elettorale di Dilma Rousseff. Lo scopo di Mendes, dal giorno successivo all’elezione della presidenta, è stato chiaro: impedire l’investitura di Dilma alla guida del paese. Inoltre, Mendes e Neves hanno un rapporto molto stretto e l’idea di dar vita all’impeachment contro Dilma ha ricevuto molti consensi a destra, in particolare dal cosiddetto partido de imprensa golpista. La rivista Veja, e la sua casa editrice Abril, hanno provato a coinvolgere Lula e Dilma Rousseff nello scandalo scoppiato recentemente per quanto riguarda i casi di corruzione all’interno di Petrobras nell’ambito dell’Operação Lava Jato, dove si parla di un presunto emissario implicato nel riciclaggio di denaro sporco per conto di entrambi. L’accusa, condotta dal direttore di Veja Eurípedes Alcântara e da quello di Abril, Fábio Barbosa, si è risolta in un nulla di fatto, ma questo episodio rappresenta bene le manovre per togliere di mezzo Dilma dalla scena politica. Nemmeno una parola, della stampa golpista, è stata dedicata invece all’indagine della polizia federale che, lo scorso 4 dicembre, ha imputato l’accusa di corruzione  a 33 alti dirigenti di imprese statali e a tutta la cupola del Psdb, dallo stesso Neves a Fernando Henrique Cardoso, per quanto riguarda i lavori della metro di San Paolo e l’acquisto di treni dalle europee Alstom e Siemens, anch’esse coinvolte. Ciò che le destre non accettano, in particolare, è che con i suoi 200 milioni di abitanti, il Brasile vanta l’economia più forte nell’ambito del Mercosur, è una potenza emergente del Brics con Russia, India, Cina e Sudafrica, oltre ad essere il principale socio commerciale dell’Argentina, e rappresenta un sostegno rilevante alle economie cubana e venezuelana. Neves e tutta la destra non accettano che Dilma e il Pt vogliano mantenere il Brasile nella sfera di Mercosur, Unasur (Unión de Naciones Suramericanas) e Celac (Comunidad de Estados Latinoamericano y Caribeños) mantenendo le distanze dagli Stati Uniti soprattutto a seguito del caso di spionaggio Usa in cui è stata coinvolta la presidenta, e del resto è su questo argomento che è stata incentrata tutta la campagna per le presidenziali. Ad esempio Rubens Barbosa, uno dei massimi dirigenti della forte Fiesp, la Federazione del’Industria dello stato di San Paolo, ritiene che il principale compito del Brasile, in politica economica, sarebbe quello di avvicinarsi a Stati Uniti e Unione Europea e darsi da fare per ripristinare quell’Alca (l’area di libero commercio delle Americhe) che lo stesso Lula aveva contribuito ad affondare nel 2005.

Una cosa è certa: se Neves, o comunque esponenti del Psdb si fossero seduti alla guida del paese, il Brasile sarebbe ancora quello caratterizzato dalle forti disuguaglianze sociali (che peraltro persistono ancora) degli anni ’90.

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