Brasile: guerra agli indigeni nel nome dell’oro blu

Nello stato del Ceará gli indios Jenipapo Kanindé e Anacé attaccati dalle multinazionali, dai grandi proprietari terrieri e anche dal Partido dos Trabalhadores.

di David Lifodi

Gli indios Jenipapo Kanindé, più conosciuti come Cabeludos da Encantada, sono un popolo che abita nella Terra Indígena Lagoa da Encantada (stato del Ceará), la cui integrità è messa seriamente a rischio dall’impresa Pecém Agroindustrial S.A., di proprietà del Grupo Ypióca, dedita alla produzione di carta e cartone. L’acqua rappresenta per l’impresa la materia prima indispensabile per la produzione quotidiana della carta. Pecém Agroindustrial ha pensato di poter derubare gli indios Jenipapo Kanindé a proprio piacimento. Nonostante in tutte le sedi giudiziarie l’impresa sia stata obbligata a ritirarsi dalla Terra Indígena Lagoa da Encantada (l’ultima sentenza è stata emessa dal Tribunale Federale Supremo nel settembre 2017), un luogo ritenuto sacro dagli indios, i Jenipapo Kanindé ancora oggi sono costretti a difendersi.

La laguna si era quasi del tutto prosciugata tra il 2009 e il 2010 proprio a causa dello sfruttamento intensivo della Pecém Agroindustrial, impresa che, insieme ad altre, ha scatenato una vera e propria guerra per l’acqua in tutto lo stato del Ceará. Lo scorso febbraio, solo per fare un esempio, gli indios Anacé sono stati oggetto di uno sgombero violento promosso dalla polizia militare mentre stavano occupando un cantiere che avrebbe dovuto deviare 900mila litri al secondo di acqua dal fiume Cauípe verso il complesso industriale e portuale di Pecém situato nel municipio di Caucaia, nella regione metropolitana di Fortaleza, capitale dello stato del Ceará.

Di fronte al furto dell’oro blu, in barba anche alla giurisprudenza, gli indios non sono rimasti a guardare. Prima hanno lanciato la campagna Sem Cerrado, Sem Água, Sem Vida, allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’appropriazione indebita dell’acqua da parte delle imprese, poi hanno dedicato delle sessioni specifiche alla tutela delle risorse idriche in occasione del Fórum Alternativo Mundial da Água, che si è tenuto a Brasilia lo scorso mese di marzo. In quel contesto è emersa, ancora una volta, la minaccia delle multinazionali petrolifere, minerarie e dedite alla costruzione delle centrali idroelettriche che mettono a rischio la vita di contadini, indios e quilombolas.

La vertenza tra Jenipapo Kanindé e Grupo Ypióca risale agli anni Ottanta, quando l’impresa acquistò un terreno al confine con la Lagoa da Encantada. Nel 2011 il Grupo Ypióca si rivolse alla giustizia federale per chiedere che fosse sospesa la demarcazione della terra indigena dei Jenipapo Kanindé e, successivamente, gli indios, che fino al 1985 avevano vissuto in uno stato di quasi totale isolamento, furono costretti a far fronte a latifondisti e usurpatori della loro terra di ogni risma. Il Grupo Ypióca si spinse fino ad offrire settemila reais alle famiglie in lotta in cambio dello sfruttamento dell’acqua, ma gli indios non fecero alcun passo indietro: la Terra Indígena Lagoa da Encantada per loro era, ed è, come una madre: non l’abbandoneranno mai ad una multinazionale.

Lo stesso percorso di resistenza è stato seguito dagli indios Anacé, che hanno dovuto scontrarsi con Ernani Viana, proprietario terriero dell’80% del territorio Anacé e noto per essere un simpatizzante del regime militare. Viana è interessato a questa terra perché fa parte di un ecosistema idrico, il Lagamar Cauípe, formato da decine di laghi e lagune, ma in questo caso nemmeno il Partido dos Trabalhadores (Pt) ci ha fatto una bella figura. Lo sgombero del cantiere occupato dagli indios per 90 giorni al fine di scongiurare il trasferimento dell’acqua dal fiume Cauípe al complesso industriale e portuale di Pecém è stato infatti ordinato ordinato dal governatore del Ceará Camilo Santana, come ha denunciato il deputato Renato Roseno, esponente del Psol (Partido Socialismo e Liberdade) da sempre schierato a fianco dei diritti dei popoli indigeni. L’agenda di Santana, incentrata sul diritto allo sfruttamento intensivo delle risorse idriche a vantaggio esclusivo delle multinazionali, non è riuscito comunque a scalfire la resistenza degli indios di Anacé.

Secondo uno studio promosso dal Cogerh (Operações da Companhia de Gestão dos Recursos Hídricos do Ceará), nel 2015 il 70% delle risorse idriche era dedicato all’agronegozio. Da allora la situazione è ulteriormente peggiorata, le imprese multinazionali continuano a fare il bello e il cattivo tempo e la criminalizzazione dei leader sociali prosegue come e più di prima.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *