Brasile-Yanomami: la crisi umanitaria

Nel cuore dell’Amazzonia, i cercatori d’oro portano violenza, fame e malattie al più grande territorio indigeno del Brasile
di Glória Paiva (*)

                        Foto: https://www.cartacapital.com.br/
Per gli Yanomami, popolazione indigena che da almeno 1.000 anni abita l’Amazzonia tra i confini settentrionali del Brasile e del Venezuela meridionale, l’acqua rappresenta più di un mezzo di sopravvivenza: è l’origine della vita. Secondo uno dei loro miti fondatori, la prima donna sulla Terra venne dalle acque di un fiume. Thuëyoma, un pesce in forma umana, fu catturata da Omama e diede alla luce il primo antenato degli Yanomami, come riportato dallo sciamano Davi Kopenawa Yanomani nel documentario “L’ultima foresta” (2021). Nel corso della sua esistenza, gli abitanti di quella regione, un popolo di cacciatori e agricoltori, hanno costruito il loro stile di vita in modo completamente integrato con le abbondanti acque dei fiumi.
Nel mito narrato da Davi Kopenawa, il fratello di Omama, Yoasi, viola Thuëyoma e viene espulso dalla terra, generando così la morte e tutti i mali che affliggono gli uomini. Yoasi abiterà l’altra sponda del fiume: la stessa sponda dove si trovano gli uomini bianchi, che nei secoli hanno portato morte e malattie alle comunità originarie. L’oro si trova anche in quelle stesse acque, tanto ambite dai “garimpeiros”, cioè, i cercatori, che hanno avuto, negli ultimi quattro anni, il permesso tacito del governo di Jair Bolsonaro per operare libera e illegalmente nelle terre indigene protette, come il Territorio Yanomami, dove oggi vivono circa 30mila persone.
La scoperta di giacimenti d’oro nelle terre degli Yanomami, nel 1986, ha portato all’invasione di 45.000 cercatori e alla morte di circa 1.700 indigeni. Nel 1992, la delimitazione del territorio, che garantisce agli indigeni il diritto alla terra, ha sostenuto le azioni del governo per allontanare dall’area circa 40.000 invasori. Ma 30 anni dopo, il problema è tornato. Oggi, ci sono tra i 20.000 e i 30.000 cercatori illegali installati in quella che è la più grande riserva indigena del paese.
Ocorre ricordare che Bruno Pereira, ex funzionario dell’agenzia brasiliana per gli indigeni (Funai),  allora coordinatore delle popolazioni indigene isolate, è stato esonerato dal suo ruolo nel 2019 per aver agito proprio contro l’estrazione illegale dell’oro nelle terre yanomami e in altri territori. Pereira, insieme al giornalista del The Guardian, Dom Phillips, è stato assassinato tre anni dopo nella zona indigena isolata Vale do Javari.
Il mercurio utilizzato nell’attività estrattiva per aiutare a localizzare l’oro viene poi gettato nei fiumi, contaminando l’acqua e l’aria. Il metallo provoca una serie di malattie, ma è solo uno dei fattori alla base della tragedia umanitaria che colpisce gli Yanomami. Distruzione ambientale, diffusione di malattie infettive, insicurezza alimentare, mancanza di accesso all’acqua potabile, sfruttamento sessuale in cambio di cibo e armi da fuoco, lavoro forzato, morti, stupri e altre violenze sono stati denunciati anche da attivisti, sciamani e organizzazioni come l’Hutukara Yanomami.
Sopravvivenza minacciata
Secondo il Ministero della Salute, solo nel 2022, al 40% della popolazione yanomami è stata diagnosticata la malaria, la cui zanzara trasmittente si riproduce nelle acque di scarico lasciate dalle attività estrattive. Lo scorso anno 99 bambini sono morti per malnutrizione, polmonite, diarrea e contaminazione da mercurio. Un terzo dei bambini yanomami è sottopeso e più del 50% della popolazione è gravemente malnutrita. In quattro anni, i bambini sotto i 4 anni morti nella zona sarebbero almeno 570, un numero sottostimato, secondo la ministra per i popoli indigeni, Sônia Guajajara, a causa della mancanza di statistiche e controllo da parte delle autorità sanitarie negli ultimi anni.
“Questa è la più grave situazione umanitaria che abbia mai visto”, ha descritto André Siqueira, infettivologo e ricercatore presso la Fondazione Oswaldo Cruz (Fiocruz). Nelle ultime settimane, Siqueira si è recato, insieme ad altri specialisti, in missione nella regione insieme al Ministero della Salute, il presidente Lula e la ministra Sônia Guajajara. Quanto riscontrato dalle autorità ha portato il governo a dichiarare un’emergenza sanitaria pubblica di importanza nazionale nel territorio.
André Siqueira ha raccontato che l’attuale situazione ha cominciato ad aggravarsi negli ultimi anni con la combinazione di diversi fattori: la presenza dei cercatori, la mancanza di un’assistenza sanitaria adeguata, l’assenza di personale medico e una completa interruzione dei programmi pubblici per la protezione e il controllo delle terre indigene. “In alcune località i presidi sanitari sono stati completamente smobilitati per motivi di sicurezza, minacciati dai garimpeiros”, spiega.
Il segretario addetto alla Salute Indigena nel Ministero della Salute, Ricardo Weibe Tapeba, ha affermato che vi sono forti evidenze di appropriazione indebita dei fondi che avrebbero dovuto essere investiti nell’assistenza agli indigeni. Ora, il governo federale ha promesso di inviare squadre mediche e di espandere la capacità della pista di atterraggio locale per facilitarne l’accesso, dal momento che molte delle 371 comunità yanomami sono quasi isolate e di difficile raggiungimento. Secondo il governo, hanno già iniziato ad arrivare cesti di prima necessità e medicinali per le comunità colpite. Più di mille indigeni in gravi condizioni di salute sono stati soccorsi negli ultimi giorni.
Secondo l’avvocato ed ex agente della Funai, Ricardo Rao, oggi esiliato in Italia, il governo brasiliano sotto la gestione di Bolsonaro ha dato via libera allo sfruttamento dei cercatori illegali nella zona, con lo smantellamento deliberato dei fronti di protezione del governo. “L’invasione dei cercatori d’oro nella regione ha il consenso e il sostegno diretto del governo di Roraima e dei gruppi bolsonaristi. È impossibile raggiungere il territorio yanomami senza essere scoperti dai battaglioni dell’esercito lì presenti”, denuncia.
La ministra Sônia Guajajara ha affermato che l’amministrazione di Bolsonaro dovrebbe essere ritenuta responsabile della crisi. “Hanno permesso che questa situazione si deteriorasse al punto che vediamo adulti che pesano come bambini e bambini in pelle e ossa”, ha detto durante la sua visita al territorio. Le attività dei cercatori e il peggioramento delle condizioni di salute degli yanomami sono state più volte denunciate negli ultimi anni da associazioni, giornalisti ed enti pubblici. Le organizzazioni indigene sostengono, tuttavia, che il l’amministrazione Bolsonaro si è rifiutata di adottare misure urgenti sulla situazione. Adesso la polizia federale indagherà se vi sia stato un crimine di genocidio e la mancata fornitura, da parte del governo federale, di assistenza nel caso.
Nella cosmovisione yanomami, “urihi”, la natura, è l’intera terra e l’intera foresta, la “terra-foresta”, un’entità vivente inseparabile dalla razza umana. Lo sciamano yanomami Davi Kopenawa aveva già profetizzato, 24 anni fa, in un’intervista con l’antropologo francese Bruce Albert, che “urihi” era minacciata dalla distruzione da parte dei popoli bianchi. “Omama ha nascosto i minerali sottoterra in modo che nessuno potesse toccarli. I ruscelli scompariranno, la terra diventerà friabile, gli alberi appassiranno e le rocce si spezzeranno per il caldo. Gli spiriti xapiripë, che ci proteggono, fuggiranno e tutti moriranno”, aveva detto lo sciamano. Ora, curare la presenza dello Stato sarà una condizione sine qua non affinché i figli e le figlie di Omama riprendano la loro salute e stile di vita, un patrimonio immateriale brasiliano che rischia di scomparire.
(*) Glória Paiva è una giornalista e traduttrice ítalo-brasiliana, autrice del romanzo-reportage “Con vistas al Tibidabo”.
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