Brasile: la tragedia sociale di Belo Monte

di David Lifodi

Per Norte Energía le comunità indigene non hanno alcun diritto, né l’impresa è interessata alle modalità di sostentamento delle popolazioni che vivono sul Río Xingu e che saranno gravemente danneggiate quando la centrale idroelettrica di Belo Monte sarà costruita: è questa l’amara riflessione degli atingidos, coloro che vedranno la loro vita stravolta se il progetto di costruzione della diga, una delle più grandi di tutta l’America Latina, andrà in porto.

Uno dei primi effetti negativi di quella che si configura come una vera e propria tragedia sociale, la rimozione forzata di indigeni e ribeirinhos per far posto alla diga, è stata la sparizione della comunità di S. Antonio. Le oltre 250 abitazioni dove vivevano i membri della comunità sono state distrutte perché si trovavano sul terreno dove sarà edificata la centrale idroelettrica. Gli agricoltori e i pescatori sono stati costretti a trasferirsi in regioni lontane dal Río Xingu: al posto delle loro case oggi sorge uno dei cantieri di Norte Energía e del Consorcio Constructor de Belo Monte. Il folle progetto idroelettrico, che fa parte del Piano di accelerazione della crescita (Pac) a cui ha dato impulso Lula, ma che adesso prosegue con il beneplacito della presidenta Dilma Rousseff, ha già causato anche un altro problema, quello relativo alla crescita smisurata delle periferie della città di Altamira (stato del Pará),  dove sono emigrati piccoli agricoltori e coloro che traevano sostentamento dalla pesca artigianale, dagli indigeni ai pescatori, per i quali il Río Xingu era fonte di vita. Negli ultimi anni, gli abitanti di Altamira sono passati da 90mila a 150mila, a causa di un’espansione disordinata della città dovuta sia all’arrivo di migliaia di operai che lavorano alla diga sia a migliaia di sfollati proprio per colpa della diga stessa. Quando il livello del fiume si innalzerà e non sarà più possibile navigarlo a causa della centrale idroelettrica, non solo una parte della stessa città di Altamira sarà inondata, ma crescerà il numero degli sfollati. Già adesso, le prime dighe provvisorie hanno reso impossibile la navigazione di alcuni tratti del fiume. Sebbene la Costituzione federale del 1988 garantisca i diritti indigeni, è altrettanto evidente che sono ampiamente violati, come riconoscono, tra gli altri l’Instituto Brasileiro do Meio Ambiente e Dos Recursos Naturais Renováveis (Ibama) e il Consiglio nazionale per i diritti umani, ma, nonostante questo, Norte Energía e Planalto si guardano bene dall’arrestare i lavori. Del resto, la stessa Norte Energía non si è mai occupata di rispettare la geografia sociale della regione e, secondo gli atingidos, le violazioni dei diritti umani per far posto alla centrale idroelettrica sono addirittura maggiori e, per certi versi più gravi, di quelle compiute dal regime militare che governò il Brasile dal 1964 al 1985. A livello giudiziario, tra le poche voci contrarie al progetto di Belo Monte, descritto come un vero e proprio caso di etnocidio indigeno, sta la giovane procuratrice della Repubblica Thais Santi: per lei questa grande opera rappresenta un caso controverso in cui governo e imprese stanno violando quotidianamente lo stato di diritto. Stimato in circa 30 bilioni di reais, dietro al progetto di Belo Monte si nascondono gli interessi delle multinazionali: per tre volte a Thais è stato offerto di lasciare Altamira per un’altra sede, ma lei ha sempre rifiutato nella speranza di riuscire a difendere i popoli indigeni che vivono sulle rive dello Xingu e le risorse naturali dell’intera regione. Purtroppo Belo Monte si va sempre più delineando come un progetto ormai assodato, per il quale manca solo la sua realizzazione, ma che lo stato si guarda bene dal mettere in dubbio: “È così”, argomenta Thais, che “viene decretata la morte di intere comunità indigene”. Oltre agli indigeni, quilombolas, ribeirinhos e migranti saranno tra le popolazioni maggiormente danneggiate dal progetto Belo Monte, con buona pace di uno stato che pure dovrebbe garantire quel diritto alla casa di cui si fa beffe Norte Energía requisendo le abitazioni per distruggerle e far posto alla diga oppure per utilizzarle come uffici o basi d’appoggio. A questo proposito, sono durissime le dichiarazioni di dom Erwin Kräutler, vescovo di origine austriaca che ha speso tutta la sua vita in difesa dei popoli indigeni: “Il Pt ha tradito. Lula e Dilma hanno messo su una sorta di dittatura civile ed entrambi passeranno alla storia come coloro che hanno distrutto l’Amazzonia ed hanno inferto un colpo durissimo ai popoli indigeni”.

Il Brasile si è ormai trasformato in una regione da spolpare dal punto di vista minerario ed energetico: la tragedia sociale di Belo Monte presto si potrebbe allargare ad altre zone del paese.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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