Brasile: la voce profetica di dom Pedro Casaldáliga

Vescovo dei poveri, a fianco degli oppressi e delle comunità indigene e contadine, il sacerdote si spense l’8 agosto 2020 dopo una vita trascorsa a lottare contro l’oligarchia terriera che ancora oggi spadroneggia impunemente in Brasile.

di David Lifodi

                                       Foto: https://twitter.com/latuffcartoons/

«Voglio che tutti voi ascoltiate attentamente, perché intendo parlare di qualcosa di molto serio: è qui che io voglio essere sepolto». Disse così, al termine di una messa, Pedro Casaldáliga, catalano di nascita, ma a tutti gli effetti brasiliano, che era giunto a São Félix do Araguaia nel 1968.

Deceduto l’8 agosto 2020, nel giorno in cui il Brasile aveva raggiunto il bilancio di 100.000 morti a causa del Covid-19 per effetto del negazionismo bolsonarista, fino ad allora Casaldáliga aveva combattuto mille battaglie a fianco delle comunità indigene e contadine.

Sul manifesto del 13 agosto di un anno fa, Claudia Fanti scrisse che l’ultimo saluto al vescovo dei poveri si era tenuto al «Centro Comunitário Tia Irene della sua São Félix do Araguaia, dove il suo corpo è stato posto su una canoa indigena, accanto al remo del popolo Iny con cui, al momento della sua consacrazione episcopale, aveva sostituito il baculo, al cappello di paglia sertanejo adottato al posto della mitra e a un cero pasquale, a indicare le uniche opzioni per lui possibili: o vivi o risorti».

Nato nel 1928, dom Pedro Casaldáliga ha rivestito un ruolo di primo piano in qualità di organizzatore delle comunità di base, oltre a schierarsi con coraggio contro la dittatura militare brasiliana che tra il 1964 e il 1985 impose il pugno duro sull’intero paese. Esponente di spicco della Teologia della Liberazione, più volte minacciato dall’oligarchia terriera per aver denunciato lo sfruttamento dei campesinos da parte dei latifondisti, Casaldáliga pubblicò il famoso manifesto “Schiavitù e feudalesimo nel nord del Mato Grosso” per denunciare i padroni della terra.

Scrittore, poeta («Ti scomunicano con me i poeti, i bambini, i poveri della terra», scrisse nella sua Ode a Reagan) e, tra le altre cose, collaboratore di Nigrizia, la storica rivista dei comboniani dove tenne la rubrica “Parole del Sud” dal 1998 al 1999, dom Pedro Casaldáliga fu tra i fondatori del Cimi – Conselho Indigenista Misiónario e fiero sostenitore del Movimento Sem Terra. Del resto, il suo motto era: “Non possedere niente, non chiedere mai niente, non tacere e, nel dubbio, scegliere sempre la parte dei più poveri”.

Fu soprattutto la volontà di non tacere mai a fargli rischiare realmente la vita nel 1976 quando, a seguito di una discussione con dei poliziotti che avevano torturato una donna, un agente estrasse la pistola e uccise padre João Bosco Brunier, che lo aveva accompagnato, pensando che fosse lui il vescovo. Per questo motivo, nel 2018, quando i simpatizzanti di Bolsonaro si spinsero fino alla sua abitazione per mostrare la loro arroganza, nei giorni precedenti al primo turno delle elezioni presidenziali che poi avrebbero visto il Messia Nero salire al Planalto, dom Pedro non si fece intimorire più di tanto.

A piedi nudi sulla terra rossa”, la biografia su Casaldáliga scritta dal giornalista Francesc Escribano e pubblicata in Italia da Emi, racconta nel dettaglio la storia di questa figura profetica divenuta un punto di riferimento per tutti gli esclusi e gli emarginati del paese, oltre che sostenitore dei governi popolari quali il Nicaragua sandinista e la Cuba castrista che rappresentavano una speranza per l’intero continente latinoamericano.

«Il capitalismo è un peccato capitale, e quando il capitale è neoliberale, guadagno sfrenato, mercato totalizzante, esclusione dell’immensa maggioranza, allora il peccato capitale è apertamente mortale» disse una volta Casaldáliga, che, pochi giorni prima di morire, insieme ad altri 152 vescovi brasiliani criticò duramente Jair Bolsonaro a proposito della gestione dell’emergenza sanitaria.

Abituatosi a convivere con il Parkinson, che chiamava o irmão Parkinson”, in un’intervista rilasciata nel 2009 al giornalista Nilton Viana per Brasil de Fato, il religioso sostenne ancora una volta che il problema principale del Brasile, e di tutta l’America latina, era lo strapotere di un’oligarchia privilegiata e intoccabile a cui contrapponeva la costruzione dell’utopia socialista.

Dom Pedro, che non aveva mai lasciato il paese, nemmeno per tornare in Spagna alla morte della madre, una volta fu convocato a Roma dall’allora pontefice Giovanni Paolo II, ma uscì da quel colloquio addolorato e scuro in volto poiché gli furono rimproverati I suoi “eccessi”. Tuttavia, anche allora, Casaldáliga rimase fermo nelle sue convinzioni, quelle di una Chiesa povera, per i poveri, per tutti gli oppressi e per un Brasile aperto, tollerante e solidale.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

Un commento

  • Bái Qiú’ēn

    Cinque mesi dopo la caduta del muro di Berlino e tre mesi dopo l’assassinio dei sei gesuiti alla UCA di San Salvador, nei giorni del decennale dell’assassinio di monsignor Oscar Arnulfo Romero, nella piccola chiesetta di quella stessa università, ascoltammo dom Pedro Casaldáliga concludere la propria omelia dicendo: «Si el socialismo real ha muerto, ¡qué viva el socialismo utopístico!”». È una frase che porteremo sempre con noi, hoy, mañana y siempre.

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