Brasile: le Olimpiadi giochi di potere e di esclusione

di David Lifodi

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Sulle Olimpiadi che avranno inizio il 5 agosto a Rio de Janeiro pesano molte incertezze. Da un lato, la confusa situazione politica del Brasile, che in pratica ha vissuto un colpo di stato di fatto, con il nuovo presidente Michel Temer desideroso di sfruttare al meglio la vetrina internazionale. Dall’altro la popolazione brasiliana, stanca di grandi eventi, Rio 2016 è il secondo nel giro di tre anni dopo i mondiali di calcio del 2014, da cui a trarre vantaggio saranno soltanto le multinazionali e l’oligarchia, che nelle Olimpiadi hanno trovato il pretesto per compiere vere e proprie operazioni di pulizia sociale tramite militari e forze armate. Se in occasione della Coppa del mondo le proteste erano partire dall’area libertaria (vedi il Movimento Passe Livre) e dalle organizzazioni sociali (i comitati popolari sorti per sottolineare l’impatto di tutto ciò che ruotava intorno alla competizione calcistica sulle fasce più povere della popolazione) per poi essere infiltrate dalla destra radicale allo scopo di far cadere Dilma Rousseff, sarà interessante capire cosa potrebbe accadere ora che al Planalto siede un golpista passacarte degli interessi delle grandi imprese.

Negli ultimi mesi, con il progressivo avvicinamento all’inizio di Rio 2016, la situazione nelle favelas e nelle periferie della megalopoli carioca è peggiorata ulteriormente. Le operazioni di polizia in queste zone della città sono ogni volta più violente e già sono stati registrati alcuni morti per balas perdidas. Nel 2014, l’anno in cui si è svolta la Coppa del mondo, nel solo stato di Rio de Janeiro, la polizia uccise 580 persone, il 40% in più rispetto al 2013. La polizia intende combattere la violenza utilizzando un apparato repressivo ancora maggiore, come accaduto ad esempio lo scorso aprile, quando una vasta operazione nella favela del Complexo do Alemão si è conclusa con due morti e nove feriti. È un dato di fatto che la polizia di Rio de Janeiro sia violenta e senza scrupoli, ma in occasione dei grandi eventi non risponde più al Planalto, quanto al governatore dello stato o al sindaco della città e alle multinazionali. Le Olimpiadi vanno configurandosi come la più grande operazione di sicurezza mai avvenuta in Brasile, con il dispiegamento di almeno ventimila soldati e oltre sessantamila poliziotti. Una militarizzazione che fa temere, una volta di più, nuove operazioni di pulizia sociale nelle quali, finora, sono stati coinvolti favelados e giovani di pelle nera che abitano nelle zone marginali della città. Nel libro O poder dos jogos e os jogos do poder, la docente universitaria Gusmão de Oliveira ha riferito di sgomberi di centinaia di famiglie, allontanate fino a 60 chilometri dalla città, per far sorgere sul terreno dei quartieri poveri di Rio infrastrutture e abitazioni per l’alta borghesia e per la gioia delle imprese dedite alla speculazione immobiliare. Si parla anche di un ricorso del Brasile a contractors paramilitari Usa al servizio di Blackwater, ora conosciuta sotto il nome di Academi, nota per aver collaborato con la Cia e il Dipartimento di Stato statunitense a partire dalla guerra Iran-Irak. I contractors avrebbero svolto una sorta di training per molti agenti brasiliani in vista delle imminenti Olimpiadi. Se in occasione dei mondiali del 2014 il giornalista danese Mikkel Jensen denunciò gli sgomberi dei favelados, l’accentuarsi della prostituzione minorile e le operazioni compiute durante la notte dai battaglioni speciali dell’esercito contro i ragazzi di strada nel suo documentario “Il prezzo del mondiale”, si teme che tutto ciò accada, in maniera amplificata, in occasione dei giochi olimpici. Non è trascorso giorno, a Rio de Janeiro, senza che sia stata segnalata una qualche violazione legata alle Olimpiadi. Dal momento in cui Rio è stata scelta come capitale dei Giochi, con lo sciagurato avvallo del Partido dos Trabalhadores, di Lula e Dilma Rousseff (colpevolmente troppo preoccupati di voler soddisfare i desiderata delle transnazionali), il progetto Rio Cidade Olímpica è stato presentato come un’opportunità di sviluppo non solo per la città carioca, ma per l’intero paese, a partire dal turismo, dall’economia e dalla possibilità che si aprissero nuove prospettive di lavoro. In realtà, come hanno evidenziato i Comitês populares da Olimpiades nel loro rapporto “Cem Dias Sem Direitos”, a Rio de Janeiro lo stato d’emergenza è divenuto ordinario per poter condurre una profonda trasformazione della città a livello urbanistico, tramite operazioni di “mercantilizzazione” e “etilizzazione” volte, come fine ultimo, a criminalizzare i movimenti sociali e ad imporre un progetto di paese autoritario. Al contrario, le organizzazioni sociali hanno ribadito l’importanza del diritto alla città per tutte e tutti, per riprendersi una città dove, a causa dei giochi olimpici, l’esclusione sociale ha subito una forte accelerazione. Ad esempio, corridoi stradali costruiti quasi solo esclusivamente per i trasporti, è il caso della Transcarioca e della TransOlímpica,  hanno attraversato interi quartieri e, nel corso degli anni, la maggior parte delle famiglie è stata costretta ad abbandonare le proprie abitazioni, come denunciato dai Comitês dos Atingidos pela Transcarioca.

L’occupazione militare delle favelas, il ritorno del terrorismo di stato e operazioni di sgombero di interi quartieri per far posto alla speculazione immobiliare, hanno trasformato la democrazia brasiliana da reale a fittizia , senza diritti né libertà e con apartheid di razza e di classe già ufficiale e ampliato dall’arrivo di Temer al Planalto. Dal 5 agosto, a Rio de Janeiro, andranno in scena le Olimpiadi dell’esclusione.

Sullo stesso argomento: “Rio 2016: le Olimpiadi cancellano i diritti”

 

AD AGOSTO, SI SA, IN QUESTO STIVALE MAL MESSO DI UN PIANETINO PERIFERICO IN UN SISTEMA SOLARE IMPERFETTO IN UNA SECONDARIA GALASSIA… SI RALLENTA: LO FARA’ ANCHE LA “BOTTEGA”. Ma a compensare le molte assenza tenete d’occhio «il meglio», ogni giorno alle 14. (db)

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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