Brasile: il futuro incerto e le ombre neonaziste

articoli di Martina Lepore e Glória Paiva.   

Fra nuovo ciclo progressista e l’onda del bolsonarismo. Report del dibattito con Federico Nastasi e Alessandro Peregalli tenutosi a Radio Sherwood

di Martina Lepore (*)

Il 10 novembre si è tenuto a Radio Sherwood  il dibattito “Fora Bolsonaro? Un talk sulle elezioni brasiliane” che ha visto come ospiti Federico Nastasi, ricercatore e collaboratore di diverse testate giornalistiche italiane e spagnole e Alessandro Peregalli, ricercatore indipendente di Studi Latinoamericani e redattore del blog lamericalatina.net.

Il dibattito è stato moderato e introdotto da Rossella Puca, che ha fatto una panoramica introduttiva delle elezioni del 30 ottobre 2022 che hanno visto come vincitore Luiz Inacio Lula da Silva, leader del partito dei lavoratori con il 50,9% dei voti, contro il 49,1% dei voti per Jair Bolsonaro, il leader uscente dell’estrema destra. Lula è già celebre per essere stato l’unico presidente eletto nel 2003 proveniente da una classe operaia in un Paese come il Brasile, classista e ricco di disuguaglianze. Il Brasile si trova diviso in due fazioni: chi considera Lula come un eroe che ha fatto uscire milioni di persone dalla povertà e che ha dato loro l’opportunità di una vita migliore rispetto a quella dei propri genitori, e chi invece lo considera come il capo di una “banda di ladri” che ha sottratto soldi pubblici dalla compagnia petrolifera statale Petrobas che gli sono costati diciannove mesi di carcere, nonostante poi le condanne per corruzione siano state annullate o archiviate.

Bolsonaro, nonostante abbia perso, si ritrova comunque con una grande fetta di elettorato che non può essere ignorato. Il suo governo viene ricordato per aver adempiuto azioni a dir poco controverse come l’incremento della deforestazione amazzonica e la minimizzazione dei rischi del covid. Inoltre, negli ultimi mesi, in piena campagna elettorale, ha promesso di ampliare ulteriormente le norme per l’accesso alle armi ed ha strumentalizzato la religione per legittimare politiche ultraconservatrici.

Il primo a entrare nel merito delle tante questioni aperte è Federico Nastasi, che ha visto con i propri occhi le manifestazioni pro-Bolsonaro che negano la vittoria di Lula nonostante non ci sia nessuna prova per contestare il risultato: «molti continuano a vivere in una realtà alternativa che vede il nuovo presidente come un ladro e addirittura un diavolo». Il risultato del voto vede un paese polarizzato. «Vediamo un Bolsonaro soddisfatto per aver liberalizzato il mercato delle armi, causando milioni di pistole in giro per il paese. Ci sono stati casi in cui bolsonaristi hanno ucciso militanti in sostegno di Lula. La giovane democrazia cerca di andare avanti, ma dal punto di vista sociale ci sono ancora delle fratture difficili da sanare».

Alessandro Peregalli ha vissuto il momento elettorale e post elettorale una città a sud est del Brasile, che si trova a nord di Rio De Janeiro. Non ha mai visto delle elezioni con così tanto fermento, nonostante abbia vissuto anche quelle del 2018 che si conclusero con la vittoria di Bolsonaro. Descrive il clima di queste elezioni come apocalittico, come se stesse per finire il mondo. «In Brasile tutti mostrano la propria posizione, a partire dall’adesivo sulla macchina alle magliette con il volto di Bolsonaro o Lula. È stata un’elezione tra due Brasili diversi, sintesi di un processo storico che viene dalla fine di una dittatura, ma con la voglia di riscattare il volere di un paese democratico». Il Brasile di Bolsonaro punta a distruggere la democrazia – per una questione culturale, politica ed economica – a differenza del Brasile “popolare” di Lula.

Dopo questo giro introduttive di risposte viene posta una seconda questione che mira ad approfondire l’analisi del voto: «chi è l’elettore di Bolsonaro e chi invece lo è di Lula, e cosa significa per il Brasile il “Bolsonarismo”?».

Alessandro Peregalli afferma che Lula e Bolsonaro sono le più grandi figure popolari della storia degli ultimi 30 anni. Questo perché, oltre al fatto di essere delle figure molto carismatiche che riescono a coinvolgere una larga fetta di militanti, entrambi sono outsider rispetto alla politica tradizionale. Lula è il primo presidente in Brasile che viene da una famiglia povera, diventa operaio metalmeccanico (perdendo un dito mentre era a lavoro, diventando il simbolo del Brasile operaio) e diventa nel 1983 il leader del nuovo sindacalismo CUT (Central Única dos Trabalhadores). Vari campi popolari hanno cercato di eleggere Lula, riuscendoci nel 2002, quando il processo di trasformazione politico era stato già compiuto ed era in continuità con i social-liberali.

Dall’altra parte abbiamo Bolsonaro che viene da una piccola famiglia borghese di provincia nella periferia di San Paolo, con il padre che si vantava di essere un dentista, quando in realtà era solamente un assistente che faceva protesi dentali. Persegue una carriera militare di basso livello dove viene espulso per le sue ideologie da sindacalista ribelle e reazionario. Impersonifica un nuovo modello di fascismo, che ha avuto l’appoggio principalmente da parte del settore agro-capitalista, mentre Lula ha raccolto consensi sul settore del “capitalismo verde”, in particolare sul grande tema della riqualificazione dell’Amazzonia. Quest’ultimo è stato supportato molto dalla Cina, da altri Paesi dell’America Latina e gli Stati Uniti. I proletari, e i settori pubblici sono quelli che hanno permesso la vittoria di Lula. L’elettorato di Bolsonaro vede invece il consenso tra borghesi, ma soprattutto tra le chiese evangeliche e pentecostali. Il nord est del Brasile ha appoggiato Lula, in quanto più povero e già parteggiante per i governi petisti che hanno permesso alle famiglie di uscire da una situazione di fame. Il resto del Brasile ha votato Bolsonaro perché è più ricco e più favorevole all’agrobusiness, ma nonostante questo ha avuto meno voti rispetto a quattro anni fa.

Il “Bolsonarismo”, spiega Alessandro, è un fenomeno divergente rispetto ad altre forme di “populismo reazionario” che si sono sviluppate in Occidente. Bolsonaro in passato aveva vinto nelle grandi città e perso nelle zone rurali. Oggi questa cosa si è capovolta perché il blocco sociale di Lula fa fatica a intercettare il consenso tra i nuovi proletari, gli autonomi e i lavoratori delle piattaforme. Ad esempio, c’è molta precarietà tra i riders che faticano ad entrare in un orizzonte di pensieri con valori improntati a sinistra. Il Bolsonarismo è molto forte in alcuni settori operai per via delle chiese evangeliche. Inoltre, bisogna analizzare la storia del Brasile, che vede un’unificazione tra il blocco agrario e la nuova aristocrazia rurale, dove è in corso un percorso di deindustrializzazione che fa si che molte fabbriche chiudano (come la Ford, ad esempio), dando più spazio e importanza all’esportazione della soia. Il settore dell’agro business è sempre più forte, quindi favorevole a Bolsonaro in quanto ha esplicitamente detto di voler togliere tutte le procedure burocratiche per ampliarne il mercato. Si assiste, quindi, ad una grande contraddizione: Bolsonaro gode ampio favore tra le classi medie poiché queste odiano Lula per aver promosso un’inclusione sociale dei poveri che sono stati visti come una minaccia negli anni del petismo, ma allo stesso tempo prende voti dal nuovo proletariato, disilluso nella fase del governo petista, caratterizzata da un forte indebitamento privato.

L’aspetto ideologico del Bolsonarismo fa leva sulle chiese evangeliche, sul ritorno all’ordine e disciplina e al non utilizzo di droghe. Energizza la nazione, che viene vista come corrotta, con la corruzione dei costumi che “manda in malora” la società brasiliana. In questo voler ritornare all’ordine, un aspetto rilevante lo assume la liberalizzazione delle armi.

Federico Nastasi interviene su questo punto raccontando un aneddoto. Appena arrivato a settembre in Brasile ha partecipato a una manifestazione pro- Lula e ad un certo punto ha iniziato a piovere. Mentre correva ai ripari ha ascoltato una signora che sperava nel ritardo dell’arrivo di Lula, così da non bagnarsi e non raffreddarsi. Racconta questo aneddoto per farci comprendere che Lula è proprio un simbolo, l’unico che effettivamente può sconfiggere Bolsonaro e la sua “eredità”.

Il presidente di estrema destra ha utilizzato tutti i mezzi per arrivare al 49%, ma che comunque non sono bastati. La campagna di Lula ha visto la coalizione più grande di sempre, avendo dalla sua parte lavoratori, movimenti sociali, gruppi più moderati che storicamente erano a destra, ma che poi si sono staccati per schierarsi dalla parte di Lula. Questo ha vinto nelle metropoli, è stato votato dai cattolici. Bolsonaro, invece si presenta come un outsider, ma sta in parlamento da sempre ed ha colonizzato per primo i social network. Un altro elemento importante sono sicuramente le chiese evangeliche. Il Brasile era uno dei paesi più cattolici del mondo, fin quando agli inizi degli anni 2000 le chiese evangeliche iniziano ad aumentare, sostituendosi alle istituzioni che mancavano nelle zone periferiche, con una forte presenza di afrodiscendenti.

Inizialmente gli evangelisti venivano visti come delle sette da parte dei cattolici, ma Bolsonaro, capendo che potevano essere una grande fetta di elettori, diventa il loro portavoce. È riuscito a trasformare la destra brasiliana, che fino al 2014 era moderata, in una destra radicale. Nonostante Bolsonaro sia stato sconfitto, il bolsonarismo ha ancora molta energia.

La terza domanda riguarda come invece siano state gestite le campagne elettorali dal punto di vista comunicativo dai due leader, in quando sembra che questa si sia trasformata in una vera è propria guerra, che ha utilizzato ogni mezzo per distruggere la reputazione del competitor. Inoltre, è stato chiesto agli ospiti di analizzare la questione dell’utilizzo della disinformazione e delle bugie diffuse sui social network e di come queste abbiamo avuto un peso sulla campagna elettorale.

Federico Nastasi afferma di aver imparato da quando è in Brasile cosa sia una guerra culturale. Bolsonaro passa da 100000 voti a 450000, triplicandone il risultato dal 2014. Ha colonizzato lo spazio comunicativo. Gli evangelici non avevano uno spazio sotto questo punto di vista, nonostante stessero aumentando. Come già detto prima, Bolsonaro diventa quindi il loro portavoce, guadagnando così molti voti. In televisione non veniva più invitato in quanto scherniva gli altri ospiti; quindi, comprese che i social network potevano diventare un’ottima strategia come mezzo comunicativo. Whatsapp, ad esempio è fondamentale come strumento per poter fare una campagna elettorale in Brasile. È qui che girano messaggi di fake news, come quella che diceva il vaccino anticovid trasformava in alligatori. Bolsonaro diventa un vero e proprio influencer. Per quanto riguarda invece la sinistra, c’è un dibattito in corso in quanto una parte afferma di voler contrastare il nemico con le stesse armi, mentre invece l’altra non vuole avallare la modalità di utilizzo delle fake news.

L’ultima domanda amplia lo spettro della discussione. «Le maggiori economie dell’America Latina sono guidate da governi di sinistra “progressisti” con Fernandez in ArgentinaPetro in ColombiaBoric in Cile e Lopez Obrador in Messico. Un gruppo piuttosto eterogeneo che per quanto simili differiscono su alcuni aspetti, come ad esempio la posizione di Lula per quanto riguardo la tematica dell’estrattivismo e sulla transizione energetica. Cosa c’è da aspettarsi dalla presidenza di Lula per i prossimi quattro anni e quali sono le principali sfide da affrontare?».

Alessandro Peregalli risponde che la vittoria di Lula è l’ultimo tassello su una mappa che va da nord a sud, in un momento di grande egemonia progressista, che vede l’inizio di un secondo ciclo. Non si può dimenticare il governo di Lula del 2010, con il suo ciclo progressista che spingeva fortemente all’estrattivismo. Il Brasile era una terra sacrificata, in nome del progresso sociale. Considerando il governo precedente di Lula, possiamo immaginarci come sarà il prossimo. I primi due modelli erano caratterizzati da un modello will win, dove vincono tutti: i ricchi si arricchiscono ancora di più e i poveri riescono a riemergere. Dietro questo tema di fondo abbiamo un altro movimento, quello che vede l’inclusione sociale e il voler salvare la gente dalla fame (come diceva di voler fare nel 2002). Vuole promuovere un’inclusione finanziaria, con associazioni sia pubbliche che private a garantire dei servizi.

La critica che si muove alla sinistra è che ormai non si presenta più come rottura dell’ordine, ma come una gestora del capitalismo per poter gestire tutti. Non è stata fatta nessuna riforma strutturale, c’è un contesto più caotico oggi che non agevola la situazione rispetto al 2002. C’è una polarizzazione che ha favorito l’onda bolsonarista. I salari sono più bassi. Questi sono elementi che impediscono una riforma progressista oggi. La stessa sinistra oggi è più interessata ad avere un posto statale, piuttosto che avere delle riforme lavorative.

La destra ha una propria narrazione degli avvenimenti, è più militante in casa, per strada e a lavoro. Fa lotte economiche come quelle che abbiamo visto tra i riders, camionisti e autisti di Über. Il bolsonarismo è una forza molto presente. Lula è capace di mantenere il consenso, ma la questione è più difficile e caotica rispetto al 2002.

(*) Link all’articolo originale: https://www.globalproject.info/it/mondi/il-brasile-di-oggi-tra-nuovo-ciclo-progressista-e-londa-del-bolsonarismo/24248

Il Brasile dei nuovi nazisti

Secondo una ricerca dell’antropologa Adriana Dias, le cellule neonaziste sono più che raddoppiate, passando da 530 nell’ottobre scorso a 1.117.

di Glória Paiva (*)

Il 1 aprile 1933, il regime nazista organizzò la prima azione coordinata contro gli ebrei in Germania, che divenne nota come il “Judenboykott”, il boicottaggio a gli stabilimenti di proprietà ebraica. Secondo i portavoce nazisti, i tedeschi “puri” non dovevano frequentare negozi, ristoranti, studi medici, avvocati o altri studi professionali ebrei.

Secondo l’Holocaust Memorial Museum degli Stati Uniti, il boicottaggio era basato sull’idea che gli ebrei avessero “troppa influenza” nell’economia e che fossero i colpevoli della Grande Depressione. Per tutta la giornata, con le liste delle vittime in mano, i nazisti hanno marciato scandendo slogan antiebraici, disegnando sulle vetrine la stella di David e la parola “jude”, appendendo cartelli e intimidendo proprietari e clienti.

Ottantatré anni dopo, quel tragico episodio trova un’eco familiare dall’altro lato dell’Atlantico, con nuovi attori e nuove tecnologie. Alcuni giorni dopo la vittoria di Luís Inácio Lula da Silva al secondo turno delle elezioni presidenziali, la BBC Brasile ha denunciato la diffusione di una serie di “liste di elettori del PT” (Partito dei Lavoratori), cioè elenchi di professionisti, stabilimenti e istituzioni che presumibilmente sostengono Lula. Le liste, create e diffuse da militanti bolsonaristi, vengono condivise in gruppi su Whatsapp, Telegram o sui profili Twitter e Instagram, al fine di boicottare gli elettori di Lula.

Dai bar a chirurghi plastici e a dipendenti pubblici, il servizio della BBC Brasile ha denunciato casi come quello di Monika Ganem, parrucchiera a Maringá (stato del Paraná) che ha ricevuto una telefonata da una cliente chiedendole se stesse “lavorando per Lula”. “Mi sentivo come se fossi nell’inquisizione o nella dittatura militare”, ha detto Monika. Il reportage ha raccontato anche storie come quella di un ristorante di San Paolo che ha avuto le sue foto pubblicate su un social network filo-bolsonarista insieme a dei messaggi di odio e numerose offese.

Il fenomeno delle “liste del PT” non è un fatto isolato e si accompagna ad altre forme di manifestazioni e violenze di carattere politico, razzista, xenofobo e classista, da omicidi durante delle discussioni a sfondo politico agli attacchi ai lavoratori del Movimento Senza Terra da parte di gruppi della estrema-destra. In uno di essi,  hanno inciso sui muri del Centro di Formazione Paulo Freire a Caruaru (stato del Pernambuco) il simbolo della svastica e hanno dato fuoco alla casa della coordinatrice dello spazio.

Nelle città di Porto Alegre e San Paolo, nell’ultimo mese, sono diventate note le dichiarazioni di studenti sui social che prendevano di mira la popolazione del nord-est del paese (regione decisiva per la vittoria di Lula) e gli studenti neri. “Voglio che questi nordorientali muoiano di sete”, ha condiviso uno dei membri di un gruppo Whatsapp di una scuola di Valinhos (SP), in cui anche gli altri partecipanti hanno inviato foto e meme di Adolph Hitler. Il gruppo è stato chiamato “Fundação Anti Petismo” e ha organizzato una protesta addirittura nella scuola contro i risultati del secondo turno delle elezioni presidenziali.

Allo stesso tempo, dal 31 ottobre si verificano atti antidemocratici sulle autostrade e nelle prossimità delle caserme delle forze armate in tutte le regioni del Brasile. I manifestanti rifiutano il risultato delle elezioni e chiedono “un intervento militare”, alcuni con passeggiate pacifiche, altri con metodi violenti come bombe fatte in casa, olio versato sulle autostrade, pietre lanciate e pneumatici in fiamme. In una di queste proteste, i sostenitori del presidente uscente, nel mentre bloccavano una strada a Santa Catarina, sono stati ripresi mentre facevano il saluto nazista. Secondo un reportage del quotidiano Estado de São Paulo, politici, agenti di polizia, sindacalisti e capi dell’agro-business incoraggiano le proteste e le finanziano.

L’idea di un intervento delle forze armate e il sentimento di un patriottismo violento, bianco, cristiano e patriarcale contro minoranze, nordorientali, antifascisti, donne e neri, hanno trovato risonanza e si sono nutriti dell’ideologia bolsonarista negli ultimi quattro anni. Le enormi campagne di disinformazione orchestrate dall’estrema destra hanno diffuso i principali messaggi di questa ideologia attraverso le reti sociali creando grandi bolle informative.

Gli studi rivelano una crescita significativa di gruppi, comunità virtuali e manifestazioni di carattere neonazista in tutto il paese. Secondo una delle principali ricercatrici sull’argomento, l’antropologa Adriana Dias, le cellule neonaziste sono più che raddoppiate, passando da 530 nell’ottobre dello scorso anno a 1.117 a novembre 2022. I gruppi sono presenti in 298 città brasiliane e lo stato di Santa Catarina, nel sud, è quello che concentra maggiormente questo movimento, con 320 cellule.

La ricercatrice riferisce di aver individuato 55 tipologie di correnti di pensiero e linee di azione. “C’è un gruppo brasiliano che difende il ritorno dell’apartheid in Sudafrica. Ci sono cellule di sostenitori del Ku Kux Klan e persino neo-confederati, movimenti degli Stati Uniti che hanno ripercussioni in Brasile. La maggior parte dei gruppi sono hitleriani e negazionisti dell’Olocausto”, afferma.

La maggior parte di questi gruppi, dice Dias, opera via internet. Tuttavia, in alcuni casi, le sue attività vanno aldilà dei limiti del virtuale. Il 14 novembre, un’operazione di polizia a Santa Catarina ha interrotto una riunione in cui otto uomini facevano apologia di nazismo. Uno degli arrestati indossava una cavigliera elettronica perché era già stato responsabile per la morte di un cittadino di origine ebraica. Successivamente, il gruppo avrebbe inviato una lettera alle autorità locali chiedendo l’annullamento di una fiera culturale con immigrati haitiani, l’espulsione di neri ed ebrei dallo stato e la liberazione degli otto arrestati – altrimenti, minacciavano, avrebbero compiuto un attacco terroristico, che fino ad ora non è avvenuto.

Secondo Adriana Dias, il neonazismo ha iniziato ad avere registri statistici in Brasile negli anni ’80 ed è cresciuto negli anni 2000 con gruppi revisionisti dell’Olocausto, principalmente nel sud del paese, che è stato in gran parte colonizzato dai tedeschi. Nel 2021, è stata la stessa antropologa a trovare una lettera di Jair Bolsonaro pubblicata su pagine neonaziste nel 2004. Nel 2011, i neonazisti di San Paolo hanno organizzato un atto pro-Bolsonaro. Per l’antropologa e altri specialisti, il bolsonarismo ha una forte relazione con la forte crescita di questi gruppi, in particolare negli ultimi quattro anni.

La strategia di comunicazione di Bolsonaro, sostiene Dias, oscilla tra due livelli. Da un lato, un discorso cristiano e fondamentalista rivolto al suo elettorato evangelico e conservatore, che crede in un Israele apocalittico e al secondo arrivo di Cristo. Dall’altro, un reiterato revisionismo storico segnato da messaggi pro-dittatura, antisemiti e pro-Hitler, e una chiara intenzione di creare un’identità nazionale. Nel 2020 è scoppiata una polemica quando l’ex segretario addetto alla Cultura, Roberto Alvim, ha proferito un discorso con dei frammenti chiaramente plagiati dell’ex ministro nazista Joseph Goebbels, con sottofondo un’opera di Richard Wagner. “Tutto questo non mi suona più come una serie di fatti casuali, ma come un progetto”, dice Adriana.

Sebbene esista, nel Codice Penale brasiliano, il reato di razzismo e di pregiudizio, esperti affermano che la mancanza di una legislazione chiara contro l’apologia del nazismo e l’incitamento all’odio è ancora il principale ostacolo per affrontare questo tipo di crimine.

(*) Link all’articolo originale: https://pagineesteri.it/2022/11/25/apertura/brasile-manifestazioni-neonaziste-raddoppiate-in-un-anno/

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