Breve dialogo fra «pagliaio» e «girasoli»: mentre…

fuori scena si intravedono ragazze/i in movimento, mummie in lussuosi palazzi e sprazzi di pianeta coperto da puzzolente e velenosa foschia

di Otto Von Barbofen (*)

In un luogo appartato si sono incontrati ieri «I girasoli» di Vincent Van Gogh (Ig, d’ora in poi) e «Il pagliaio» di Claude Monet (Ip). Grazie a speciali attrezzature telepatico-cromatiche-ecc, il giornalista Otto Von Barbofen è riuscito a registrare quasi tutto. Ecco la trascrizione.

I testi di codesta “bottega” sono No copyright e No Meloni.

IG: allora come stai?

IP: bene. E’ stato più lo spavento iniziale… Cosa vuoi che faccia un po’ di purè? Poi, contrariamente a quello che i media hanno strombazzato, c’era il vetro. E’ andata peggio a te, mi sa.

IG: la zuppa di pomodoro fa più scena ma guarda che anche io ero protetto da un vetro, ti pare? I veri vandali fanno ben peggio. Ma tu sai chi sono ‘ sti stronzi che ci usano per farsi pubblicità?

IP: nel mio caso il gruppo ambientalista era Last Generation, nel tuo Just Stop Oil, mi sembra. Ma perchè li chiami stronzi?

IG: ci sono tre motivi almeno per lasciarci perdere, intendo noi capolavori dell’arte. Con il cambiamento climatico non c’entriamo. Noi siamo la bellezza; e la bellezza salverà il mondo come ripete sempre una (bz bz….) romana. Infine: è troppo facile prendersela con noi, perchè non imbrattano le centrali di Eni, Shell e compagnia inquinante oppure la villa di Gatzos o di coso lì, Bebill? cioè hai capito: Bezos e Gates…

IP: non sono d’accordo, posso risponderti?

IG: di solito l’arte non si occupa di cercare risposte ma siccome siamo fra noi e questa resterà una conversazione (stavo per dire “conservazione”, la forza dell’abitudine) segreta vai pure, ti ascolto.

IP: parto dalla fine. Se tirano vernice contro petrolieri o banchieri i massmedia tacciono se va bene e le guardie sparano se va male. Pensa al coraggio di Greenpeace e ai silenzi dei media.

IG: non ho grande stima dell’informazione, lo sai. Mi fido più del cinema, per esempio del vecchio Akira Kurosawa.

IP: questa non l’ho capita.

IG: te la spiego un’altra volta ma vai avanti.

IP: è vero che noi con il cambiamento climatico c’entriamo poco ma siamo parte di un copione calato dall’alto dove arte significa soldi proprio come i veleni.

IG: hai ragione ma una minoranza di bipedi terrestri ci ama per noi , per la bellezza vera, non per “indotta prostituzione”… a loro dobbiamo sempre riferirci. Hai presente quando una persona arriva e davanti a me (o a te) si smarrisce, si inginocchia, piange, ride, suda, si blocca per ore…

IP: Certo che ho presente ma proprio questo tuo discorso mi facilita il punto tre. Noi siamo bellezza ma se… non ci sarà più nessuno a vederci? Il pianeta sta male ma forse resisterà e alla lunga rifiorirà. Per gli umani va molto peggio: se i loro capi continuano così, se le pecore belano e basta , se i media mentono a ogni ora… fra 50 anni o anche prima i pochi umani rimasti a tutto penseranno tranne che alla bellezza…

IG: davvero la faccenda è così grave?

IP: sì.

IG: hai detto Last Generation?

IP: si chiama così.

IG: mmmmm.

IP: sai cosa ha detto una ragazza mentre spalmava il purè sul vetro? «Ho paura perché la scienza ci dice che non saremo in grado di sfamare le nostre famiglie nel 2050. C’è bisogno di purè di patate su un quadro per farci ascoltare? Questo quadro non avrà alcun valore se ci troveremo a lottare per il cibo. Quando inizierete finalmente a sentire?». E sai cosa ha risposto la portavoce del museo? «deve ancora essere valutata l’entità degli eventuali danni»… al quadro non al pianeta.

IG:  mmmmm. E i politici, gli intellettuali cosa dicono?

Qui la registrazione   i n s p i e g a b i l m e n t e   s’interrompe

(*) Otto Von Barbofen è un lontano cugino di Daniele Barbieri, cioè db. Chi passa spesso di qui forse sa che Von Barbofen dirige «Il cuscino della notte», una pubblicazione eterodossa spesso ripresa sul blog-bottega. Le persone più assidue hanno già incrociato Carlo Giovanardi redento e un leghista pentito, le borracce e Mary “Star” Gelmini, il discorso più atteso di Pio Laghi, un articolo di Marie Laveau, persino Lorella la più amata alla corte di santa CONAD, le ultime righe del discorso di Giuseppe Conte, le dimissioni di Mattarella… o altri materiali che appartengono (e apertamente lo dichiarano onde evitare equivoci) a un genere molto particolare: missive e articoli MAI scritti, dichiarazioni che persone “in vista” NON hanno pronunciato o pensato, cronache di avvenimenti GIAMMAI accaduti, sogni altrui e abusivi, recensioni di libri IMPOSSIBILI (un genere in cui anche Umberto Eco si dilettò). La totale inattendibilità è ammessa in partenza almeno nei confronti di questo contingente universo dove attualmente abitiamo. Siamo nel “cuscino della notte” (dove si aggirano desideri e incubi), nella terra degli Elfi o – se vi piace la fantascienza – in universi paralleli. Una celebre rubrica della «Settimana enigmistica» si intitola: “Vero o falso?”. Ma una prospettiva simile appare pedante e limitata: in compagnia di bugie e verità esistono infatti anche il verosimile e suo zio il paradosso; il silenzio che confessa e il desiderio che nuota controcorrente; sberleffi e infinite vie da esplorare. Altri mondi sono possibili… forse persino in quel che resta del terzo pianeta di un periferico sistema solare che a volte viene chiamato Sol.

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

6 commenti

  • visionario e pungente questo otto von barbofen. non guardero’ mai piu’ girasoli e pagliai con lo stesso sguardo… 🙂

  • Mariano Rampini

    Ho avuto modo di scriverne poco tempo fa in tutt’altra occasione e in tutt’altro luogo. E forse non era nemmeno lì. Ma il grido di morte del Kurtz di Conrad («L’orrore! L’orrore!») ha un senso se lo pronunci mentre versi zuppa Campbell (rigorosamente di pomodoro) nella bocca spalancata de L’Urlo. È vero: sporcare il muro di una villa, di un’azienda, di un palazzo, non produce alcun effetto sui colleghi della carta stampata. E se anche se ne facesse un video, raccoglierebbe pochi e sporadici “Like” sui social. Farlo in un luogo deputato alla bellezza (la stessa di una pianura coperta d’erba dove pascolano pacifici bisonti o una spiaggia deserta di sassolini brillanti bagnati da un’acqua trasparente) è efficace. Fa pensare al perché è stato compiuto un simile gesto. Resta il problema: quel pensiero a chi viene? Chi possiede ancora un numero sufficiente di neuroni per elaborare quell’informazione, collegarla a un’altra e trarne quindi una conclusione che abbia un senso logico? Confesso. Quando ho letto dell’azione contro i capolavori d’arte, non ho potuto non pensare al bombarolo di De Andrè e al suo Pinocchio imbottito di tritolo che, alla fine, vede “esplodere un chiosco di giornali” e non il Parlamento, suo vero obiettivo. Forse occorre davvero fare un passo in avanti? Rileggere V for Vendetta e dar vita a un Guy Fawkes Day con tanto di trentasei barili di polvere nera per ottenere finalmente l’attenzione mondiale? Un po’ come la suffragetta Emily Wilding Davidson (spero di aver scritto bene il nome) che fu travolta dal cavallo del Re? Sono necessari gesti individuali e, magari, sanguinosi per richiamare l’attenzione pubblica su un problema sempre più pressante? Una mia cara amica (la chiamiamo bipolare non perché soffra di disturbi neurologici ma perché svolge la sua attività di ricercatrice tra il polo Nord e il Polo Sud) mi ha riferito che la spedizione quest’anno in programma in Antartide è stata annullata (o rinviata? Non ricordo esattamente) perché il pack non si era formato e aerei e attrezzature rischiavano di finire in acqua. Non è una boutade: è la tristissima realtà. Ma noi stiamo tranquilli perché adesso i migranti avranno vita dura, perché l’istruzione si coniuga al merito (senza dire come), perché una sorta di Armata Brancaleone raffazzonata prenderà in mano le sorti del Paese. I dubbi in proposito sono pochi: inutile dire “lasciateli lavorare”. Lo hanno già fatto e per un pelo non siamo finiti in bancarotta. Ma molti concittadini, privi di alternative serie, hanno pensato bene di votare “l’ordine, la disciplina” (torno al profetico De Andrè e a una sua famosa canzone mutuata da quella di una chansonniere di quegli anni che dovremmo cominciare a riconsiderare). Sempre se le Pantere non tornino ancora e ancora a “morderci il sedere”…

  • Ho pensato che il gesto volesse dire: mandiamo tutto in malora, abbiamo iniziato con gli alberi, andiamo avanti con le opere umane. Cancelliamo anche la natura filtrata dall’arte, in modo che svanisca la memoria. Un po’ quello che si sta facendo qui in Sardegna.
    Che scoop il Von Barbofen! Chi saranno le sue fonti? Avrà trovato il modo di spostarsi negli universi paralleli?

  • Molto bello.

    … Avendo menzionato il pagliaio non potevo che …

  • Più seriamente, secondo me, la ricerca del bello e il dono del bello, più o meno gratuito, ostacolano le spinte (auto)distruttive che hanno origine, secondo me, nella percezione e nella consapevolezza, individuale, dei limiti, modificabili ma quasi sempre non del tutto eliminabili, della natura umana. Sostituire la ricerca, la creazione e lo scambio di questi doni, lo scambio del bello, con la distruzione di ciò che è stato considerato quasi universalmente bello non credo risolverà alcunché, anzi renderà la realtà contemporanea ancora più deprimente. Comunque, il mio approccio ormai tende a quello di Stephen Falken in WarGames, quel film del 1983 … Mi considero pressoché già morto, e lo stesso riguarda le prospettive della specie animale a cui appartengo. Cerco soltanto di fare il possibile per morire meglio. Distruggere l’arte, l’arte vera, quella che emoziona quasi universalmente, non è un modo per morire meglio.

    • DB RISPONDE AD AGOSTINO (E A SIMILI OBIEZIONI)
      Non mi pare che “distruggano”: invece usano le vetrine (le opere d’arte sono tutte al sicuro se attaccate da vernici o purè) per richiamare l’attenzione cercando di rompere il muro della censura – più il muretto individuale del sentirsi sempre impotente – e richiamare l’attenzione su quel problemino che Agostino definisce “fra poco (se non invertiamo SUBITO la rotta) l’intera specie animale cui apparteniamo” non avrà più le condizioni per vivere dunque morrà. Io almeno la capisco così.
      PS: ho scritto “le opere d’arte sono tutte al sicuro” (appunto se vengono “attaccate da vernici o purè”) per motivi poco nobili come le assicurazioni. La grande bellezza emoziona chi ama l’arte non chi la trasforma in merce fra altre merci e soprattutto al prezzo – quasi a ogni asta ci sono nuovo record- cui venderla. Ci sono poi quelli così schifosamente ricchi che comprano la bellezza per tenerla in casa e guardarla “solo loro”.

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