Breve storia dell’abolizione della pena di morte in Italia

di Claudio Giusti (*)

30 aprile 1859

Il Governo Provvisorio Toscano abolisce la pena di morte.

Voyez, examinez, réfléchissez. Vous tenez à l’exemple.

Pourquoi? Pour ce qu’il enseigne. Que voulez-vous enseigner avec votre exemple?

Qu’il ne faut pas tuer. Et comment enseignez-vous qu’il ne faut pas tuer? En tuant.”

Victor Hugo 15 septembre 1848

If I live another year, I will renew this Bill,

with the Bill for repealing the punishment of death for stealing a few shillings;

and, whatever may be my fate,

the seed which is scattered has not fallen upon stony ground.”

Sir Samuel Romilly 5 April 1815

Siamo tutti figli di Caino”

Il 2 ottobre 2007 con la Legge Costituzionale Numero Uno abbiamo liberato l’Italia dal termine “pena di morte” e il nostro Paese ha concluso il cammino iniziato due secoli fa quando, il 30 novembre del 1786, il Granducato di Toscana aboliva la pena capitale. Non è stato facile: è stato un percorso lungo e irto di ostacoli1.

Senza scomodare Guglielmo il Conquistatore, Tommaso Moro e Blaise Pascal2 possiamo sostenere che l’abolizionismo inizia nel 1764 con la pubblicazione di “Dei delitti e delle pene” con cui il milanese Cesare Beccaria poneva al centro del dibattito intellettuale del tempo il tema della pena di morte3.

Italo Mereu ha brillantemente esposto4 le contraddizioni, le ambiguità e i limiti del pensiero di Beccaria. Ha spiegato come distinguere fra il Beccaria mitizzato dai posteri e quello vero e di come fosse invece coerente l’abolizionismo del lughese Giovanni Compagnoni5 nel 1797. Tutto vero, ma per fortuna il Movimento Abolizionista in questi duecentocinquant’anni ha accumulato una tale quantità di dati, fatti ed esperienze da rendere superfluo l’utilizzo del pensiero dell’illuminista milanese.

A difesa di Beccaria è doveroso far notare le insuperabili difficoltà che avrebbe incontrato nel pubblicare un testo più radicale e di quanto fossero incoerenti altri pensatori del suo tempo come John Stuart Mill e Thomas Jefferson6: per non parlare dei francesi che nel 1795 abolirono la pena di morte a condizione che fosse prima proclamata una irrealizzabile “pace generale”: mentre Robespierre teneva il più bel discorso mai pronunciato contro la pena capitale7 e la Convenzione, convinta dal dottor Joseph Ignace Guillottin, adottava un nuovo e più umano strumento di morte, che sarà poi l’unica cosa moderna mantenuta dal Vaticano.

Nel Settecento i supplizi erano raccapriccianti, preceduti dalla tortura e attuati con la massima crudeltà possibile. I condannati erano bruciati, bolliti, sbudellati e squartati. 8 La stessa impiccagione era atroce e seguita dallo smembramento del disgraziato, vivo o morto che fosse. In Inghilterra i reati passibili di pena di morte erano circa 250 e Arthur Koestler, nel suo “Reflections On Hanging”9, afferma che i patiboli posti agli incroci delle strade inglesi erano così comuni che venivano usati come riferimento dalle neonate guide turistiche.10 Il Bill of Rights inglese del 1689 vietando le pene “crudeli e inusuali” si proponeva di porre un limite alla ferocia dei carnefici e Beccaria, come Verri, ebbe il merito di porre il problema in modo chiaro e di fare interessare l’intelligencija illuminista all’idea che:

Non è utile la pena di morte per l’esempio di atrocità che dà agli uomini.”

Contraddizioni a parte il successo di Beccaria fu immenso. Messo all’indice in Italia “Dei delitti e delle pene” fu apprezzato da Voltaire e accolto con entusiasmo in tutta Europa. Beccaria trovò sostenitori anche in America dove Benjamin Rush propose che la Costituzione stessa vietasse la pena capitale e dove Jefferson11, Madison e Franklin erano abolizionisti. Per un quarto di secolo il suo testo fu letto e riletto, discusso, tradotto, stampato e ristampato. Poi arrivò la prima abolizione e i toscani la festeggiano con legittimo orgoglio, ma questo fu l’ultimo afflato di un mondo che stava per essere travolto dalla Rivoluzione.

L’abolizionismo illuminista fu schiacciato dal rullo compressore del Terrore, dei codici napoleonici e della reazione codina. Il ritorno dei vecchi regimi coincise con un rinnovato entusiasmo per il boia di cui De Maistre fa il panegirico nel 1821:

Ogni grandezza, ogni potere, ogni sudditanza si basano sul boia: egli costituisce l’orrore e il legame della società umana. Togliete dal mondo questo agente e nello stesso istante l’ordine lascia il posto al caos, i troni s’inabissano e la società scompare.” 12

Credo sia difficile trovare chi meglio esprima la natura terroristica della pena di morte13 e di come questa sia sempre un fatto politico, una dimostrazione del potere assoluto dello stato sull’individuo.14 Oggi questa posizione di assolutismo statale la troviamo in Giappone, Cina, ecc. mentre negli Stati Uniti c’è l’altro estremo della giustificazione del patibolo: il volere democraticamente espresso della popolazione.15

Nondimeno in questi ultimi  200 anni abbiamo constatato che le società non scompaiono assieme al patibolo e nemmeno la fiammella dell’ideale abolizionista scomparve. Senza dimenticare Sir Samuel Romilly16 l’ideale abolizionista sopravvisse grazie a Victor Hugo, quello del Gobbo di Notre Dame17, per ricomparire nel posto più inaspettato. Il primo marzo 1847 lo stato americano del Michigan, senza esecuzioni da 10 anni, divenne la prima giurisdizione continuativamente abolizionista, dimostrando che anche negli Usa è possibile vivere senza ammazzare la gente18. Poi l’undici ottobre la Toscana aboliva per la seconda volta la pena di morte19, seguita da San Marino nel 1848. Nel 1849 sarà la gloriosa e dimenticata Repubblica Romana a porre, per prima al mondo, nella propria Costituzione l’abolizione della pena capitale. I patrioti italiani come Mazzini, Garibaldi e il forlivese Aurelio Saffi, conoscevano fin troppo bene l’uso repressivo del patibolo e questa abolizione la vollero scrivere nella loro legge fondamentale: Art. 5. — Le pene di morte e di confisca sono proscritte”20

Durò solo un attimo. La Costituzione della Repubblica Romana fu proclamata in Campidoglio il 3 luglio del 1849 mentre le truppe francesi occupavano la città. Fu un grande lascito e va a nostro disonore l’averlo dimenticato21. Poi i patrioti furono dispersi, perseguitati e uccisi, come il capopopolo romano Ciceruacchio fucilato con il figlio dodicenne Lorenzo nell’agosto del 1849 e il loro sogno di libertà e unità parve chiuso per sempre: eppure dopo solo un decennio e questa volta con l’aiuto delle armi francesi, il sogno trionfava.

Nelle frenetiche giornate della Seconda Guerra d’Indipendenza fu di nuovo Firenze a rimettere in campo l’abolizione. Il 30 aprile del 1859 il Governo Provvisorio Toscano, onorando la memoria dei padri, aboliva la pena capitale nel Granducato, affermando che “fra noi la civiltà fu sempre più forte della scure del carnefice”. Sul momento la cosa non suscitò particolare interesse, ma quando si riunì il Parlamento d’Italia (il 17 marzo1861 fu proclamata l’unità del paese sotto Re Vittorio Emanuele II) ci si rese conto che la pena capitale esisteva in tutto il Regno, ma non in Toscana.

La Camera dei Deputati risolse con eleganza la spinosa questione. Dopo un vivace dibattito la Camera votò la fine della pena di morte per i reati di diritto comune il 13 marzo del 1865.

Era stato Carlo Cattaneo22 a iniziare la battaglia chiedendo la fine della pena capitale in nome del progresso e della civiltà, ma soprattutto per la sua dimostrata inutilità. A lui si unirono, con il loro “Giornale per l’abolizione della pena di morte” (1861-1865), i giuristi Pietro Ellero, che aveva “orrore per la schifosa danza” dell’impiccagione23, e Francesco Carrara che la considerava più “illegittima” che inutile. A questi si aggiunsero Guerrazzi, Tommaseo, Carducci, Garibaldi e soprattutto Pasquale Stanislao Mancini: raro caso di uomo politico che non annacquava il suo abolizionismo nel passaggio dai banchi dell’opposizione a quelli del governo. Con lui la maggioranza dei deputati decise che: “Sarebbe difficile persuadersi che la Toscana [sia la] sola, dove la conservazione dell’ordine pubblico non ha bisogno di questa pena”24. Purtroppo il Senato, che era di nomina regia, bloccò tutto e fummo ancora una volta battuti da San Marino che nello stesso 1865 divenne abolizionista totale.

Ma l’uso del patibolo aveva i giorni contati. Le esecuzioni cessarono grazie all’amnistia del 1877 e per i successivi cinquant’anni l’Italia mostrò al mondo che si poteva vivere senza la pena capitale. Infatti la lotta abolizionista aveva preso nuovo vigore dopo la bocciatura senatoriale e Mancini prima e Zanardelli poi, con l’appoggio dei giuristi e dell’opinione pubblica, portarono il Parlamento a votare, il 28 novembre 1888, il nuovo Codice Penale che prevedeva l’abolizione della pena capitale per i crimini comuni. Il desiderio di fornire al mondo un esempio di legislazione avanzata aveva vinto sulle obiezioni dei fautori del patibolo che, ispirandosi alla Germania come oggi si ispirano agli Usa, affermavano che la pena di morte è un deterrente e che la sua abolizione avrebbe causato un aumento degli omicidi.25

Purtroppo l’abolizione era ben lungi dall’essere totale. Il patibolo era previsto nelle colonie, in guerra26 e durante lo “stato d’assedio”, come nel 1898, quando il generale Bava Beccaris prese a cannonate gli operai in sciopero. In ogni caso il nostro paese per mezzo secolo fu parte dello sparuto drappello dei paesi che già allora erano abolizionisti.27 Il Codice Zanardelli entrò in vigore il 1° gennaio 1890 e tale rimase per i successivi quarant’anni.

Fu il fascismo a fare tornare il boia nel nostro paese. Le “leggi fascistissime” del 9 novembre 1926 punivano con la morte gli attentati al re e al duce. Poi con il Codice Rocco la pena di morte fu allargata agli omicidi comuni. Comunque è doveroso rammentare che i fascisti furono costretti a realizzare il loro Tribunale Speciale visto che la Magistratura non era disponibile a esaudire i loro desideri, come invece lo fu quella tedesca nei confronti del regime nazista.

La pena capitale (somministrata dal plotone d’esecuzione) andò avanti per una ventina d’anni. Fu utilizzata con parsimonia28 se paragonata a quanto accadeva in Germania e in Unione Sovietica, ma in aggiunta alle uccisioni “legali” occorre ricordare gli assassini e i crimini di guerra commessi sia prima che durante la Seconda Guerra Mondiale. Le ultime esecuzioni avvennero nella primavera del 1947 quando furono fucilati i tre criminali comuni noti come “Quelli di Villarbasse”29 e tre criminali repubblichini, mentre una quantità di assassini era salvata dall’amnistia Togliatti.30

   Italia, Austria e Germania abolirono la pena di morte subito dopo la fine della guerra, mentre il Giappone non l’ha ancora fatto. Una delle molte ragioni può essere il senso di colpa dei paesi europei che si ritengono responsabili della guerra e volevano rompere con il loro passato dittatoriale anche in questo, mentre l’altro, per via delle bombe atomiche, si considera una vittima.31

La Costituente repubblicana non poteva che abolire la pena capitale, ma lo fece con riserva, lasciandola come estrema ipotesi nell’articolo 27 che recitava: “Non è ammessa la pena di morte se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra”.

Nei vent’anni successivi all’abolizione italiana accadde l’esatto contrario di quanto previsto dai forcaioli. Il tasso d’omicidio si ridusse drasticamente fino ad arrivare a un terzo di quello del 1948, passando da 5,5 per centomila a 1,4. Il Canada, che nel 1976 ha abolito la pena di morte proprio mentre gli americani la facevano tornare, ha avuto un’esperienza identica e di recente l’Italia ha visto un vertiginoso calo degli omicidi, passati dai 2.000 del 1991 ai meno di 400 di oggi.32 L’esperienza italiana e quella secolare di alcune giurisdizioni americane dimostra al di là del ragionevole dubbio che la pena capitale non è un deterrente.

Ma la fede nel boia è dura a morire. A partire dagli anni del Terrorismo e fino alle stragi mafiose del 1992, vi furono diversi tentativi di reintrodurre la pena di morte utilizzando lo stato di guerra interna, o di utilizzare la pena di morte per mettere l’Italia in una sorta di dittatura militare avvalendosi della voglia di vendetta del popolino, come non sono rari oggi i casi in cui, di fronte a qualche delitto particolarmente efferato e ben visibile appunto perché raro, si alzino voci in favore di un impossibile ritorno del patibolo. In ogni caso quei tentativi fallirono grazie alla nostra Costituzione e all’Europa.

La richiesta si basava sulla teorica possibilità di dichiarare lo stato di guerra sul territorio nazionale o parte di esso e la base giuridica era il Regio Decreto 773 del 18 giugno 1931 “Dello stato di pericolo pubblico e dello stato di guerra”.33 Questo reperto archeologico fa a pugni con la nostra Costituzione che non prevede alcun caso in cui i diritti che garantisce possano essere sollevati e in cui non esiste un Capo del governo che possa dichiarare la guerra, che è sempre intesa come conflitto esterno, come avviene in tutte le norme internazionali che prevedono eccezioni alla totale abolizione della pena di morte.34 Se il ripristino del patibolo incontrava insormontabili ostacoli legali interni, ancora maggiori erano quelli che avrebbe incontrato a livello internazionale, dove le organizzazioni sovranazionali dei partiti erano abolizioniste e dove sia il Consiglio d’Europa che l’Unione Europea lo erano in maniera adamantina.

L’Europa è da lungo tempo contrarissima alla pena capitale e non esiste, nemmeno in teoria, la possibilità che essa consenta che uno stato membro dell’Unione Europea o del Consiglio d’Europa faccia tornare il boia. Occorre ricordare che, al contrario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che non ne parla, la Convenzione Europea prevede espressamente la pena capitale nell’Articolo 2, ma questa possibilità è stata sempre più limitata e ora, con il Tredicesimo Protocollo del 2002 e con l’esplicito divieto inserito nel progetto di Costituzione Europea, il nostro continente è “death penalty free”35.

Nel 1981 la Francia fu l’ultimo paese dell’Europa Occidentale ad abolire la pena di morte, grazie al Presidente Mitterandt e al suo ministro Robert Badinter e questo consentì all’Europa di diventare il riferimento del Movimento Abolizionista mondiale. Con il Sesto Protocollo (1983) la possibilità di utilizzare la pena di morte fu ristretta al solo tempo di guerra e furono i paesi europei a convincere le Nazioni Unite ad approvare prima le Garanzie Ecosoc nel 1984 e poi il Secondo Protocollo36 nell’indimenticabile 1989.

Nel frattempo l’Italia non stava con le mani in mano e il 13 ottobre 1994 eliminava la pena di morte dal codice militare, diventando uno dei 100 paesi abolizionisti totali.37 La semplice cancellazione del termine “pena di morte” dalla nostra Costituzione, che pareva cosa di poche settimane, ha invece richiesto un tempo lunghissimo a dimostrazione che, dietro un unanimismo di facciata, non sono pochi i politicanti italiani che amerebbero “provare pubblicamente che si è pronti a assumere ciò che ci fa orrore quando ne vada della difesa della collettività”38

Oggi, con il tasso di omicidio più basso di sempre, possiamo orgogliosamente fare nostre le parole della Legge Toscana del 30 novembre 1786: abbiamo abolito con la presente Legge per sempre la Pena di Morte contro qualunque reo”

Viva l’Italia.
(*)  Claudio Giusti è membro del Comitato Scientifico dell’Osservatorio sulla Legalità e i Diritti, ha avuto il privilegio e l’onore di partecipare al primo congresso della sezione italiana di Amnesty International ed è stato uno dei fondatori della World Coalition Against The Death Penalty.Questo testo è stato rivisto il 9 febbraio 2018 (in ricordo della Repubblica Romana).

BIBLIOGRAFIA MINIMA

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Verri Pietro Osservazioni sulla tortura. Edizione consultata, Milano, Feltrinelli, 1979

http://www.classicitaliani.it/index023.htm

1 La Legge Costituzionale numero 1 del 2 ottobre 2007 ha confermato l’abolizione della pena di morte in Italia abrogando la parte finale dell’Articolo 27 della Costituzione che prevedeva l’ipotesi di pena capitale per i delitti previsti dalle leggi militari di guerra. Questi però, grazie alla Legge 589 del 13 ottobre 1994, non erano più reati capitali.

2 “Iddio ha proibito di uccidere chicchessia e noi ammazziamo con tanta facilità solo per quattro soldi rubati? “ Tommaso Moro.

Tre gradi di latitudine sovvertono tutta la giurisprudenza. Un meridiano decide della verità. (…) Singolare giustizia che ha come confine un fiume.” Blaise Pascal.

Il normanno Guglielmo il Conquistatore era contrario alla pena di morte in tempo di pace.
http://www.deathpenaltyinfo.org/part-i-history-death-penalty

3
 Cesare Beccaria, “Dei delitti e delle pene” 1764, A cura di Franco Venturi, Torino, Einaudi, 1995

4
 Italo Mereu, “La morte come pena”, Roma, Donzelli, 1982 – 2000.

5
 “Né per un dono condizionato del corpo politico deve dirsi che abbia salva la vita, ma per un diritto naturale e civile che a ciò aveva, il primo fondato nella originale sua costituzione o bisogno impressogli fin dal momento primo dell’esser suo; e il secondo fondato nell’interesse di tutti, ciascuno dei quali intende e vuole per sé la conservazione di simile diritto.” (…) “Una verità irrefragabile traluce, ed è che egli ha diritto di vivere, perciocché per aver egli ingiustamente attentato alla vita altrui, la natura non gli ha sottratto il senso del primo bisogno essenziale della sua costituzione. E se ha tuttora questo diritto, chi potrà dunque levarglielo? Due diritti opposti non sussistono contemporaneamente.” Giuseppe Compagnoni “Elementi di diritto costituzionale democratico” 1797.

6
 Thomas Jefferson scriveva cose insuperabili sui diritti umani: We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness.” http://www.law.indiana.edu/uslawdocs/declaration.html e poi andava a ingravidare la schiava nera Sally Hemings.

John Stuart Mill in “On Liberty” osservava che: “Despotism is a legitimate mode of government in dealing with barbarians” http://www.utilitarianism.com/ol/one.html

7
 Robespierre tenne nel 1791 una splendida orazione contro la pena di morte, dimostrandoci quante contraddizioni si possano sommare nella stessa persona: “Ascoltate la voce della giustizia e della ragione; essa grida che mai il giudizio dell’uomo è tanto certo da far sì che la società possa dare la morte a un uomo condannato da altri uomini soggetti a sbagliare.” http://www.emsf.rai.it/percorsi_tematici/Pena_di_morte/index.htm

8
 Mastro Titta, Memorie di un carnefice scritte da lui stesso. http://www.museocriminologico.it/Approfondimenti/pdf/mastro_titta.pdf

9
 Koestler Arthur e Camus Albert Reflexions sur la peine capitale, Paris, Clamann-Levy, 1957.

11
 Jefferson mancò per un solo voto l’abolizione in Virginia http://www.deathpenaltyinfo.org/part-i-history-death-penalty

12
 Mereu, p 138.

13
 Il Chief Justice che con tanto successo si oppose a Romilly era molto chiaro “Indeed were the terror of death, (…) and terror alone could prevent the commission of that crime under their consideration.” Lord Ellenborough House of Lords. Wednesday, May 30. 1810

14
 “Se egli ha ucciso, egli deve morire. Non vi è nessun surrogato, nessuna commutazione di pena, che possa soddisfare la giustizia.” Immanuel Kant

Giustiniano precorre il Presidente Mao Tse Tung: ”Correggi con forza, perché il supplizio di pochi faccia salvi gli altri” e “Punisci in modo duro, per ammonire tutti gli altri con il supplizio immediato dei pochi”, mentre a Mao è attribuito il “Colpirne uno per educarne cento”

Lo Stato ha l’alto diritto di vita e di morte sull’individuo” Augusto Vera

15
 Effettivamente è difficile immaginare qualcosa di più democratico di un bel linciaggio:

http://www.astrangefruit.org/index.php/it/risorse/730-il-linciaggio

16
 “Romilly entered Parliament in 1806. He began his attack on the anomalies of the criminal law in 1808, during which year, to his surprise, he succeeded in getting the death penalty repealed for the offence of picking pockets, without encountering opposition in either the House of Lords or the House of commons.”

Tuttle Elizabeth. The Crusade Against Capital Punishment in Great Britain, Stevens & Sons. London. 1961. page 3

17
 Victor Hugo era un deciso oppositore della pena di morte. Famoso è il discorso tenuto, il 15 settembre 1848, davanti all’Assemblea Costituente: “Que voulez-vous enseigner avec votre exemple? Qu’il ne faut pas tuer. Et comment enseignez-vous qu’il ne faut pas tuer? En tuant.” Parafrasato poi da Amnesty International con lo slogan: “Perché uccidere chi uccide per dimostrare che non bisogna uccidere?” http://en.wikiquote.org/wiki/Victor_Hugo

Non dovete stupirvi che un romanziere sia così profondamente impegnato in temi politici: non per nulla il padre dei diritti umani moderni è lo scrittore di fantascienza HG Wells che, con un gruppo di intellettuali di cui faceva parte anche il creatore di Winnie the Pooh, redasse nell’ottobre del 1939 la prima Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo: “and even AA Milne, who motored up from Pooh Corner for the meetings to forge a set of written guarantees against the onslaught of fascism.” Geoffrey Robertson, “Britain’s champions of liberty”, Guardian, October 2, 2000 http://www.guardian.co.uk/world/2000/oct/02/humanrights.comment e anche in “Crimes Against Humanity.” 3rd ed. London, Penguin, 2006

19
 “On the 11th of October, 1847, he abolished it because it had already fallen into disuse.” Royal Commission on Capital Punishment 1866 p 510. https://books.google.it/books?id=FewZAAAAYAAJ&redir_esc=y

20
 Costituzione della Repubblica Romana: http://www.parlalex.it/documentazione/repromana.rtf

21
 Altri l’hanno ricordata. Winston Churchill, nel suo discorso del 13 maggio 1940: “I have nothing to offer but blood, toil, tears and sweat” si ispirò al proclama di Garibaldi del 2 luglio 1849: “Non offro né paga, né quartiere, né provvigioni. Offro fame, sete, marce forzate, battaglie e morte” “Churchill and His Myths” Geoffrey Wheatcroft, The New York Review of Books, May 29 2008

22
 Carlo Cattaneo “Della pena di morte nella futura legislazione italiana” Il Politecnico, Febbraio 1860

https://books.google.it/books/about/Della_pena_di_morte_nella_futura_legisla.html?id=dNcVAAAAYAAJ&redir_esc=y

23
 La “schifosa danza” è così descritta da Barnard: “La colonna vertebrale dell’impiccato si spezza nel punto in cui si inserisce nel cranio, le scariche elettro-chimiche costringono le membra ad agitarsi in una danza grottesca, sotto l’urto della corda gli occhi escono dalle orbite e la lingua dalla bocca, mentre intestini e vescica si vuotano simultaneamente bagnando le gambe e gocciolando al suolo …”

Professor Chris Barnard , Rand Daily Mail, June 12th 1978

24
 La vicenda è narrata da Mereu nel quarto capitolo del suo “La morte come pena”.

25
 Certe affermazioni di giuristi del tempo come Raffaele Garofalo anticipano l’ideologia del regime fascista e fanno presagire le Leggi Razziali: “Non si vede quale sia l’utilità di conservare in vita degli esseri che non debbono più far parte della società, non si comprende lo scopo della conservazione di questa vita puramente animale” … “il patibolo a in cui ogni anno si conducevano migliaia di malfattori, ha impedito che la criminalità sia ai nostri giorni più largamente diffusa tra la popolazione. Chi può dire che sarebbe oggi l’umanità se quella selezione non fosse stata fatta; se i delinquenti avessero potuto prolificare; se avessimo fra noi la progenie innumerevole di tutti i ladri ed assassini dei secoli passati ?”

26
 Valentina Piattelli fornisce la cifra di 4.028 condanne a morte durante la Prima guerra Mondiale, di cui 750 eseguite. A queste dovremmo però aggiungere le migliaia di esecuzioni sommarie. http://www.squilibrio.it/media/documenti/abolizio_p_m_i.htm
vedi: Lorenzo Del Boca “Grande guerra, piccoli generali.” Utet, Torino, 2007

27
 A fine Ottocento non avevano o non usavano la pena di morte per i reati comuni: Argentina, Belgio, Brasile, Costa Rica, Danimarca, Equador, Grecia, Granducato di Finlandia, Islanda, Liechtenstein, Lussemburgo, Monaco, Norvegia, Olanda, Portogallo, Romania, San Marino, Uruguay e Venezuela. Erano abolizionisti Maine, Michigan, Minnesota, Rhode Island e Wisconsin. Alcuni stati tedeschi come Bremen, Frankfurt am Main, Hamburg, Nassau, Oldenburg, Saxe-Coburg-Gotha, Saxony-Anhalt, Schleswig-Holstein, SchwarzburgRudolstadt, Schwarzburg-Sondershausen, Waldeck, erano abolizionisti, ma furono messi in riga da Bismark nel 1870.

28
 Secondo il Notiziario della Sezione Italiana di Amnesty International (gennaio 1991) fra il 1926 e il 1947 le condanne a morte furono 195 e le esecuzioni 129. Di queste, secondo altre fonti, quelle per delitti comuni 118, di cui 65 eseguite, mentre, per altri ancora, le condanne a morte emesse dal Tribunale Speciale furono 42, delle quali 31 furono eseguite.
Nel periodo fra il 1867 e il 1876, le condanne a morte sarebbero state 614, di cui 392 sopravvissute al giudizio in Cassazione e 34 effettivamente eseguite. Non ci sono dati ufficiali sulla repressione del “brigantaggio” dopo l’unità, ma c’è chi parla di 10.000 morti, fra fucilati e uccisi in combattimento. Angelo Del Boca, “Italiani brava gente?” Vicenza, Neri Pozza, 2005.
All’indomani della Liberazione secondo Gianni Oliva (“La resa dei conti”, Milano, Mondadori, 2000, p 121) le vittime sarebbero state fra le 8 e le 10 mila, mentre, per la parte occupata dagli jugoslavi, Galliano Fogar (Il Manifesto, 17 marzo 2004) parla di “
4.000-6.000 persone scomparse in tutta la Venezia Giulia, tra il ‘43 e il ‘45, e non solo per infoibamento.” Gli infoibati furono 1.500 circa.

Rammento per puro scrupolo di storico che l’impiccagione dei cadaveri a Piazzale Loreto fu un accidente e non un atto premeditato.

29
 Il 10 agosto 1944 il Decreto Legge n. 224 abolì la pena di morte che però rimase in vigore, in base al Decreto n. 159 del 27 luglio 1944, per i reati di collaborazionismo con i nazisti. Dopo la Liberazione il Decreto Luogotenenziale del 10 maggio 1945 la ripristinò per alcuni reati gravi. Vale la pena ricordare che in Val D’Ossola la repubblica partigiana del ’44 non fece esecuzioni e meditò sull’abolizione.

30

 Francesco La Barbera, Giovanni Puleo, Giovanni D’Ignoti, noti come “Quelli di Villarbasse”, strage commessa il 20 novembre 1945, condannati il 5 luglio 1946 e fucilati il 4 marzo 1947. Il giorno successivo vennero “Fucilati a La Spezia in quanto colpevoli di eccidi, torture e deportazioni il comandante della GNR Aurelio Gallo, l’ex questore Emilio Battisti e Enrico Morelli detto Lo Squartatore” Mimmo Franzinelli, L’amnistia Togliatti, Milano, Mondadori, 2006 p. 352.

31

 “I cadaveri neri fecero credere ai giapponesi di essere le principali vittime della guerra. (…) Sembrò quasi che non ci fosse stata altra guerra al di là del lancio della bomba atomica.” Ian Buruma, “Il prezzo della colpa”, Milano, Garzanti, 1994. P.111

33
 Regio Decreto 773 del 18/06/1931 “Dello stato di pericolo pubblico e dello stato di guerra”

214 Nel caso di pericolo di disordini il Ministro dell’interno con l’assenso del Capo del Governo, o i Prefetti per delegazione, possono dichiarare lo stato di pericolo pubblico

215 Durante lo stato di pericolo pubblico il Prefetto può ordinare l’ arresto o la detenzione di qualsiasi persona (…)

216 (…) il Ministro dell’interno può emanare ordinanze, anche in deroga alle leggi vigenti, sulle materie che abbiano comunque attinenza all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica (…)

217 Qualora sia necessario affidare all’autorità militare la tutela dell’ordine pubblico il Ministro dell’interno, con l’assenso del Capo del Governo, o i Prefetti per delegazione possono dichiarare lo stato di guerra. (…)

219 Durante il dichiarato stato di guerra sono giudicate dai Tribunali militari le persone imputate di delitti contro la personalità dello Stato previsti nel titolo primo del libro secondo del codice penale. Gli imputati di delitti contro l’ordine pubblico la pubblica amministrazione, le persone e il patrimonio sono giudicati dall’autorità giudiziaria ordinaria,

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 Anche se “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa” (Art. 11) questa è prevista in altri sei articoli della nostra Costituzione (60, 78, 103, 111) e in particolare dagli Articoli 87: “Il Presidente della Repubblica (…) dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.” e 27: “Non è ammessa la pena di morte se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra”. Quest’ultima parte abolita.

35
 Su Internet sono corse assurde storie di un subdolo ritorno della pena capitale nel nostro continente.

36
 Per la pena di morte nel diritto internazionale http://www.ristretti.it/commenti/2016/agosto/pdf1/articolo_giusti.pdf

37
 Il tentativo di risolvere il problema della pena di morte attraverso una Moratoria delle esecuzioni proclamata da una Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (1994 – 2007 – 2017), si è rivelato arrischiato e sterile. In proposito vedi:

http://www.agliincrocideiventi.it/2008/03/01/sulla-moratoria-delle-esecuzioni/

http://www.osservatoriosullalegalita.org/07/acom/06giu2/1422giustipenamors.htm

Il quadro della ricerca italiana sulla pena di morte è desolante. Da più di vent’anni nessuno scrive cose utili e vere sulla pena capitale. Ci dobbiamo accontentare di ristampe e traduzioni e fare nostre le ironiche parole di Charles Duff : “chi conosce la forca non sempre sa scrivere e chi scrive non sempre conosce la forca, anche se qualche volta lo meriterebbe” “Manuale del Boia” Adelphi, Milano, 1980

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 Robert Badinter, “Contro la pena di morte”, Milano, Spirali, 2007, p 118

Redazione
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Un commento

  • roberto macchia

    Un testo fondamentale per capire, in tema di diritti umani, i difficili processi storici per conquistarli.
    Scesi dagli alberi abbiamo percorso una lunga strada, prima di arrivare alla costruzione del tavolo sul quale li abbiamo formalizzarti. In tema di diritti l’homo sapiens deve fare un ulteriore sforzo se la civiltà che li ha sottoscritti sostituisce la pena morte con torture e istigazione al suicidio.
    Nelle carceri conserviamo ancora oggi l’abitudine di indurre al suicidio i detenuti, circa 2.500 dal 2000 al 2016, superando brillantemente i risultati ottenuti negli Stati Uniti nello stesso periodo con la pena di morte.

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