Cadigan, Migliori, Pandolfi, polemiche e altro

recensione a «Robot» 70, autunno 2013  

Amo (quasi sempre) Pat Cadigan; ogni volta che ho incrociato gli scritti di colui che si firma Marco Migliori ne sono uscito soddisfatto; scopro (la mia ignoranza è grande) con piacere un vecchio Massimo Pandolfi. E già questi 3 nomi basterebbero per acquistare il 70 di «Robot» edita da Delosbooks: 192 pagine a 9,90 euri in libreria nell’edizione cartacea oppure con abbonamento – 4 numeri digitali – a soli 23 euri. Ma c’è dell’altro.

«La ragazza che uscì per il sushi» (premio Hugo 2013) di Pat Cadigan è un rompicapo di razze, mutamenti, melting pot: si parla di razze vere non delle idiozie che qualche xenofobo si inventa per prendere voti da cittadini avvinazzati, impauriti e ignoranti.

Seguono 15 micro-racconti (scelti fra i 70 partecipanti) inquadrati «Nel segno di Livido» ovvero a corona del romanzo «Livido» di Francesco Verso, già pubblicato da Delosbooks. Esperimento interessante per molti ragioni (il contesto; l’obbligo di stare in una paginetta; il progetto di ampliare lo spazio “digitale” per la narrativa breve) ma solo in parte riuscito: a me sono piaciuti soprattutto i due fratelli Ferrari e Diego Lama. Nell’editoriale Silvio Sosio si schiera in un «Elogio della brevità» e invita tutte/i a guardare la novità elettronica di «Bus stop», una serie di collane (non solo nelle pieghe del fantastico) in vendita su www.delosstore.it a ritmo settimanale o quindicinale.

Assai ben scritto e sulla base di una choccante idea-base (trapianti di emozioni e più non posso dire) «Travaso di felicità» di Marco Migliori. Avvincente oltre che, per certi versi, letterariamente profetico (è del 1978) «Il vento mutante» di Massimo Pandolfi.

Non sono pienamente convinto di «Immersione» (che pure ha vinto il Premio Nebula 2012, scusate se è poco) di Aliette de Bodard e per nulla catturato dai racconti di Danilù Louliette Kazham, di Lukha Kremo e di Enrico Lotti.

Nella parte saggistica c’è una interessante, passionale, articolata polemica di Alessandro Fambrini con John Scalzi, le classifiche di «Locus», la fantasy e la fantascienza tecno-hard, conservatrice (o peggio) e tardo heinleiniana. Condivido l’impianto del ragionamento di Fambrini che, fra molte cattive notizie, ci dà (o meglio attribuisce a un «critico illustre» e amico misterioso) anche qualche motivo di speranziella: «la presenza diffusa di Le Guin», il successo di innovatori della fantasy (ma sulle etichette si sa che ognuno potrebbe concionare) come Neil Gaiman e China Mieville. Viene citato di sfuggita il prossimo numero della rivista «Anarres» a proposito di un articolo – di Stefano Carducci – sulla «fantascienza dominante».

Si parla poi di fanta-illustratori e in specie di Karel Thole (che campeggia in copertina). Con la consueta bravura Salvatore Proietti racconta di Nancy Kress (ecco un’altra che a me piace quasi sempre ) e della citata Aliette de Bodard che hanno due romanzi – «Dopo la caduta» e «Stazione rossa» – in uscita da Delosbooks: ve ne parlerò se riesco a leggerli. Vittorio Catani oltre a presentare e inquadrare Pandolfi ricorda Frederik Pohl, «campione della social science fiction». Le solite rubriche a chiudere un buon numero.

Redazione
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