Cairo, Beirut e Baghdad raccontate dal cinema
Venerdì e domenica proiezioni a Milano
di Monica Macchi (*)
«Akhir Ayam fil medina» (The last days of the city) di Tamer El Said
4 amici e 3 città, simboli del mondo arabo contemporaneo: Khaled e il Cairo, Basem e Beirut, Hasan e Tareq e Baghdad.
Una Cairo stretta fra islamisti ed esercito, con l’antico splendore incrostato da povertà e sporcizia: palazzi semi-sventrati che lasciano intravedere pezzi di quotidianità abbandonata, venditori di fiori semi-appassiti, tuk tuk, persone sporche e lacere che mangiano per strada e sacchi della spazzatura usati come borse. Una Beirut dove la guerra civile si è tramutata in una tensione strisciante amplificata dalle divisioni etniche che la rendono una menzogna “bella fuori e marcia dentro”. Una Baghdad paralizzata da guerra e paura dove si insegna ai bambini a non inciampare sui cadaveri ( e che si fa quando si vedono cadaveri? Si ripulisce il sangue o si scappa?!?) dove Hasan e Tareq si confrontano sulla scelta fra restare (“Baghdad non è una città, è un amico”) o emigrare (“posso piantare Baghdad come un seme e fiorirebbe”) battibeccando in un crescendo di toni: “puoi girare il mondo col tuo nuovo passaporto tedesco ma morirai di nostalgia per Baghdad” – “…meglio che morire a Baghdad” – “morire a Baghdad o a Berlino è uguale”.
E dovunque lo spiraglio di speranza sta nel rifugiarsi nell’arte, nella bellezza, nell’armonia…in una parola nella “poesia che è ovunque! Aspetta solo di essere scritta”. Speranza che viene espressa cinematograficamente in un ambulante coi palloncini rossi stretti in mano, un’immagine iconica a partire dal film «Intervento Divino» di Elia Suleiman e che nel film di Tamer è nella canzone finale: “apri la tua anima nel vento e vivi”.
Proiezioni a Milano
Venerdì 23 alle 17,20 @ Apollo Spaziocinema
Domenica 25 alle 20,30 @ Beltrade
(*) ripreso da «Per I Diritti Umani»