Calcio e antifascismo in America latina

In Sudamerica molti club calcistici sono stati fondati da immigrati all’insegna degli ideali anarchici, socialisti e della fratellanza tra sfruttati. Oggi in Argentina, Brasile, Cile e Colombia molte tifoserie si richiamano ai valori dell’antirazzismo, dell’antifascismo e cercano di riportare il calcio alle sue origini, quelle di uno sport popolare.

di David Lifodi

Il calcio spesso è percepito come uno sport machista e conservatore, non a caso di frequente ricorre la poco simpatica frase “il football non è uno sport da signorine”. Il conservatorismo prevale a tutte le latitudini, dall’Europa all’America latina, dove però sono in crescita i club di tifosi che si battono affinché il calcio torni ad essere quello che era agli albori: uno sport popolare.

Era il 2010 quando Mauricio Macri, l’attuale presidente argentino allora sindaco di Buenos Aires, si era servito delle barras bravas, le frange più calde delle tifoserie del suo paese, per incitare ad una vera e propria caccia agli immigrati boliviani, paraguayani e peruviani in lotta per ottenere l’accesso alle case popolari nei quartieri più poveri della città. Molte delle barras bravas del Boca Juniors risposero presente, organizzandosi in delle vere e proprie squadracce che, con la complicità della polizia, dettero vita ad un vero e proprio pogrom al Parque Indoamericano di Villa Soldati, all’estrema periferia della capitale. In Argentina, pur non essendoci tifoserie legate apertamente alla destra radicale, quell’episodio fece scalpore, soprattutto perché i club calcistici del paese latinoamericano sono stati fondati in buona parte da migranti, basti pensare al caso più conosciuto degli xeneizes del Boca Juniors.

Ad esempio, l’Argentinos Juniors (una delle tante squadre di Buenos Aires), era nato dalla fusione di due club dai nomi inequivocabili, Sol de la Victoria e Mártires di Chicago, i cui ideali erano all’insegna dell’anarchia e del socialismo. Proprio a Buenos Aires, nel luglio 2018, si è tenuto l’incontro Fútbol y Antifascismo, che ha richiamato tifoserie antifasciste e antirazziste da Colombia, Cile e Brasile. È stato in questo contesto che ha preso vigore il coordinamento Hinchadas Antifascistas, a cui hanno aderito, tra gli altri, i gruppi ultras dell’Independiente e del Racing Avellaneda (Gran Buenos Aires), Ferro, Argentinos Juniors, Newell’s Old Boys (Rosario), le brasiliane di Gremio (Porto Alegre), Flamengo (Rio de Janeiro), Santos e Corinthians (San Paolo).

Gli ultras antifascisti latinoamericani non si limitano a rivendicare un calcio popolare, ma si battono contro l’affarismo e le mafie che ogni giorno di più si impadroniscono del mondo del pallone. Sugli spalti non si tifa solo per la propria squadra del cuore, ma si fa politica, come è emerso durante le manifestazioni contro il G20 e il Fondo monetario internazionale o il presidente Macri, a cui hanno partecipato numerosi rappresentanti delle tifoserie antifasciste argentine. Contro la mercantilizzazione del gioco del calcio e la sua strumentalizzazione a fini politici argentini e brasiliani sono scesi in piazza a più riprese, stufi di vedere come razzismo, xenofobia e omofobia fossero sempre più minimizzate dagli addetti ai lavori. In questo contesto non va dimenticato che Mauricio Macri ha costruito la sua carriera politica sul ruolo di presidente del Boca Juniors (dal 1995 al 2008), una delle squadre più popolari del paese, mentre in Brasile hanno avuto un certo successo, nelle manifestazioni di piazza della destra per propiziare la destituzione di Dilma Rousseff, tutti coloro che indossavano la maglietta della Seleção, un tempo simbolo del calciatore ribelle Socrates e della democrazia corinthiana ed oggi sfoggiate dai sostenitori di Bolsonaro dopo la vittoria dell’uomo nero in occasione delle ultime elezioni presidenziali dello scorso mese di ottobre.

L’obiettivo delle tifoserie antifasciste è quello di tornare alle origini del calcio, quando molti club erano sorti sull’onda degli ideali internazionalisti, della solidarietà e della fratellanza tra gli oppressi e gli sfruttati. Ad esempio, come confermano i suoi stessi militanti, Ferro Antifascista (i sostenitori del Club Ferro Carril Oeste, serie B argentina) ha denunciato più volte la repressione della presidenza Macri e sostenuto in maniera attiva le lotte condotte dalle organizzazioni popolari, dai piquetes alle manifestazioni per chiedere verità e giustizia per Santiago Maldonado, l’attivista argentino ucciso dalla polizia il 1 agosto 2017 durante un violento attacco dei militari nei confronti della comunità mapuche di Cushamen, fino alle mobilitazioni contro la campagna delle destre a favore dell’aborto.

Se il calcio è un fenomeno sociale di massa, le gradinate dello stadio rappresentano uno spazio strategico, concordano gli esponenti de La Garra Blanca (seguaci della squadra cilena del Colo Colo) e i colombiani che tifano per l’Independiente Santa Fe. Proprio in Colombia, i gruppi del tifo antifascista hanno fatto fronte comune, seppellendo momentaneamente le rivalità per sostenere Gustavo Petro in occasione delle presidenziali che alla fine hanno visto prevalere il candidato dell’uribismo e delle destre, Iván Duque. Lo stesso è accaduto in Brasile, quando ultras storicamente rivali, come quelli di Palmeiras e Corinthians, hanno scelto di mettere da parte la loro storica inimicizia per convergere in un unico fronte antifascista insieme ai tifosi di San Paolo, Flamengo e Santos nel tentativo di fermare l’arrivo di Bolsonaro al Planalto.

Spesso, la Copa Libertadores, la massima competizione calcistica latinoamericana (l’equivalente della nostra Champions League), è servita per cementare legami all’insegna dell’antirazzismo e del calcio popolare. Ad esempio, i cileni del Colo Colo hanno stretto alleanze con i gruppi antifascisti dell’Atlético Nacional (Colombia) e del Corinthians.

E ancora, meritano una segnalazione anche esperienze come Fútbol del Sur (Venezuela), Coordinadora Antifascista de Ecuador, Baúl Azul e Los de Abajo (Cile), i tifosi organizzati al seguito delle squadre cilene Santiago Wanderers, Audax Italiano e Universidad de Chile, Red Guards e Antifa Medallo (Colombia). Un calcio popolare è possibile!

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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