Caligula’s party
susanna sinigaglia
Caligula’s party
Chiara Ameglio
Il lavoro è l’ultimo della trilogia dell’artista intitolata “Indagini sulla mostruosità” ed è ispirato all’opera teatrale Caligola di Albert Camus, a sua volta parte di “La trilogia dell’assurdo” dell’autore franco-algerino. Vari stati d’animo mi hanno attraversato assistendo a questa performance di Chiara Ameglio. All’inizio si presenta nella sua veste di danzatrice, indossando solo una tuta a rete che ne mostra la nudità, rappresentando col corpo un tormento interiore che lo contorce.
Avvengono di seguito varie trasformazioni in lei: da qui i miei diversi stati d’animo. Ogni tanto si ferma e interpreta un testo in riferimento alla figura di Caligola. Sono passata da un aperto scetticismo su alcune scelte (che mi sono sembrate troppo kitch o caricaturali) a curiosità e inquietudine.
La vera svolta però avviene quando, dopo aver “giocato” con la propria ombra che diventa gigantesca sullo schermo luminoso,
l’artista si trasforma: calza scarpe con grossi tacchi alti quadrati che ne alterano in questo modo corpo e movimenti. Mi colpisce soprattutto il suo lancio di palloncini dai margini della scena che vanno ad allinearsi sul palco come lune nere sospese al loro cordino: un destino incombente?
Chiara indossa palloncini scuri sulla schiena, sui fianchi, sul petto che, come gobbe, mimano la mostruosità: evocano bubboni, escrescenze putride appiccicate a mo’ di sanguisughe sulla pelle.
Dopo essersi seduta, comincia a spalmarsi sul viso e sui capelli una specie di cerone dividendosi il viso in una parte bianca e una nera, non in verticale ma in orizzontale. E conclude il nuovo look avvolgendosi intorno alla testa una rete simile a quella che le ricopre il corpo. A dare il tocco finale, una specie di sigaro-fumogeno che accende provocandone la fuoriuscita di una forte fiammata.
La trasformazione richiama nella sua stranezza-stranianza la figura del Joker nella saga di Batman ma anche quella di Batman stesso,
dove si aggiunge l’oscurità a rievocare il mondo del fumetto e la sua rappresentazione filmica, soprattutto nell’episodio intitolato Il cavaliere oscuro. Conclusa la metamorfosi, la performer estrae da un qualche recesso un panino e lo addenta, fissando il pubblico in modo provocatorio morso dopo morso; come se stesse esibendo qualcosa di proibito in piena luce. Poi, sbattendo i tacchi alti quadrati che le deformano la figura si scatena, ordina ai tecnici l’accensione delle luci in sala rivolgendosi in particolare a una malcapitata, chiedendole di esprimersi in merito allo spettacolo e su quesiti incongrui. Il suo Caligola, come quello di Camus, incarna l’onnipotenza del potere, l’onnipotenza che porta alle azioni crudeli più insensate di chi sa di avere l’impunità;
ma spera che qualcuno lo fermi, che gli dia modo d’interrompere quella follia assicurandone allo stesso tempo l’immunità. Perché è il timore del castigo che lo spinge a non fermarsi: finché incute terrore, non potrà venire sopraffatto. Così oscilla fra desiderio di porre fine al proprio delirio e paura della punizione. Ed è una lacerazione insopportabile.
Quindi assistiamo alla sua autocastrazione: accostando al corpo due palloncini-finti testicoli, li recide mostrandoli al pubblico come trofei, come se infliggendosi da solo la punizione potesse sfuggire a quanto lo attende.
La performer a questo punto non può fare a meno di richiamare l’attenzione del pubblico su quanto sta succedendo nel mondo e in particolare a Gaza, forse emblema della crudeltà dei Caligola del mondo contemporaneo. La performance si conclude con l’artista che con una punta buca tutti i palloncini, in scena e sul suo corpo: un vero e proprio atto liberatorio.
Chiara Ameglio ci restituisce in modo originale una figura del potere fra il tragico e il grottesco come nella migliore delle tradizioni.